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    Analisi e commenti | RRL

    Analisi e commenti sull'attualità religiosa, politica e culturale. Ascolta il podcast di radioromalibera.org a cura del prof. Roberto de Mattei. Ogni venerdì alle ore 17 una nuova puntata.

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    241 - Papa Francesco, "l'invidia e la vanga gloria"

    241 - Papa Francesco, "l'invidia e la vanga gloria"
    Papa Francesco, nell’udienza generale del 28 febbraio, ha dedicato la sua catechesi al tema “L’invidia e la vanagloria” (Gal. 5, 24-36). Nel saluto ai pellegrini di lingua spagnola il Papa ha raccomandato di meditare con frequenza durante questa Quaresima le Litanie dell’umiltà del cardinale Rafael Merry del Val (1865-1930), per combattere i vizi che ci allontanano dalla vita in Cristo. Non è la prima volta che il Papa si riferisce a questa celebre preghiera del cardinale che fu segretario di Stato di san Pio X. Lo fece nell’udienza del 13 giugno 2019, proponendo come “una specie di decalogo” le Litanie dell’umiltà, che aveva ripreso dall’agenzia “Corrispondenza romana”, citata nell’ultima nota del suo discorso. La retta conoscenza di sé è la radice e la misura dell’umiltà. Il detto “conosci te stesso” era per i filosofi greci il fondamento della sapienza, ma per nessuna altra virtù, osserva il padre Cathrein, il conoscere sé stesso è più importante che per l’umiltà (L’umiltà cristiana, Morcelliana, Brescia 1931, pp. 35-37). Però i più grandi filosofi greci, come Aristotele, non hanno mai conosciuto l’umiltà, perché non hanno mai avuto il chiaro concetto cristiano della creazione dal nulla, e perciò non hanno mai raggiunto la completa chiarezza circa la vera natura delle relazioni dell’uomo con Dio. Creando l’uomo, Dio lo trae dal nulla e nel nulla l’uomo ricadrebbe, se Dio non lo mantenesse nell’essere in ogni momento della sua esistenza. Tutte le creature tornerebbero ad inabissarsi nel nulla, se Dio non le conservasse ininterrottamente nell’essere. Come dice san Paolo, “Dio regge tutto con la parola della sua potenza” (Eb. I, 3). Poiché Dio ha creato dal nulla tutte le cose e le conserva, le guida e le governa, è Lui l’altissimo e assoluto padrone e signore del cielo e della terra. L’umiltà innalza il suo edificio sulla conoscenza del proprio nulla. La società in cui viviamo esalta il principio di auto-determinazione dell’uomo che è antitetico al concetto di umiltà. L’autodeterminazione è indipendenza da tutti e da tutto, mentre l’umiltà è un sentimento di profonda dipendenza da Dio, di fronte a cui l’uomo riconosce di essere un nulla. Non basta però riconoscere teoricamente il nostro nulla dinanzi a Dio; bisogna viverlo nella pratica e le Litanie del cardinale Merry del Val ci aiutano a farlo. Se la retta ragione ci dice che siamo nulla in noi stessi, il nostro cuore deve amare il nascondimento e la dimenticanza di noi stessi, anche per la nostra profonda inclinazione al peccato, che ci deriva dal peccato originale. Per questo l’Imitazione di Cristo dice “Ama nesciri et nihil reputari” (L. I, c. 2, n. 3): “Desidera di essere ignorato e di essere ritenuto un nulla”. E’ questo un principio fondamentale della vita cristiana espresso dalle Litanie dell’umiltà, con le quali chiediamo a Dio di essere liberati dai nostri desideri di onore e di gloria e dal timore di essere disprezzati e dimenticati dal nostro prossimo. Nell’ultima parte delle Litanie, che esprimono il grado più perfetto di umiltà, chiediamo di ricevere la grazia di desiderare che gli altri siano amati, stimati e preferiti a noi in ogni cosa, per meglio inabissarci nel nostro nulla. Ma ascoltiamo le parole del cardinale Merry del Val:
    O Gesù! mite ed umile di cuore! Esauditemi.Dal desiderio di essere stimato – Liberatemi, Gesù.Dal desiderio di essere amato – Liberatemi, Gesù,Dal desiderio di essere decantato – Liberatemi, Gesù.Dal desiderio di essere onorato – Liberatemi Gesù.Dal desiderio di essere lodato – Liberatemi, Gesù.Dal desiderio di essere preferito agli altri – Liberatemi, Gesù.Dal desiderio di essere consultato – Liberatemi, Gesù,Dal desiderio di essere approvato – Liberatemi, Gesù.Dal timore di essere umiliato – Liberatemi, Gesù.Dal timore di essere disprezzato – Liberatemi, Gesù.Dal timore di soffrire ripulse – Liberatemi, Gesù.Dal timore di essere calunniato – Liberatemi, Gesù.Dal timore di essere dimenticato – Liberatemi, Gesù.Dal timore di essere preso in ridicolo – Liberatemi, Gesù.Dal timore di essere ingiuriato – Liberatemi, Gesù.Dal timore di essere sospettato – Liberatemi Gesù.Che gli altri siano amati più di me – Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!Che gli altri siano stimati più di me – Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!Che gli altri possano crescere nell’opinione del mondo e che io possa diminuire – Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!Che gli altri possano essere impiegati ed io messo in disparte – Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!Che gli altri possano essere lodati ed io, non curato – Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!Che gli altri possano essere preferiti a me in ogni cosa – Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!Che gli altri possano essere più santi di me, purché io divenga santo in quanto posso – Gesù datemi la grazia di desiderarlo! Queste litanie sono una risposta al narcisismo contemporaneo, cioè al bisogno sfrenato di ammirazione che si fonda sull’auto-inganno e su di una falsa rappresentazione della realtà, in cui l’esaltazione dell’Io si sostituisce alla gloria di Dio. Vivere nello spirito delle Litanie del cardinale Merry del Val significa vivere nello spirito del Vangelo, che ci ricorda: “chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».(Lc, 18, 14)

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    itMarch 03, 2024

    240 - Lo spirito di penitenza

    240 - Lo spirito di penitenza
    La penitenza è innanzitutto un sacramento: il sacramento nel quale il sacerdote in nome di Dio rimette i peccati commessi dopo il battesimo. Il sacramento della penitenza, come ogni sacramento, ha una materia e una forma, cioè è un rito composto di cose e parole. La materia è costituita dai tre atti del peccatore: il pentimento o contrizione, la confessione vera e propria, e la soddisfazione, cioè l’accettazione della penitenza imposta dal sacerdote. La forma del sacramento è la sentenza del sacerdote, ovvero l’assoluzione del penitente, che deriva dal potere giudiziale che ha la Chiesa. La Chiesa ha infatti la capacità di assolvere o condannare, secondo le parole di Gesù Cristo, quando nel giorno della Risurrezione, soffiando sugli apostoli disse “riceverete lo Spirito Santo, i peccati che voi rimetterete saranno rimessi, quelli che riterrete saranno ritenuti” (Gv, 20, 22- 23).

    239 - Una fase di scristianizzazione dell’Italia: Nuovo Concordato dell’11 febbraio 1984

    239 - Una fase di scristianizzazione dell’Italia: Nuovo Concordato dell’11 febbraio 1984
    Quarant’anni fa, il 18 febbraio 1984, il presidente del Consiglio Bettino Craxi ed il cardinale
    Segretario di Stato Agostino Casaroli firmarono solennemente a Villa Madama, il Nuovo
    Concordato tra la Santa Sede lo Stato italiano, che rivedeva profondamente i Patti Lateranensi
    dell’11 febbraio 1929.
    I Patti Lateranensi del 1929, avevano sancito un nuovo rapporto di collaborazione tra Chiesa
    e Stato in Italia, la cosiddetta “Conciliazione”, dopo il lungo dissidio seguito all’occupazione
    militare dello Stato pontificio e alla presa di Roma del 20 settembre 1870. Essi avevano il loro
    principio fondamentale nel riconoscimento della Religione cattolica, apostolica e romana, come la
    sola Religione dello Stato. Da questo principio scaturivano alcune importanti conseguenze, come
    l’insegnamento della dottrina cristiana nelle scuole, il riconoscimento giuridico del matrimonio
    sacramentale, la proclamazione del carattere sacro della città di Roma.
    La Costituzione repubblicana del 1948, pur essendo animata da un profondo spirito laicista,

    238 Tra intellettualismo e sentimentalismo: l’equilibrio del cristianesimo vissuto

    238 Tra intellettualismo e sentimentalismo: l’equilibrio del cristianesimo vissuto
    La società in cui viviamo, l’atmosfera in cui siamo immersi, tende a squilibrare le facoltà superiori della nostra anima che sono due, la mente e il cuore o, se preferiamo, l’intelligenza, che ci è stata data da Dio per conoscere ciò che è vero, è la volontà con cui siamo chiamati ad amare ciò che è buono. La Verità e il Bene non sono diversi da Dio stesso, Sommo Bene, Verità assoluta, nostra causa prima e nostro ultimo fine, perché tutto viene da Dio e tutto a lui si riconduce.

    237 - Mater mea, fiducia mea

    237 - Mater mea, fiducia mea
    A Roma nella cappella del Pontificio Seminario Maggiore, a San Giovanni in Laterano, si venera da oltre due secoli un’immagine della Beata Vergine Maria conosciuta con il titolo di Madonna della Fiducia. Questo piccolo quadro, in cui la Madonna tiene amorevolmente in braccio il Bambino Gesù, ha un grande significato teologico e spirituale. Che cos’è infatti la fiducia? San Tommaso d’Aquino ne parla nell’articolo 6 della Questione 129 della Summa Theologiae, Secunda-Secundae. Questo articolo è dedicato alla “magnanimità”. La magnanimità è ciò che chiamiamo la grandezza d’animo, la nobiltà del carattere e dello spirito.

    236 - Il pianto di don Bosco e l’ora della veritÃ

    236 - Il pianto di don Bosco e l’ora della veritÃ
    Tra le migliaia di viaggiatori che affollano ogni giorno la stazione Termini di Roma, qualcuno, prima di partire, usa sostare nella adiacente basilica del Sacro Cuore, in via Marsala. La chiesa fu voluta da Pio IX, che nel 1870 pose la prima pietra del nuovo edificio; ma a causa dell’annessione di Roma al Regno d’Italia i lavori si interruppero ben presto. Nel 1880 Leone XIII che aveva verso don Giovanni Bosco (1815-1888) la stessa stima e devozione del suo predecessore, lo chiamò e gli affidò il difficile compito di trovare i fondi per finire la costruzione della chiesa. Don Bosco non si tirò indietro, malgrado l’età, la salute cagionevole e le gravi difficoltà economiche della sua congregazione. Qualcuno immagina i santi immersi solo nelle cose divine, privi di problemi materiali Non è così, Davanti a difficoltà apparentemente insormontabili i santi vanno ava

    235 - L’inferno esiste e non è vuotoÂ

    235 - L’inferno esiste e non è vuotoÂ
    "Quello che dirò non è un dogma di fede ma una cosa mia personale: a me piace pensare l'inferno vuoto, spero sia realtà!". Lo ha detto il 14 gennaio 2024 Papa Francesco in un’intervista al conduttore televisivo Fabio Fazio su Canale Nove. Però ci domandiamo: è lecito sperare una realtà che non solo non è contenuta nella fede cattolica, ma la contraddice?E’ infatti verità di fede che l’inferno esiste, e se esiste non è vuoto e non sarà svuotato, come pensavano gli origenisti, secondo cui tutti i dannati, angeli e demoni, alla fine si convertiranno L’inferno è un luogo riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di convertirsi. La pena consiste in un fuoco inestinguibile: un fuoco reale, non metaforico, che si accompagna a quello spirituale della perdita di Dio. E poiché l’anima è immortale, la pena dovuta al peccato mortale senza pentimento, dura quanto dura la vita dell’anima, cioè per sempre, per l’eternità. Questa dottrina è definita dai Concili Lateranense IV, II di Lione, di Firenze e di Trento.

    234 - Il libro del card. Fernandez e il suo antidoto

    234 - Il libro del card. Fernandez e il suo antidoto
    Negli ultimi giorni nei blog cattolici di orientamento tradizionale, dalle Due Americhe all’Europa, si sta molto parlando di un libro scandaloso, pubblicato nel 1998 dall’attuale prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede Víctor Manuel Fernández. In questo libro, che ha come titolo La Passione mistica, sensualità e spiritualità, vi sono molte pagine scabrose, che suscitano una giusta indignazione, ma vengono diffuse, a mio parere, in maniera imprudente. Il libro ha avuto più lettori di quanti non ne avesse quando fu pubblicato e la maggior parte di questi lettori sono tradizionalisti, per quanto indignati dalla lettura. Ma è opportuno soffermarsi su pagine in cui sensualità e spiritualità vengono così morbosamente confuse? San Paolo nella Lettera agli Efesini dice: “Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie!”. (Efesini, 5, 3-4). Perché non si deve parlare di cose impure? Perché parlare di cose impure, o leggere pagine immorali, anche solo per criticarle, alimenta la fantasia che rappresenta minutamente le scene descritte: i sensi sono inevitabilmente turbati e la volontà viene tentata. Si finisce per compiacersi di ciò che si condanna. Per questo esisteva, l’Indice dei libri proibiti, soppresso nel 1966 quando fu creata la Congregazione per la Dottrina della Fede. La proibizione riguardava la lettura di libri eretici e di libri immorali e aveva lo scopo di preservare le anime dal pericolo di cadere nel peccato, sul piano intellettuale o morale. Oggi, come ai tempi di san Paolo, si parla troppo liberamente di molte cose che si dovrebbero tacere. Si ride e si scherza su argomenti più o meno scabrosi, si deplorano gli scandali, ma si è incuriositi da tutti i loro dettagli.

    233 - L’insegnamento dei Re Magi nell’ora presente

    233 - L’insegnamento dei Re Magi nell’ora presente
    Abbiamo dedicato ai Re Magi l’audio di RadioRomaLibera del 2023 e vogliamo dedicare ad essi anche quello del 2024, questa volta prendendo spunto da alcune belle pagine dello scrittore francese Ernest Hello (1828-1885). Le pagine che Hello dedica ai Re Magi si aprono con un versetto del profeta Isaia. “Surge. Illuminare Jerusalem; quia venit lumen tuum”: “Alzati, rivestiti di luce, Gerusalemme, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Isaia, 60, 1).I secoli erano passati sulle fiamme di Isaia senza spegnerle, scrive Hello. “L’eco delle sue grida risuonava ancora, almeno nel cuore della Vergine. La vaga e sorda attesa del genere umano si precisò e localizzò nei tre sovrani d’Oriente. I Magi erano i maggiori personaggi d’Oriente; non dobbiamo lasciarci ingannare dai loro nomi e prenderli per maghi. Erano invece sapienti ed erano re; perché in Oriente i sapienti erano re. La grande scienza dell’antichità, quale l’Oriente la concepiva, portava scettro e corona”.

    232 - Il mistero del Santo Nome di Gesù

    232 - Il mistero del Santo Nome di Gesù
    Otto giorni dopo la nascita, Gesù, come ci narra il Vangelo di san Luca, in base al costume ebraico, riceve il Suo nome al momento della circoncisione: “Quando furono compiuti gli otto giorni dopo i quali egli doveva essere circonciso, gli fu messo il nome di Gesù, che gli era stato dato dall’angelo prima che egli fosse concepito” (Luca 2, 21).La circoncisione era un rito ebraico, che comportava un piccolo versamento di sangue. E’ importante sottolineare come la Madonna e san Giuseppe, pur consapevoli della natura divina del Figlio, vollero rispettare le leggi di Israele, così come avevano rispettato le leggi di Roma recandosi tra tante difficoltà a Betlemme per il censimento. Essi sapevano che Gesù era il Messia venuto a rinnovare le leggi del mondo, superiore ad ogni legge e ad ogni autorità, in quanto Figlio di Dio e Dio egli stesso. Ma sapevano anche che Dio va rispettato nelle leggi e nelle autorità che lo rappresentano, anche quando queste autorità sono destinate a tradire la loro missione, come avrebbero fatto ebrei e romani condannando a morte Gesù.

    231 - I prodigi della Notte di Natale

    231 - I prodigi della Notte di Natale
    San Bonaventura da Bagnoregio, nato nel 1217 e morto nel 1274, è una delle più grandi figure della storia della Chiesa. Fu teologo alla Sorbona, generale dei francescani, vescovo, cardinale. Canonizzato nel 1492, nel 1588 fu proclamato Dottore della Chiesa. Tra le sue numerose opere c’è un Sermone sulla nascita del Signore che predicò, nella chiesa di Santa Maria della Porziuncola, in cui illustrò alcuni fatti prodigiosi accaduti nella notte in cui Nostro Signore nacque a Betlemme.

    230 - Perché dobbiamo seppellire i morti

    230 - Perché dobbiamo seppellire i morti
    Seppellire i morti è una delle opere di misericordia della Chiesa. L’uomo è l’unico essere creato che ha coscienza della propria morte e seppellire le persone che vengono a mancare è un atto di carità cristiana, e di rispetto per i nostri defunti. L’inumazione è presente in tutte le civiltà antiche, tranne i popoli barbari, che praticavano il rito della cremazione o incinerazione dei defunti, cioè la distruzione dei loro cadaveri per mezzo del fuoco.La Chiesa cattolica, nel corso della storia sconfisse la pratica funeraria dell’incinerazione. Bruciare il corpo di un defunto equivale a fargli subire una violenza inaudita, a distruggerlo secondo un modo che è contrario all’ordine naturale. La riverenza che si deve al corpo umano, anche dopo la morte, chiede che questo corpo sia lasciato intatto, che non sia distrutto violentemente, ma deposto piamente sulla terra, come un seme che un giorno rinascerà a nuova vita.

    229 Loreto: una gloria dell’Italia

    229 Loreto: una gloria dell’Italia
    La miracolosa traslazione della Santa Casa di Maria da Nazareth a Loreto è forse il maggior onore riservato dalla Provvidenza all’Italia, dopo la scelta di Roma come sede della Cattedra di Pietro. « Può mai venire qualcosa di buono da Nazareth? » (Gv. 1, 46) dicevano con sprezzante sufficienza i giudei. Ebbene, l’umile casa di Nazareth, in cui la Madonna vide la luce fu il luogo scelto da Dio per l’ora suprema della storia. Tra le sue povere mura l’Angelo rivelò a Maria i misteri immensi della Santissima Trinità, dell’Incarnazione e della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, chiedendole l’assenso per realizzare il grande piano divino. Maria, scrive san Tommaso d’Aquino nella Somma Teologica, rispose a nome di tutta l’umanità, pronunciando la parola attesa da tutti i secoli e da tutte le generazioni: Fiat!

    228 -Perché dobbiamo tornare al patriarcato

    228 -Perché dobbiamo tornare al patriarcato
    Dopo l’ omicidio di una giovane donna, Giulia Cecchettin, avvenuto lo scorso 11 novembre, l’Italia ha scoperto di essere minacciata dal patriarcato, Il titolo di un dossier del quotidiano “La Repubblica” del 24 novembre è eloquente: “Femminicidi fermiamo la strage”. La tesi, che è la stessa diffusa dai mass-media, dai social e da ogni tipo di influencer è che esiste una strage di femminicidi e la responsabilità va attribuita alla cultura del “patriarcato”, ancora dominante. Bisogna combattere il patriarcato per fermare la violenza contro le donne.
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    itDecember 03, 2023

    227 - Perché l’adorazione eucaristica è necessaria

    227 - Perché l’adorazione eucaristica è necessaria
    Oggi voglio parlare di una importante pratica cristiana, l’adorazione al Santissimo Sacramento. Nel Santissimo Sacramento Gesù Cristo è presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Noi lo adoriamo nella Santa Messa, nella quale il momento centrale è quello della transustanziazione, in cui il Sacerdote pronuncia le parole che trasformano il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Gesù. Nel Sacramento dell’Eucarestia il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo sono presenti veramente, realmente, sostanzialmente.

    226 - “Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio”: Gianfranco Chiti

    226 - “Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio”: Gianfranco Chiti
    La pace è un grande bene per l’umanità. Il Vangelo dice “Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt, 5, 9). Ma i pacifici sono coloro che operano per ordinare tutte le cose secondo la legge naturale e quella divina, ossia secondo giustizia. E operare secondo giustizia talvolta significa essere obbligati alla guerra per instaurare la pace. La pace infatti deve essere giusta, altrimenti non è vera pace. Il motto episcopale di Pio XII era “Opus iustitae pax”: la pace è frutto di giustizia. La guerra è un male, ma può essere necessaria per stabilire una giusta pace ed evitare mali più gravi.

    225 - L’uomo ha un’anima destinata all’eternitÃ

    225 - L’uomo ha un’anima destinata all’eternitÃ
    Il mondo si commuove per i bambini che muoiono sotto le bombe in Palestina ma non versa lacrime per la piccola Indi, condannata a morte in Gran Bretagna dalle autorità dello Stato contro la volontà dei genitori. Ma perché questo può accadere? Perché la vita è considerata solo sotto l’aspetto materiale ed utilitaristico. Ci si dimentica che ogni uomo, anche un cerebroleso, vive perché ha un’anima e in quanto ha un’anima, ha una insopprimibile dignità, che comporta il diritto alla vita. Una delle ragioni per cui oggi un essere umano innocente può essere condannato a morte, va ricercata nel concetto di morte cerebrale, nato nel 1968, quando un’Università americana, quella di Harvard, propose una vera e propria rivoluzione antropologica.Fino a quella data al medico spettava accertare che la morte fosse avvenuta, individuarne le cause, ma non definirne l’esatto momento. L’accertamento avveniva attraverso il riscontro della definitiva cessazione delle funzioni vitali: la respirazione, la circolazione, l’attività del sistema nervoso. Nell’agosto del 1968 la Harvard Medical School, propose un nuovo criterio di accertamento della morte fondato su di un riscontro strettamente neurologico: la definitiva cessazione delle funzioni del cervello, definita “coma irreversibile”. C’è uno stretto rapporto tra la definizione della morte cerebrale proposta dalla Harvard Medical School, nell’estate del 1968, e il primo trapianto di cuore di Chris Barnard del dicembre 1967.I trapianti di cuore prevedevano che il cuore dell’espiantato battesse ancora, ovvero che, secondo i canoni della medicina tradizionale, egli fosse ancora vivo. L’espianto, in questo caso, equivaleva alla soppressione di una vita umana, sia pure compiuto “a fin di bene”. La scienza poneva la morale di fronte a un drammatico quesito: è lecito sopprimere un malato, sia pure condannato a morte, o irreversibilmente leso, per salvare un’altra vita umana di “qualità” superiore? Di fronte a questo bivio, che avrebbe dovuto imporre un serrato confronto tra opposte teorie morali, quella tradizionale e quella neo-utilitaristica, l’Università di Harvard si assunse la responsabilità di una “ridefinizione” del concetto di morte che permettesse di aprire la strada ai trapianti, aggirando il problema etico.Per superare il problema, per proseguire sulla via dei trapianti, una strada che avrebbe salvato la vita a molti uomini, ma che si presentava anche come estremamente lucrosa per l’industria medica e farmaceutica, c’erano due possibilità: o si modificava la legge morale, rendendo lecita l’uccisione dell’innocente, o si modificava il criterio di accertamento della morte, definendo morto chi, fino a quel momento, era considerato dalla scienza vivo.La prima strada era quella di modificare la morale tradizionale, secondo cui non si può uccidere l’innocente, in nome di una nuova etica utilitaristica. La seconda strada, è quella della ridefinizione del concetto di vita, affermando che l’essere che si sopprime non è un essere umano . E’ quanto accadde con la definizione di Harvard del 1968.La ridefinizione della morte di Harvard venne accettata in quasi tutti gli Stati americani e, in seguito, anche nella maggior parte dei Paesi cosiddetti sviluppati. In Italia, la “svolta” fu segnata dalla legge 29 dicembre 1993 n. 578 che all’art. 1 recita: «La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello».Si trattava di una Rivoluzione antropologica perché l’identificazione della morte con la cessazione di tutte le funzioni del cervello equivale a negare l’esistenza di un’anima spirituale, come principio vitale del corpo e identificare la vita con l’attività fisiologica del cervello. L’uomo viene ridotto ad organismo corporeo e il principio vitale di quest’organismo è situato nell’attività cerebrale. Si tratta di quella concezione filosofica che riduce il pensiero, la coscienza ed ogni attività spirituale a “prodotti del cervello umano”.Oggi quindi per giustificare la soppressione di un cerebroleso o si fa ricorso ad un’etica utilitaristica, per cui, si può sopprimere l’essere umano, se ciò conviene alla società: oppure si nega la coesistenza tra individuo biologico e individuo umano, affermando che poiché l’uomo è un animale razionale, ossia un essere animato di natura razionale, quando manca la razionalità, come è il caso degli embrioni, dei feti non ancora autocoscienti, ma anche dei bambini anancefalici o dei morti cerebrali, la soppressione del vivente è lecita, perché si tratta appunto di un vivente privo di razionalità. In realtà, sia la scienza che la filosofia dimostrano che l’irreversibilità della perdita delle funzioni cerebrali, accertata dall’“encefalogramma piatto”, non dimostra la morte dell’individuo. Chi vuole approfondire questa importante questione può ricorrere aI volume Finis Vitae. La morte cerebrale è ancora vita?, pubblicato in coedizione dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e da Rubbettino (Soveria Mannelli 2008), con il contributo di diciotto studiosi internazionali. La vita e la morte non si costruiscono a tavolino, e neppure in laboratorio. La vita inizia quando Dio infonde l’anima nel corpo, e finisce quando il corpo si separa dall’anima. Il principio vitale del corpo non è il cervello, destinato a corrompersi con il corpo, ma l’anima, che è una realtà incorporea, immateriale, spirituale, e in quanto tale incorruttibile ed eterna. L’uomo ha un’anima. Quest’anima è destinata all’eternità. Ricordiamolo sempre. (Roberto de Mattei)

    224 - Che cosa ci dicono le “esperienze pre-morte”

    224 - Che cosa ci dicono le “esperienze pre-morte”
    Novembre, mese dei morti ci spinge ad alcune riflessioni. San Gregorio Magno dice che il pensiero dei predestinati è sempre fisso verso l'eternità; essi anche quando sono felici in questa vita, anche quando non sono in pericolo di morte, considerano sempre la morte come presente. (Lib. Mor. VIII, cap. 12). La morte è la porta dell’eternità, il momento in cui finisce tutto ciò che è temporale e passeggero e inizia ciò che è eterno, ciò che non ha mai fine. La nostra vita è una corsa vertiginosa verso questo momento da cui dipenderà la nostra felicità o infelicità eterna. La morte è un mistero, ma c’è chi pretende di sapere che cosa accade in quel momento e di raccontarlo. Nel 1975 è uscito un libro del medico americano Raymond Moody, Life After Life, “La vita dopo la vita”, che ha avuto milioni di lettori in tutto il mondo. In questo libro l'autore raccoglie una serie testimonianze di persone che sono uscite da uno stato di “morte clinica»” e che hanno raccontato con le loro parole che cosa c’è oltre la morte. Il tema dominante è quello di un oscuro tunnel al termine del quale saremmo attesi da una luce abbagliante e poi da un'ineffabile sensazione di pace e amore e dalla scomparsa di ogni dolore e paura. Ma tutto ciò, se può riguardare la cosiddetta morte cerebrale, ha poco a che fare con la vera morte, che non è la cessazione delle attività cerebrali, ma la separazione dell’anima dal corpo, conseguente alla cessazione delle attività cardiorespiratorie.
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    itNovember 05, 2023

    La Festa della Regalità di Cristo

    La Festa della Regalità di Cristo
    L’ultima domenica di ottobre si celebra, secondo l’antica liturgia, la festa della Regalità di Cristo, la seconda dopo l’Epifania. Nella festa dell’Epifania Gesù bambino si manifesta ai Re dell’Oriente e al popolo di Israele come “il Signore che tiene nella sua mano il regno, la potenza, l’impero” (secondo le parole dell’Introito della Messa dell’Epifania). I Re Magi impersonano nella grotta di Betlemme il potere temporale che si sottomette a Cristo, riconoscendolo come Signore del Cielo e della terra.

    222 - Le cause della guerra e la via alla vera pace secondo Pio XII

    222 - Le cause della guerra e la via alla vera pace secondo Pio XII
    Tra gli anniversari che ricorrono nel mese di ottobre c’è quello dell’enciclica di Pio XII Summi Pontificatus, pubblicata il 20 ottobre 1939, la prima e una delle più importanti del suo pontificato.Il cardinale Eugenio Pacelli era stato elevato al soglio di Pietro, con il nome di Pio XII, il 2 marzo del 1939. Per temperamento e vocazione, Pio XII era un uomo di pace. Il suo stemma mostrava una colomba con un ramo d'ulivo e il suo motto indicava la pace come frutto della giustizia: Opus justitiae pax (Is. 34, 17). E il primo messaggio inviato via radio