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    9 - Nanga Parbat: lottare per sopravvivere

    itOctober 10, 2022
    What was the main topic of the podcast episode?
    Summarise the key points discussed in the episode?
    Were there any notable quotes or insights from the speakers?
    Which popular books were mentioned in this episode?
    Were there any points particularly controversial or thought-provoking discussed in the episode?
    Were any current events or trending topics addressed in the episode?

    About this Episode

    Il Nanga Parbat nasconde fra le sue pareti le testimonianze di chi ci ha provato.
    Furono in tanti, tra alpinisti e portatori, ad assediare questo colosso.
    Molti di loro sono rimasti lì, sul Diamir - il re delle montagne.

    “Sono nato a Innsbruck. Le montagne guardavano nella mia culla”.
    Si presentava in questo modo l’austriaco Hermann Buhl, un predestinato capace di entrare elegantemente nella storia dell’alpinismo Himalayano.

    Buhl era un uomo innamorato delle montagne.
    Un amante molto spesso solitario, voglioso di percepire l’ambiente e le emozioni di chi insegue la vita. Per viverla fino in fondo, fino all’ultimo sprazzo di energia.
    Non era un folle Hermann Buhl, era semplicemente un tipo che non si sarebbe tirato indietro di fronte a nulla.
    Un profondo conoscitore del suo corpo, della sua psiche e delle sue possibilità.
    E dove c’era il rischio, dove avrebbe potuto nascondersi una sfida, allora ci sarebbe stato anche lui.
    Reinhold Messner afferma di essere sopravvissuto all’impossibile sul Nanga Parbat nel 1970.
    Hermann Buhl farà lo stesso nella notte fra il 3 ed il 4 luglio 1953. Gli verranno amputate due dita dei piedi in seguito ai congelamenti riportati in quella nottata.
    Dal versante Rakhiot era stata compiuta la prima ascesa al Nanga Parbat, ma anche la prima ascesa in solitaria su un ottomila. Il tutto, senza l’ausilio di ossigeno supplementare.
    Hermann Buhl aveva scritto una pagina indelebile dell’alpinismo internazionale.

    La spedizione del 1953 era guidata da Karl Maria Herligkoffer, lo stesso che 17 anni dopo convocherà Reinhold e Gunter Messner, alle pendici del Nanga Parbat.
    Questa volta però i programmi sono diversi, si punterà alla cima dalla parete Rupal
    La più grande parete al mondo, ancora inesplorata.

    Gli obiettivi dell’alpinismo in quegli anni cominciano a diversificarsi, tutti gli ottomila sono ormai stati raggiunti e allora si aprono nuovi orizzonti. Si punta sempre alla cima ma per percorsi diversi, sempre più difficili.
    Nacque con queste aspettative la spedizione del 1970.

    I fratelli Messner avevano cominciato a distinguersi per le loro ascensioni sulle Alpi.
    Rheinold è il più grande e nei confronti di Gunther ha quell’attenzione particolare da fratello maggiore, nonché da compagno di cordata.
    Sono inseparabili e quando Reinhold viene convocato da Herligkoffer, è subito chiaro. Ci sarebbe andato sulla Rupal, ma soltanto in compagnia di Gunther.


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    Con la partecipazione di Annalisa Castagna
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    139 - Scomparso: "I sacerdoti devono rimanere a casa"

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    Questa è la storia di Don Giuseppe Terza.
    Nel 1802 non è ben noto quello che successe sulla Marmolada. Non si sa come, dove e quando. Quello che invece ben si conosce è che un uomo non fece più ritorno in una giornata d’estate.

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    138 - Junko Tabei: "This is not a place for women" | Eleonora Pescosta | English version

    138 - Junko Tabei: "This is not a place for women" | Eleonora Pescosta | English version
    This is the story of the first woman to reach the top of Everest. This is also the story of the first woman to successfully complete the Seven Summits project which involved reaching the highest peaks on all seven continents, including Antarctica. This is also the story of a fight - a fight against the patriarchal system of eastern lands. This system silently contaminates and affects anyone, regardless of gender, like a creeping layer of mould. The social problem comes out in all its violence when certain words, habits and behaviours have the power to fade dreams away, bury emotions and deprive people of their freedom.
    "This is not a place for women"


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    137 - Testamento: il fuoco dona, il fuoco toglie | Paola Zambelli

    137 - Testamento: il fuoco dona, il fuoco toglie | Paola Zambelli
    "Questo è il mio testamento. Il testamento di una donna autentica, da voi definita strega, per non
    aver obbedito alle leggi del pregiudizio, dell’ignoranza e della sottomissione.
    Il testamento di una donna che ha conosciuto quel fuoco che mai a voi sarà concesso.
    A breve, brandelli di nere farfalle incandescenti raggiungeranno il blu della notte sovrastante; lì si
    trasformeranno in stelle. Io diverrò stella: puntino di luce, di calore; di fuoco. Perciò ogni volta che
    alzerete gli occhi al cielo io sarò lì, come monito.
    Il fuoco dona e il fuoco toglie."

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    136 - Il bosco di Dio | Anna Micelli

    136 - Il bosco di Dio | Anna Micelli
    "I nostri vecchi hanno sempre voluto raccontare che non c’è niente di scontato; hanno vissuto sulla loro pelle cosa voleva dire ricominciare. La nostra generazione ha avuto la fortuna di vivere in tempi più tranquilli: un dono riconosciuto ma non scontato"

    Questo è un estratto dell'intervista ad Anna Micelli, sindaca in Val Resia.
    Anna coniuga passato e presente in un obbligo morale ben preciso: ricominciare a vivere in una terra nascosta, sfidando a testa alta cali demografici, difficoltà e spopolamento.

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    135 - Rimanere per non dimenticare: storie e memorie di Contrada

    135 - Rimanere per non dimenticare: storie e memorie di Contrada
    Contrada Lucchetta si trova nel territorio comunale di Valdagno (VI). Un luogo scomodo ma ricco di valori e tradizioni che vengono portate avanti da chi ha voluto rimanere. Silvano, Elsa e Maria Cristina raccontano questa realtà ai microfoni del podcast.


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    134 - Streghe: roghi e psicosi

    134 - Streghe: roghi e psicosi
    In Val di Fiemme tutto tace. Sono state giornate intense da risolversi in una notte cruenta. Le torce che alimenteranno il rogo sono pronte, così come i pali a cui legare le condannate. Sotto di loro ceppi, ramaglie secche e tanta paglia. Quella sera si condannano a morte delle donne, quella sera si manifestano in piazza le angosce, le isterie, le superstizioni, le credenze e i dettami di una società malata di verità.


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    133 - Sherpa | Irene Ganz

    133 - Sherpa | Irene Ganz
    L'Everest, e in senso lato ogni montagna per uno sherpa, è prima di tutto una dimora. Come è logico pensare, nessuno di noi si presenterebbe a casa di uno sconosciuto reclamando la sua casa come propria. Di fatto per gli sherpa della valle del Khumbu fu una novità quella di scalare le montagne al seguito delle compagnie esploratrici. Il rapporto con le terre alte (anzi, in questo caso altissime) è sempre stato un rapporto di rispetto e, se vogliamo, anche di profondo distacco. Ed è proprio perché viene considerata la casa della divinità che l'approccio alla montagna viene visto come un fatto spiritualmente personale. Andare a bussare alla porta di una divinità è un atto che la mente più scettica definirebbe impossibile.

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    132 - Emilio Comici: beyond the impossible | Eleonora Pescosta | English version

    132 - Emilio Comici: beyond the impossible | Eleonora Pescosta | English version
    Comici represented style, elegance, and purity in his approach to the mountains. Beyond mountaineering, Emilio Comici conveyed a message: always take the risk, believe in your dreams and dare who underlies only your failure. Emilio Comici had the courage to pursue his passion, a difficult, modern and contemporary choice that made it possible to live the best, even in the darkness that gripped his soul.


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    131 - Oriano Marcon: l'arte dei seggiolai, ricordi e valori di un lavoro inventato | Claudio Ghizzo

    131 - Oriano Marcon: l'arte dei seggiolai, ricordi e valori di un lavoro inventato | Claudio Ghizzo
    Alla fine del 1700, i costruttori di sedie - i "careghete" - avevano appena inventato un lavoro. Erano artigiani che giravano l’Europa e l’Italia proponendo sedie fatte a mano.
    Il mestiere del “caregheta” rappresentava una valida alternativa al duro lavoro in miniera o ad un'emigrazione definitiva dalle terre alte, in particolar modo da quelle a ridosso della Valle del Mis. Essere “careghete” significava “far fagot”; gli uomini si mettevano in marcia con lo stretto necessario, girovagando in cerca di lavoro. Oltre al compenso, il committente garantiva vitto e alloggio.
    Come letto si usava la paglia, la cuscineria era fatta da giacche e indumenti.
    Storie e memorie da conservare, come ci spiega Oriano Marcon: uno degli ultimi seggiolai.


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