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    Episodes (10)

    Chi nega l'elezione di Papa Francesco non è più cattolico

    Chi nega l'elezione di Papa Francesco non è più cattolico
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6581

    CHI NEGA L'ELEZIONE DI PAPA FRANCESCO NON E' PIU' CATTOLICO: PAROLA DEL CARDINAL RATZINGER di Robert Siscoe e John Salza
    Nel 1998, il cardinale Ratzinger (futuro Papa Benedetto XVI), in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicò una Nota Illustrativa alla Professio fidei (Professione di fede) del 1989. In questo commento, proprio l'uomo che secondo fra'Bugnolo [e Cionci, NdT] è ancora il vero Papa spiega che la legittimità di un'elezione papale (che la Chiesa accetta come legittima, come nel caso di Papa Francesco), deve essere ritenuta de fide, sulla base del infallibilità del Magistero della Chiesa. L'argomentazione teologica di Ratzinger è coerente, ovviamente, con quella del Berry, del Tanquery, del Van Noort, di Giovanni di San Tommaso e di ogni altro teologo che ha affrontato l'argomento.
    La Professio fidei del 1989 comprende tre categorie di verità:
    a) dogmi;
    b) dottrine insegnate definitivamente dalla Chiesa (ma non definite come formalmente rivelate);
    c) dottrine insegnate in modo autorevole, ma non definitivo, dal Magistero.
    Nella Nota, il cardinale Ratzinger spiega la natura dell'assenso dovuto alle verità contenute in ciascuna delle rispettive categorie, e descrive le conseguenze del non prestarvi l'assenso richiesto. La legittimità di un'elezione papale rientra nella seconda categoria, come fatto dogmatico. Ecco come il cardinale Ratzinger descrive la seconda categoria di verità:
    "La seconda proposizione della Professio fidei afferma: . L'oggetto che viene insegnato con questa formula comprende tutte quelle dottrine attinenti al campo dogmatico o morale, che sono necessarie per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede, sebbene non siano state proposte dal magistero della Chiesa come formalmente rivelate. Tali dottrine possono essere definite in forma solenne dal Romano Pontefice quando parla «ex cathedra» o dal Collegio dei Vescovi radunato in concilio, oppure possono essere infallibilmente insegnate dal magistero ordinario e universale della Chiesa come "sententia definitive tenenda". Ogni credente, pertanto, è tenuto a prestare a queste verità il suo assenso fermo e definitivo, fondato sulla fede nell'assistenza dello Spirito Santo al magistero della Chiesa, e sulla dottrina cattolica dell'infallibilità del magistero in queste materie".

    LA LEGITTIMITÀ DELL'ELEZIONE DEL SOMMO PONTEFICE
    La nota prosegue spiegando precisamente quali verità sono contenute nella seconda categoria e, avete indovinato, vi include la legittimità dell'elezione di un Papa: "Le verità relative a questo secondo comma possono essere di natura diversa e rivestono quindi un carattere differente per il loro rapportarsi alla rivelazione. Esistono, infatti, verità che sono necessariamente connesse con la rivelazione in forza di un rapporto storico [c.d. "fatti dogmatici"] [...] Con riferimento alle verità connesse con la rivelazione per necessità storica, che sono da tenersi in modo definitivo, ma che non potranno essere dichiarate come divinamente rivelate, si possono indicare come esempi la legittimità dell'elezione del Sommo Pontefice [...]".
    E qual è la conseguenza del negare una verità di questa seconda categoria? Spiega il cardinale Ratzinger:
    "Chi le negasse, assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica".
    Quindi, secondo il commento ufficiale alla Professione di Fede del 1989, emesso dal Cardinale Ratzinger come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, chi rifiuta di dare un assenso definitivo alla legittimità dell'elezione del Sommo Pontefice è colpevole della negazione di una dottrina cattolica, e quindi non è più "in piena comunione con la Chiesa cattolica" o, detto diversamente, si è da sé tagliato fuori dalla Chiesa.
    Inutile dire che non viene fatta eccezione alcuna per coloro che rifiutano un'elezione che la Chiesa ha accettato come legittima sulla base delle loro speculazioni personali circa dimissioni forzate, conclavi irregolari, interpretazioni private del diritto canonico e simili. Questo perché l'accettazione da parte della Chiesa della legittimità di un'elezione è un atto infallibile. Se il Magistero accetta l'elezione come legittima, questa deve essere definitivamente ritenuta legittima sulla base dell'infallibilità della Chiesa.

    INTERPRETAZIONI STRAMPALATE
    Così, la teoria sponsorizzata da fra' Bugnolo secondo cui l'abdicazione di Benedetto non è stata accettata da Cristo perché ha usato una parola sbagliata ("ministerium" invece di "munus"), e il suo conseguente rifiuto della legittimità dell'elezione di Francesco, è un rifiuto di quanto la Chiesa ha definitivamente proposto come materia di fede, e che è necessario "per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede".
    Fra' Bugnolo sembra non capire che così come Cristo è la causa efficiente che rende un uomo il Papa, unendo la forma (Papa) alla materia (uomo), così pure è Lui la causa efficiente che rende il Papa non più tale, se questi abdica, separando la forma (Papa) dalla materia (uomo). Cristo non è vincolato da leggi ecclesiastiche umane. Nessun tecnicismo legale può impedire a Cristo di separare un uomo dal papato, specialmente se il Papa ha convinto l'intero mondo cattolico delle sue dimissioni, e poi se ne è stato a guardare in tutta tranquillità la convocazione di un nuovo conclave e l'elezione di un nuovo papa. Tutti gli argomenti canonistici del Bugnolo presuppongono che Cristo sia vincolato dalla legge ecclesiastica umana, e ognuno di essi, teso a provare che l'abdicazione di Benedetto non fu accettata da Cristo, sono smentiti dal "fatto" (fatto dogmatico) che l'elezione di Francesco è stata accettata dall'intera Chiesa, nei giorni, settimane e mesi successivi.
    Francesco è il Papa che la Chiesa si meritava ed è il Papa di cui la Chiesa aveva bisogno per svegliare i fedeli addormentati. E ora sono svegli. Basta guardare alla reazione al recente e vile scandalo della Pachamama e confrontarla con la sostanziale "non-reazione" all'incontro di preghiera di Assisi del 1986 promosso da Giovanni Paolo II (incontro nel quale, tra le altre cose, una statua di Budda fu posta su un altare Cattolico) che fu uno scandalo e un sacrilegio ancora più grave.

    L'insegnamento di Gesù dopo la Risurrezione

    L'insegnamento di Gesù dopo la Risurrezione
    VIDEO: Tradizione e Sacra Scrittura ➜ https://www.youtube.com/watch?v=lDe8FTxF8_U

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6542

    L'INSEGNAMENTO DI GESU' DOPO LA RISURREZIONE di Roberto de Mattei
    Nella seconda settimana dopo Pasqua contempliamo Gesù che, dopo essere apparso agli Apostoli, rimane ancora visibilmente con loro, prima di ascendere al Cielo, non solo per confortarli e incoraggiarli ad affrontare le prove future, ma per spiegare loro quell'insegnamento di cui essi non avevano ancora compreso il significato profondo.
    Nei quaranta giorni che intercorrono tra la Risurrezione e l'Ascensione, Gesù non scrive, ma comunica a voce agli Apostoli la sua parola. Il suo è un insegnamento orale. La Rivelazione di Cristo è comunicata verbalmente e i primi a goderne come suoi testimoni furono i Dodici, che dopo la sua Morte e Risurrezione si erano ridotti ad undici.
    Ad essi Cristo comunicò la sua Rivelazione perché ad altri la comunicassero. E' un "altri" illimitato, come nota mons. Gherardini, che non si limita ai vicini, agli immediati interlocutori, ma si estende a tutte le genti, a tutte le generazioni, in ogni angolo della terra: "Andate e predicate il Vangelo a tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo".
    Gesù cioè istituisce la Tradizione come predicazione e ammaestramento per ogni popolo, in ogni dove e in ogni tempo, mediante la trasmissione orale della sua Rivelazione.

    GERARCHIA, DOTTRINA, SACRAMENTI
    Gesù però non trasmette solo una dottrina. La Chiesa infatti non è una scuola di pensiero, ma è una società visibile, e il Signore dà ai suoi apostoli tutte le indicazioni per organizzare l'istituzione che avrebbe garantito, nel corso dei secoli, la trasmissione di questo insegnamento.
    Gesù inoltre, dopo aver spiegato agli Apostoli il significato profondo del Divin Sacrificio che essi avrebbero dovuto perpetuare, ne indica loro anche le modalità dell'esecuzione. La prima Messa, celebrata da san Pietro, seguì meticolosamente le indicazioni di Cristo.
    Dom Guéranger ricorda che tre cose sono necessarie alla Chiesa per l'esercizio della sua missione:
    1) la gerarchia, cioè una costituzione preparata dalla stessa mano del Figlio di Dio, e per mezzo della quale diventerà una società visibile e permanente;
    2) la dottrina, cioè il deposito lasciato nelle sue mani di tutte quelle verità che il suo celeste Sposo è venuto a rivelare o confermare quaggiù, ciò che comprende il diritto di insegnare e di farlo con infallibilità;
    3) finalmente, i sacramenti, mezzi efficaci per i quali i fedeli di Cristo saranno ammessi a partecipare alle grazie di salvezza e di santificazione che sono il frutto del Sacrificio offerto sulla croce.

    LA SUCCESSIONE APOSTOLICA E LA VALIDITÀ DEI SACRAMENTI
    "Gerarchia, dottrina, sacramenti: tali sono i punti essenziali e gravi, sui quali Gesù, durante quaranta giorni, dà le sue ultime e solenni istruzioni".
    La dottrina che Gesù Cristo insegnò ai suoi Apostoli per trasmetterla non si può separare dalla gerarchia che la trasmette. La successione apostolica è infatti la garanzia della retta trasmissione della dottrina. Ma la successione apostolica è a sua volta garantita dalla validità dei sacramenti, che sono i canali attraverso cui si trasmette la grazia santificante nella Chiesa e la Chiesa è santa per i suoi princìpi, per la sua costituzione gerarchica e per i suoi sacramenti.
    La fedeltà alla Chiesa, alla sua fede, alla sua gerarchia, ai suoi sacramenti. Ecco quello che il Signore chiede ancora ad ognuno di noi. Nessuno di questi elementi si può separare dall'altro. Non ci può essere la fede della Chiesa senza la sua autorità, né la sua autorità senza la sua fede. E per essere fedeli alla autorità e alla fede della Chiesa occorre l'aiuto soprannaturale che si ottiene attraverso i suoi sacramenti.
    Il Signore non abbandona chi si sforza di essergli integralmente fedele. Fu proprio nei giorni che intercorrono tra la Resurrezione e l'Ascensione che Gesù apparendo agli Apostoli sul lago di Tiberiade, promise di assistere i suoi discepoli ogni giorno, fino alla fine del mondo. Sono le parole con cui si conclude il Vangelo di san Matteo: "Ecco, Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt, 28, 20).
    Queste parole consolanti devono risuonare ogni giorno nel nostro cuore.

    Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 53 minuti) dal titolo "Sacra Tradizione e Sacra Scrittura" Don Stefano Bimbi, parroco a Staggia Senese, leggendo il Catechismo della Chiesa Cattolica, spiega il rapporto che c'è tra la Parola di Dio trasmessa oralmente e la Parola di Dio scritta. Il video è tratto dal corso "Il Credo parola per parola" con decine di interessanti lezioni.

    https://www.youtube.com/watch?v=lDe8FTxF8_U

    Bibbia o Catechismo: per un cristiano cosa è più importante?

    Bibbia o Catechismo: per un cristiano cosa è più importante?
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6041

    BIBBIA O CATECHISMO: PER UN CRISTIANO COSA E' PIU' IMPORTANTE?
    Per un cattolico è più importante la Bibbia o il Catechismo? Ovviamente sono importanti entrambi, ma... c'è un "ma" che va precisato in questi tempi di estrema confusione. E lo facciamo molto brevemente.
    Ciò che è decisivo per un cattolico non è la Bibbia, ma la conoscenza del Catechismo, ovviamente secondo le possibilità e i talenti che ognuno possiede.
    Non a caso nelle parrocchie ai bambini che devono accedere alla Prima Comunione si è sempre insegnato il Catechismo, non si sono mica fatti corsi di Sacra Scrittura? Che poi nell'ambito del Catechismo s'insegnano anche i fatti più importanti della Storia Sacra, questo è un altro discorso. D'altronde quel grande ed insostituibile catechismo che è il Catechismo di San Pio X ha proprio un'appendice con la narrazione dei fatti più importanti della Bibbia.
    Che poi i corsi catechistici nelle nostre parrocchie lascino molto a desiderare, questo è un altro discorso ancora. Corsi lunghi (per non dire: lunghissimi) dove - ci si permetta la battuta - s'insegna tutto, anche come cambiare i pneumatici dell'auto, ma non l'essenziale: la Dottrina Cattolica!
    Già!.. la parola "Dottrina"... questa dimenticata. Una volta si diceva così: "mio figlio questo pomeriggio è andato a Dottrina", per dire, appunto, "mio figlio questo pomeriggio è andato al catechismo".
    La Dottrina non è un optional. È il fondamento di tutto. Senza Dottrina, non c'è fede e non c'è nemmeno pastorale.
    Ovviamente, se la Dottrina si ferma a se stessa non serve a nulla. Il demonio conosce benissimo la dottrina cattolica (tant'è che la combatte perché sa bene quanto è pericolosa), ma non gli è servito e non gli serve né gli servirà a nulla. Occorre, infatti, che la conoscenza si completi nell'amore. È però indubbio che la conoscenza, logicamente (anche se non sempre cronologicamente) viene prima dell'amore: non si può amare ciò che non si conosce. [...]

    Chi ha paura della dottrina sociale della Chiesa?

    Chi ha paura della dottrina sociale della Chiesa?
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5610

    CHI HA PAURA DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA? di Silvio Brachetta
    C'è una cosa orrenda nella Dottrina sociale della Chiesa. La parola "dottrina". L'Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuân, sabato scorso avrebbe voluto fare quello che fa di solito: una scuola per trasmettere una "dottrina", che corrisponde ai contenuti della fede nell'ambito sociale. Oggi, però, non è quasi più possibile fare questo - oppure è possibile farlo con grande difficoltà. Non si deve più insegnare alla gente cosa fare, sotto la luce del Vangelo. Viceversa, la Chiesa deve ora imparare cosa insegnare da quello che fa la gente. Qualunque cosa la gente faccia. Non c'è più la luce del Vangelo, c'è la luce della gente che illumina il Vangelo. Questa è la convinzione che ha imposto l'immotivato privilegio della prassi sulla dottrina.
    L'Osservatorio, fin dall'inizio, si è sempre opposto a questa forma di pastoralismo dogmatico, che si è imposto sempre più granitico, e del quale la pubblicistica ha dato ampio ragguaglio nel corso degli ultimi decenni. Il presidente dell'Osservatorio mons. Giampaolo Crepaldi e il direttore Stefano Fontana hanno scritto e detto molto su questo tema. E, tuttavia, gli argomenti di ragione oggi servono poco. Si può certamente avviare una scuola di Dottrina sociale con facilità ma, per non incontrare opposizione istituzionale, si deve fondare esplicitamente sui luoghi comuni e ben collaudati del pastoralismo odierno: «creare ponti e non muri», «ascoltare», «uscire», «vie nuove per abitare il sociale», «abitare i social network», «discernimento comunitario», «servire la vita», «umanizzare», «avviare percorsi di riconciliazione», «porsi come lievito», «incrocio tra Vangelo e storia». Si tratta di un modo di esprimersi vuoto, generico, astratto, nonostante sia tutto focalizzato sulla prassi. In mancanza di questo tipo di referenze, però, il percorso si fa tutto in salita.
    Non c'è modo di venirne a capo con argomenti. L'argomentare stesso è visto da molti - chierici compresi - come ostacolo al Vangelo: è come se si fosse aperto un interruttore e la corrente elettrica non fluisse più. Ogni principio generale è sentito, nella Chiesa, come ostacolo al caso particolare, nonostante il Vangelo (e dunque Gesù Cristo) si rapporti spesso all'universale: «Chiunque sposa una ripudiata...», «Chi [chiunque] avrà creduto sarà salvato», «Beati quelli [coloro, chiunque]...», «Chiunque invocherà il nome del Signore...», «Chi [chiunque] allora trasgredirà uno solo di questi precetti...», «Chi [chiunque] mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna». Gli esempi sono numerosi.
    E non a caso, Gesù è percepito e indicato spesso come Maestro, cioè come colui che insegna una dottrina. Solo nel Vangelo secondo Marco, sono diciassette le ricorrenze del verbo greco "didasko" (insegnare), riferito al Cristo. Gesù è il Didàskalos, il Rabbì, il Maestro. Il Maestro prevede una scuola, dei contenuti, dei discepoli - a prescindere dall'«avvenimento» messianico. Anzi, l'«avvenimento», la «presenza» del Cristo si realizza solo con l'apporto di contenuti e di dottrina - dottrina unica e deposito della salvezza.
    Tutto questo sembra oggi rimosso, nonostante coloro che hanno frequentato le Scuole dell'Osservatorio si siano dimostrati entusiasti di quanto ricevuto. Spesso la reazione è unanime: dicono di avere appreso qualcosa di "inaudito". Questo per tre motivi: perché la parola di Dio e la sua dottrina è davvero "inaudita"; poi perché chi trasmette tale dottrina non parla per sé; e infine perché l'Osservatorio è stato in grado di trasmettere quello stesso entusiasmo che ha ricevuto nell'accostarsi alla Parola e al magistero.

    Nota di BastaBugie: sulla chiusura della Scuola di Dottrina Sociale ecco il link ad un nostro precedente articolo.

    VERGOGNOSO STOP ALLA SCUOLA DI DOTTRINA SOCIALE
    Il diktat del vescovo di Udine blocca la lodevole iniziativa dell'Osservatorio Van Thuan in Friuli Venezia Giulia
    di Giano Colli
    http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5592
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