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    Episodes (65)

    Assalto a Israele, pesa il fallimento della politica estera di Biden

    Assalto a Israele, pesa il fallimento della politica estera di Biden
    VIDEO: Biden finanzia l'Iran, che finanzia Hamas ➜ https://rumble.com/v3qckea-come-liran-ha-aiutato-hamas-ad-attaccare-israele-anche-con-6-miliardi-regal.html

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7585

    ASSALTO A ISRAELE, PESA IL FALLIMENTO DELLA POLITICA ESTERA DI BIDEN di Eugenio Capozzi
    La visita del presidente statunitense Joe Biden in Israele è stata giudicata dalla maggior parte degli osservatori come un gesto forte e inequivocabile di solidarietà con lo Stato ebraico - unitamente al dispiegamento di unità della flotta davanti alle coste del Mediterraneo orientale - nel momento delicatissimo che quest'ultimo sta attraversando dopo il terribile eccidio perpetrato da Hamas il 7 ottobre entro i suoi confini, e nei giorni della difficile rappresaglia contro i fondamentalisti nella striscia di Gaza. Ed è stata parimenti interpretata da molti come un tentativo di evitare una escalation di violenza nella regione, cercando di moderare la reazione israeliana e di lasciare aperti margini di dialogo e negoziato con il mondo arabo.
    Ma essa dovrebbe essere in realtà letta a buon diritto innanzitutto come un tentativo di porre almeno parzialmente rimedio a una catena di eventi negativi per gli interessi statunitensi e occidentali innescati proprio dalla fallimentare strategia di politica estera portata avanti dalla stessa amministrazione Biden.
    Quest'ultima, infatti, a partire dal 2021 ha demolito sistematicamente, con esiti disastrosi, alcune linee fondamentali della politica internazionale promossa dal predecessore di Biden, Donald Trump. In primo luogo, ha minato la paziente tessitura che Trump aveva compiuto con gli "Accordi di Abramo" (siglati nel 2020 tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein) per riavvicinare lo Stato ebraico ai paesi più influenti dell'islam sunnita, e soprattutto all'Arabia Saudita, e favorire così una stabilizzazione complessiva dell'area, isolando gli agenti disgreganti ed estremisti come l'Iran, Hezbollah e lo stesso Hamas.
    Fin dalla campagna elettorale, e poi una volta in carica, Biden ha tenuto invece un atteggiamento apertamente ostile al regime del principe Mohammed Bin Salman, giustificandolo con l'uccisione del giornalista dissidente saudita Jamal Kashoggi, di cui Salman era sospettato di essere responsabile. E, all'inverso, egli ha avviato una politica di dialogo con il regime degli ayatollah iraniani, cercando di riavviare il processo negoziale sul nucleare di Teheran, che Trump aveva fermato nel 2018 revocando il trattato che era stato negoziato nel 2015 ad opera dell'amministrazione Obama.
    L'AMMINISTRAZIONE BIDEN CONTRO GLI INTERESSI DI TUTTO L'OCCIDENTE
    Un rovesciamento che ha rafforzato gli iraniani, dando ad essi maggiori margini di manovra sullo scacchiere mediorientale (usati da questi ultimi per rafforzare i propri legami con Cina e Russia), e indebolendo decisamente Israele. E che è culminato nello sblocco di 6 miliardi di dollari di fondi iraniani congelati negli Stati Uniti, proprio pochi giorni prima del massacro perpetrato da Hamas nei kibbutz israeliani, verosimilmente incoraggiato, se non finanziato proprio da Teheran: con un effetto boomerang clamoroso sulla credibilità americana.
    Nel frattempo, l'amministrazione Biden aveva operato attivamente contro gli interessi vitali propri e dell'Occidente intero anche sul fronte ucraino, alimentando sempre più la tensione con la Russia, rifiutandosi di cercare una soluzione negoziale condivisa alla frattura apertasi nel 2014 e, dopo l'invasione russa del febbraio 2022, sostenendo Kiev a senso unico, trattando Putin come un nemico e isolandolo totalmente dall'Occidente: con il risultato di rinsaldare i rapporti tra Mosca e Pechino, di fare il gioco della Cina - sua principale antagonista globale - sul piano geopolitico e di coagulare un composito fronte anti-occidentale che ha attratto anche paesi precedentemente alleati o amichevoli.
    Per quanto riguarda specificamente gli equilibri mediorientali, lo scontro frontale con Putin ha messo fortemente in imbarazzo Israele, che con Mosca intrattiene consolidati rapporti economici e politici e ha interesse a una gestione congiunta con i russi delle aree di crisi tra Siria e Libano. Ha determinato un riavvicinamento dell'Arabia Saudita alla Russia, con una politica coordinata dei prezzi del petrolio, e persino all'Iran, suo antagonista per eccellenza. Ha rilegittimato il regime siriano di Bashar al-Assad, "feudo" di Mosca in Medio Oriente, riammesso nella Lega Araba proprio con il beneplacido dei sauditi. E, soprattutto, ha interrotto il percorso verso il completamento degli accordi di Abramo, con la sperata normalizzazione dei rapporti diplomatici tra israeliani e sauditi.
    UN EFFETTO DOMINO DI DISASTRI AUTOLESIONISTICI
    Insomma, un effetto domino di disastri autolesionistici quasi senza precedenti (completato dalla crescente destabilizzazione dell'Africa sub-sahariana, innescata da Cina e Russia), che ha creato il terreno ideale per quanti avevano interesse a riaccendere il conflitto arabo-israeliano. E che si è plasticamente materializzato nello scorso agosto quando, in occasione del vertice dei BRICS di Johannesburg, è stato annunciato l'ingresso congiunto nell'organizzazione, a partire dal 2024, di Arabia Saudita e Iran, insieme agli Emirati e all'Egitto.
    Resasi conto tardivamente del piano inclinato pericolosissimo che aveva innescato, l'amministrazione Biden ha cominciato a cercare di porvi rimedio almeno in parte con un cambiamento della sua linea nei confronti di Riad, cominciata con la visita di Biden nell'estate del 2022 e culminata nell'agosto scorso con il coinvolgimento dell'Arabia Saudita, al G20 di Nuova Dehli, nel memorandum d'intesa per il corridoio infrastrutturale India-Medio Oriente-Europa chiamato "Via del Cotone", per contrapporlo simbolicamente al progetto egemonico cinese di "Nuova Via della Seta".
    Ma ormai la frittata era fatta, e il vaso di Pandora era scoperchiato. Il potenziale asse tra Israele e i paesi arabi sunniti voluto da Trump, che, una volta saldato, avrebbe potuto contare forse sulla benevola neutralità russa, era già su un binario morto. Ma l'attacco di Hamas e la inevitabile reazione israeliana, polarizzando di nuovo l'odio anti-ebraico nelle società islamiche, lo condanna oggi al rinvio sine die, se non al definitivo naufragio. Per la gioia di fondamentalisti, integralisti e regimi anti-occidentali di tutto il mondo. E con la conseguenza di spingere l'Europa e l'Occidente di nuovo in prima linea, oltre che sul fronte russo-ucraino, anche su quello dei conflitti mediorientali e di una più che probabile, anzi già iniziata, recrudescenza del terrorismo islamista, favorita dalla bomba a orologeria delle cospicue comunità di immigrati islamici "radicalizzati" ormai stabilitesi entro le loro mura.

    La campagna elettorale di Biden costerà molti aborti

    La campagna elettorale di Biden costerà molti aborti
    VIDEO: Trump: una nazione in grave declino ➜ https://mazzoninews.com/2023/08/05/trump-una-nazione-in-grave-declino-mn-224/

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7534

    LA CAMPAGNA ELETTORALE DI BIDEN COSTERA' MOLTI ABORTI di Mauro Faverzani
    Come già fu per il primo mandato, anche l'eventuale rielezione di Joe Biden potrebbe costare molte vite umane. La sua campagna elettorale ha fatto dell'aborto, infatti, uno dei propri cavalli di battaglia. A colpi di spot, come quello intitolato «These Guys», lanciato lo scorso 1° settembre e programmato per due settimane in sette Stati americani ovvero Arizona, Georgia, Michigan, Pennsylvania, Nevada, Wisconsin e Carolina del Nord.
    Forti le critiche giunte in merito dalle associazioni pro-life, che han definito, senza mezzi termini, «estreme» le politiche abortiste promosse da un Biden, che solo a parole ama proclamarsi "cattolico". Laura Echevarría, portavoce di National Right to Life, ha evidenziato come Biden sia «il presidente più favorevole all'aborto nella storia della nostra nazione», al punto da coinvolgere l'intera amministrazione «per promuovere e proteggere l'aborto illimitato», oltre tutto a spese dei contribuenti.
    D'altra parte, la lobby pro-choice negli Stati Uniti può contare su finanziatori potenti. E non si tratta solo della multinazionale dell'aborto, Planned Parenthood, che ovviamente è parte in causa, bensì anche di miliardari pronti a sostenere coi propri soldi la ferale causa. Come l'amministratore delegato della multinazionale Berkshire Hathaway, Warren Buffett, quinto uomo più ricco al mondo: ad un'età (93 anni), in cui bene sarebbe fare i conti con la propria anima, ha deciso invece di sponsorizzare la campagna abortista. Negli ultimi vent'anni ha destinato per questo decine di miliardi di dollari, convinto della necessità di ridurre la popolazione del pianeta, come ha rivelato un dettagliato reportage in due puntate, firmato da Hayden Ludwig per Restoration News. L'agenzia d'informazione InfoCatólica ha riportato anche le dichiarazioni della figlia di Buffett, Susie, che nel 1997 ha specificato come il controllo demografico sia «ciò che mio padre ha sempre ritenuto essere il problema più grande e più importante».
    Quest'indagine giornalistica ha permesso di evidenziare come dal 2000 ad oggi Buffett abbia versato almeno 5,3 miliardi di dollari a favore di attivisti ed esecutori di aborti. Dal 2002 avrebbe elargito anche 41 miliardi di dollari a quattro fondazioni, impegnate a promuovere l'aborto all'estero. Assolutamente fittizio e fuorviante, dunque, quanto dichiarato dallo stesso Buffett nel 2003, quando annunciò che le azioni della Berkshire Hathaway non sarebbero più state donate a gruppi abortisti: in realtà, ha spiegato Hayden Ludwig nel proprio reportage, «migliaia di sovvenzioni sono state versate negli ultimi due decenni» [...] dagli organismi gestiti da membri della famiglia Buffett. Da qui sarebbero usciti più di 3 miliardi di dollari, destinati tutti ad organizzazioni dichiaratamente pro-choice quali Planned Parenthood [...] e molte altre. Con questi soldi sarebbero stati finanziati aborti non solo negli Stati Uniti, ma anche nel Regno Unito, in Africa ed altrove.
    L'ideologia mortifera però si serve anche di altri strumenti, per imporsi come pensiero dominante ovunque, anche cancellando chiunque abbia un'opinione differente. Ed il web in questo torna a distinguersi una volta di più quale veicolo privilegiato dell'incubo orwelliano.
    YouTube, ad esempio, secondo quanto rivelato dalle agenzie InfoCatólica e Zenit, starebbe predisponendo una nuova politica atta a censurare i contenuti pro-life od, in ogni caso, contrari all'aborto ed alle linee-guida dell'Oms in materia (linee-guida, che considerano l'aborto un "diritto umano"), con modalità ancora da definire, ma tali in ogni caso da vanificare i dubbi di quei pochi, che ancora ne nutrissero, circa l'imparzialità dei social media - come anche Meta (o Facebook, che dir si voglia) e Twitter nella moderazione dei contenuti.

    La Corte Suprema abbatte il razzismo degli antirazzisti

    La Corte Suprema abbatte il razzismo degli antirazzisti
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7521

    LA CORTE SUPREMA ABBATTE IL RAZZISMO DEGLI ANTIRAZZISTI di Stefano Magni
    Alla fine di giugno, la Corte Suprema ha dato un'altra picconata al progressismo americano. Ha dichiarato incostituzionale la discriminazione positiva, su base razziale, nelle selezioni per accedere alla prestigiosa università di Harvard. Con la sentenza Students for Fair Admission vs. Harvard, la "affirmative action", o discriminazione positiva, in uso nel mondo dello studio e del lavoro sin dagli anni '60, è stata delegittimata. La sentenza ha provocato un vivace dibattito che mette a confronto due modi opposti di intendere il razzismo.
    La sentenza della Corte Suprema, votata da 6 giudici supremi contro 2, ne ribalta due precedenti che avevano fatto la storia. La prima, Regents of University of California vs. Bakke del 1978, aveva stabilito il principio che una certa preferenza razziale negli esami di ammissione fosse ammissibile, purché non fosse una vera e propria quota. Nel 2003 questa posizione era stata ribadita in un'altra sentenza, la Grutter vs. Bollinger. Tuttavia, in nessuna di queste sentenze la discriminazione positiva veniva assunta come principio. Si sdoganava l'eccezione, semmai, ma sempre sul filo del rasoio della costituzionalità. Quindi l'università poteva esercitare delle preferenze per diversificare la sua popolazione studentesca e avvantaggiare le minoranze più sfavorite (i neri, soprattutto), purché non fosse una pratica sistematica, fosse "limitata nel tempo" e non determinante nella selezione.
    DISCRIMINAZIONE POSITIVA
    Questo criterio è andato bene a tutte le minoranze, finché non ne ha colpita una molto grande e sempre più influente: quella asiatica. Infatti è proprio un caso di discriminazione di studenti di origini asiatiche, mediamente "troppo bravi", nell'esame di ammissione dell'Università di Harvard, nel 2014, che ha dato origine alla causa che solo alla fine del mese scorso è giunta alla sua conclusione in Corte Suprema, dopo un percorso tortuoso di sentenze locali e federali. L'associazione Students for Fair Admission ha vinto. Il massimo organo giudiziario americano ha sentenziato che la discriminazione positiva negli esami di ammissione viola sia la Costituzione (Quattordicesimo Emendamento, che ribadisce l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge) che l'articolo 6 della Legge sui diritti civili del 1964 che vieta ogni discriminazione su base razziale.
    Nel parere di minoranza, la giudice suprema liberal Sonia Sotomayor ritiene che questa sentenza "rafforza ulteriormente la disuguaglianza razziale nell'educazione". Le fa eco lo stesso presidente Joe Biden, che si dice apertamente in disaccordo con la Corte Suprema. La nuova rettrice di Harvard, Claudine Gay, dichiara in un video che questa sentenza "implica la possibilità concreta che molte opportunità vengano negate". C'è preoccupazione soprattutto per i neri, che verrebbero sotto-rappresentati nelle università. Secondo i test attitudinali Sat, nel 2022 gli afro-americani conseguivano una media di 926 punti su 1600, contro una media di 1098 punti per i bianchi e ben 1229 punti per gli asiatici. Quel che le università più prestigiose temono (e i posti di lavoro che reclutano presso di loro, anche) è un'università con gli occhi a mandorla? Parrebbe di sì.
    50 ANNI DI DISCRIMINAZIONE A FAVORE DEGLI AFRO-AMERICANI
    Prima di tutto occorre chiedersi se quasi 50 anni di discriminazione positiva a favore degli afro-americani e in misura minore dei latino americani, abbiano portato a una emancipazione di queste minoranze. La risposta è quasi sempre negativa, considerando che fra gli afro-americani è più alta la percentuale di abbandono degli studi ed anche se ammessi in una corsia preferenziale, finiscono poi in fondo ai loro corsi. Forzando l'ammissione "si introducono nelle università studenti neri che, in un mondo senza discriminazione positiva, frequenterebbero scuole meno selettive, ma perfettamente rispettabili", come scrive su Wall Street Journal Heather McDonald, del Manhattan Institute. "In quasi 50 anni di retorica favorevole alla discriminazione positiva, molti studenti neri si sono convinti che essere respinti da una scuola per un brutto voto sia come essere respinti per il colore della loro pelle". Questo meccanismo ha dunque accentuato la disuguaglianza, non ha ridotto le distanze.
    L'anti-razzismo dei progressisti va poi in cortocircuito proprio con la causa intentata da Students for Fair Admission, che ha agito in rappresentanza di studenti asiatici. La minoranza asiatica è "privilegiata"? No, perché è formata da discendenti di lavoratori forzati (i coolies cinesi), immigrati indiani poverissimi, profughi del Sud Est asiatico. Sono i nuovi self made men, sono cresciuti dal nulla, basandosi sulle loro capacità personali e la loro instancabile voglia di studiare e lavorare. Per questo sono minoranze che evidentemente non piacciono ai progressisti. A coloro che vogliono bene ai poveri, purché restino poveri.

    Biden vuole censurare i discorsi online prolife e profamily

    Biden vuole censurare i discorsi online prolife e profamily
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7444

    BIDEN VUOLE CENSURARE I DISCORSI ONLINE PROLIFE E PROFAMILY di Mauro Faverzani
    «Non nominare il nome di Dio invano» è il secondo Comandamento. Come specifica il Catechismo di san Pio X, esso proibisce «di nominare il nome di Dio senza rispetto», concetto ripreso sostanzialmente identico anche nel vigente Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2142, dove si precisa come il nome del Signore sia «santo». Ed ancora, al n. 2146, il nuovo Catechismo entra ancor più nello specifico, precisando come il secondo Comandamento proibisca «l'abuso del nome di Dio, cioè ogni uso sconveniente del nome di Dio, di Gesù Cristo, della Vergine Maria e di tutti i santi».
    Allora decisamente «sconveniente» è tirare in ballo l'«Anno del Signore 2023» in un contesto tutto teso a promuovere l'aborto ed a distruggere la famiglia, avvelenandola con l'ideologia gender. Lo ha fatto - niente meno - Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti, in un'intervista rilasciata a Teen Vogue assieme a Colleen McNicholas di Planned Parenthood, per "spiegare" quali e quanti "sforzi" abbiano compiuto ed ancora intendano compiere, per far tornare legale l'aborto senza limiti in tutti e 50 gli Stati della Federazione, definendolo una causa giusta e morale, da autorizzare dal concepimento sino al momento della nascita del bimbo ovvero sempre.
    «È una vergogna che nell'Anno del Signore 2023 si cerchi di farci tornare indietro», ha dichiarato il vicepresidente americano, promuovendo il Women's Health Protection Act ovvero la legge sulla protezione della salute delle donne, che, in realtà, è stata ribattezzata dagli ambienti pro-life come Abortion Without Limits Until Birth Act ovvero legge sull'aborto senza limiti fino alla nascita, per porre fine ai divieti sulla selezione del sesso e sul finanziamento pubblico agli aborti, ma ponendo anche a rischio le tutele per l'obiezione di coscienza dei medici. Il Signore, però, in tutto questo, non c'entra proprio nulla.
    PER PLANNED PARENTHOOD QUALSIASI MOTIVO PER ABORTIRE E' VALIDO
    Si noti, accanto a Harris durante l'intervista, la presenza di Colleen McNicholas, un'abortista senza se e senza ma, senza scrupoli né ripensamenti: è direttore sanitario di Planned Parenthood per l'area di St. Louis e nel Missouri sud-occidentale. Nel 2019 dichiarò all'agenzia AP come, a suo giudizio, «qualsiasi motivo per abortire fosse un motivo valido», compresa la selezione del sesso e la sindrome di Down. Tutto andrebbe bene, pur di provocare un'ecatombe demografica. Ed ora, prevedibilmente, a scatenare la sua furia, è stata la decisione della Corte Suprema americana di rovesciare la sentenza Roe vs Wade, eliminando il diritto costituzionale federale all'aborto.
    Oggi sono 15 gli Stati americani, che proteggono i bambini non-nati, vietando l'aborto, ed altri, nelle sedi dei tribunali, stanno cercando di fare lo stesso. Ma l'orizzonte, che si ripromettono di soggiogare con accordi, norme, vincoli, non solo Harris e McNicholas, né solo il Partito democratico statunitense, bensì l'intera amministrazione Biden non è questo, troppo ristretto. Loro puntano ormai ad imporre la loro cultura di morte al mondo intero, calpestando anche la coscienza di chi non fosse d'accordo, invadendo e prevaricando ambiti ed aree di competenza assolutamente estranei alle loro naturali sfere d'influenza.
    Un esempio? L'amministrazione Biden risulta in prima fila negli sforzi attuati per censurare ovunque sul pianeta qualsiasi, pur timida opinione pro-life e pro-family, servendosi di un processo di sviluppo totalitario di standard digitali, finalizzato a monitorare, moderare ed azzerare i discorsi online ritenuti "sgraditi". Tutto questo, ovviamente, col pretesto di voler contrastare la «violenza di genere facilitata dalla tecnologia», riscuotendo in ciò lo sprovveduto sostegno di oltre una dozzina di Paesi ignavi. Se tale linea passasse, governi e privati verrebbero costretti a cancellare qualsiasi critica all'ideologia gender, bollandola come «discorso d'odio». Qualsiasi difesa della vita e della famiglia verrebbe a questo punto cancellata dal web. Non solo: algoritmi automatizzati ed intelligenza artificiale costringerebbero le piattaforme online e i provider ad imporre ovunque ed a chiunque anche i mantra del femminismo universale.
    Tale progetto è stato lanciato ufficialmente dal Dipartimento di Stato americano, per la prima volta, nel 2022 al Democracy Summit, in collaborazione con la Danimarca. L'Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani specifica come anche «la negazione dell'accesso all'aborto sia stata identificata come una forma di violenza di genere contro le donne», equivalendo «a tortura e/o a trattamenti crudeli, inumani e degradanti»: incredibile, l'antilingua scatenata pretende di render disumano il tentativo di salvare da morte certa e procurata ovvero dall'aborto il bimbo nel grembo materno. Tutto questo verrà finanziato e promosso mediante una «programmazione multi-stakeholder, incentrata sui sopravvissuti e basata sui [cosiddetti] diritti».
    SI CENSURA IN NOME DELLA VIOLENZA DI GENERE
    Ma come imporre tutto questo al mondo e trasformare il desiderio di una lobby in un'imposizione globale, collettiva ed universale? Semplice, adottando un accordo in sede Onu, accordo che ha già anche un nome, Patto Mondiale Digitale, ed una data: dovrebbe infatti venire approvato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2024. Google, Microsoft, Meta ed altri grandi nomi della tecnologia online starebbero mettendo a punto, con i governi conniventi, i parametri necessari per applicare la normativa liberticida e vincolarvi tutti.
    Già un primo tentativo in tal senso era stato attuato dall'amministrazione Biden, quando, all'inizio di quest'anno, chiese, nella cornice di un altro accordo, quello sull'educazione delle donne raggiunto in sede di Commissione delle Nazioni Unite, di consentire ai governi la facoltà di costringere social media e piattaforme multimediali a censurare e moderare i contenuti in base alla loro potenziale «violenza di genere», infischiandosene di quanto ciò fosse una netta violazione del Primo Emendamento della Costituzione americana.
    Quel primo assalto è fallito o, quanto meno, ha subìto una battuta d'arresto al vertice del G7 svoltosi il mese scorso, per cui ora l'amministrazione Biden ci riprova, assieme ad altri governi occidentali, decisi anzi, pervicacemente, a «raddoppiare gli sforzi», per portare a casa il risultato. Sconcertante anche solo il pensare come, in un contesto internazionale delicato quale quello attuale, contesto in cui le emergenze - quelle vere - sono evidentemente altre, l'amministrazione degli Stati Uniti d'America trovi tempo, risorse, capitali e mezzi per combattere una battaglia sfacciatamente ideologica ed imporre a colpi di accordi e norme, mai volute né votate dai cittadini, bensì adottate nei grigi uffici delle Nazioni Unite, un nuovo, pericolosissimo totalitarismo, che di democratico non ha e non intende avere proprio nulla. Sulla pelle dei bimbi non nati e delle famiglie di tutto il mondo. Un atteggiamento vergognoso e tale da gridare vendetta al cospetto di Dio.

    Per Biden i suoi avversari politici sono dei terroristi da fermare ad ogni costo

    Per Biden i suoi avversari politici sono dei terroristi da fermare ad ogni costo
    VIDEO: Descrizione in minuscolo ➜ https://rumble.com/v2pans6-come-donald-trump-ha-bonificato-la-palude-dei-poteri-forti-di-washington.html

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7427

    PER BIDEN I SUOI AVVERSARI POLITICI SONO DEI TERRORISTI DA FERMARE AD OGNI COSTO
    Il presidente USA ha utilizzato milioni di fondi federali per distruggere la reputazione di importanti organizzazioni cristiane, di diversi gruppi di politica pubblica conservatori, di semplici prolife (VIDEO: Trump ha distrutto l'establishment e vola nei sondaggi)
    di Luca Volontè
    Una bomba di informazioni appena scoperte rivela che, dopo lo scandalo che abbiamo descritto su La Bussola e che ha per oggetto le forme di controllo, dissuasione e spionaggio nei confronti dei cattolici e conservatori americani, l'amministrazione Biden, attraverso il Dipartimento alla Sicurezza Interna DHS, ha utilizzato diverse decine di milioni di fondi federali per condurre una guerra vera e distruggere la reputazione di importanti organizzazioni cristiane, di diversi gruppi di politica pubblica conservatori, di un'importante rete televisiva via cavo e persino del Comitato nazionale repubblicano.
    Grazie alla documentazione raccolta dal Media Research Center (Mrc), il report pubblicato lo scorso 25 maggio dimostra come il Dipartimento della Sicurezza Nazionale (DHS), da tempo nel mirino di conservatori e Repubblicani per le sue iniziative spesso persecutorie nei confronti dei 'dissidenti politici', abbia speso almeno 40 milioni di dollari dei contribuenti, sottraendoli ai programmi antiterrorismo, destinandoli a un'operazione nota come 'Targeted Violence & Terrorism Prevention Grant Program' (TVTP), che di fatto è servita a colpire, controllare, delegittimare, spiare e intimorire buona parte del mondo conservatore e cristiano degli Usa. Originariamente concepito per colpire i terroristi e le bande violente, sotto l'amministrazione Biden il programma ha inserito il Centro per la prevenzione, i programmi e i partenariati (CP3) del Dipartimento della Sicurezza Nazionale, includendo e privilegiando così finalità politiche nelle sue indagini.
    UN'OPERAZIONE MASCHERATA
    In una nota interna ottenuta in esclusiva da MRC Free Speech America, lo stesso segretario del DHS Alejandro Mayorkas definisce il programma una "alta priorità". Le 80 organizzazioni che compongono la rete TVTP ricevono sovvenzioni tra gli 85mila e gli 1,9 milioni di dollari e partecipano a seminari di formazione sponsorizzati dal DHS, finalizzati a soffocare e reprimere quei 'punti di vista' che l'amministrazione definisce eufemisticamente come minacce di livello terroristico, ossia quelle degli oppositori politici e/o culturali. Ad esempio, come riportano diversi quotidiani, in Ohio, l'Università di Dayton ha ricevuto una sovvenzione TVTP di 352.109 dollari per istituire 'Prevents-OH', un'operazione mascherata come uno sforzo per combattere "l'estremismo e l'odio della violenza domestica". Nella sua richiesta di finanziamento, Prevents-OH ha incluso un grafico intitolato La piramide della radicalizzazione dell'estrema destra, in cui identifica gli estremisti violenti, tra cui Christian Broadcasting Network, Heritage Foundation, Fox News, Turning Point USA, PragerU, National Rifle Association, Breitbart News, American Conservative Union Foundation e persino il Comitato nazionale repubblicano.
    A dimostrazione della comune visione che i Dems hanno degli avversari, cioè chi dissente è un pericoloso terrorista da tacitare e sopprimere o delegittimare, il dottor Michael Loadenthal dell'Università di Cincinnati e componente di Antifa, ha presentato questo e altri grafici a un seminario di 'Prevents-OH' per insegnare agli studenti come tacitare le opinioni 'politicamente scorrette' su piattaforme dei social media. Utilizzando la terminologia associata alla guerra e allo spionaggio, il programma di formazione della sovvenzione dell'Ohio istruisce i partecipanti a usare il "mestiere" per "infiltrarsi e sorvegliare" i gruppi conservatori, esattamente come confermato in una audizione drammatica alla Commissione Giustizia del Congresso lo scorso 19 maggio, da 4 testimoni ed ex agenti FBI. I partecipanti alla conferenza di Dayton imparano che i gruppi cristiani conservatori e i Repubblicani sono pericoli assimilabili al nazismo e perciò questi "agenti civili sotto copertura" devono assimilare le cinque fasi con cui gli "antifascisti" raccolgono informazioni, tra cui "Osservazione passiva, Partecipa e ascolta, Documenta, Archivia e mappa, Intelligence attiva e Incorpora".
    CREARE DOSSIER, OSSERVARE, MINARE, DISTRUGGERE
    Molti partecipanti al programma del DHS vengono addestrati a "creare dossier" e poi a "osservare, minare, distruggere e infiltrare" le organizzazioni. Il Comitato Nazionale Repubblicano, il Christian Broadcasting Network, la Heritage Foundation, Fox News e molti altri sono identificati come estremisti di "estrema destra" e collegati ai militanti nazisti nello stesso seminario, dipingendo un implicito bersaglio sulle organizzazioni. Il programma TVTP non è certo il primo tentativo del Presidente Joe Biden di usare mezzi illeciti e burocrazia statale contro gli avversari politici e coloro che si oppongono alle sue politiche pro-aborto e LGBTI. E' bene infatti ricordare che, oltre allo scandalo FBI contro i cattolici, Biden aveva tentato di istituire un 'Ministero della Verità' di ispirazione orwelliana (alias, il "Consiglio di governo della disinformazione"); Biden è riuscito in parte invece a finanziare il Global Disinformation Index (GDI) per screditare i media conservatori e ora l'ultima vergogna del DHS dell'amministrazione Biden che distribuisce milioni di dollari per colpire i conservatori ed educare allo spionaggio politico le giovani generazioni, mettendo anche i terroristi di Antifa in cattedra invece di metterli in galera.
    È ora che Mayorkas , capo del Dipartimento della Sicurezza Interna, e Wray, capo dell'FBI, se ne vadano con tutti i responsabili del comportamento criminale messo in campo in questi anni di Amministrazione Biden. Quel Biden che da un biennio si permette di dar pagelle di democraticità a capi di Stato e Governo ed invitarli alla sua iniziativa globalista per la democrazia, contemporaneamente nel suo paese si dedica alla persecuzione del dissenso politico, religioso e civile. Non ci possono essere più dubbi, tutti i documenti, le testimonianze e le indagini parlamentari e giornalistiche confermano che Biden ed i Dems hanno scambiato la democrazia Usa con i regimi e pratiche della Germania Est e della Corea del Nord.

    Trump torna alla carica per difendere la vita

    Trump torna alla carica per difendere la vita
    VIDEO: Il processo farsa a Trump e la guerra in Ucraina ➜ https://mazzoninews.com/2023/04/26/byoblu-il-processo-a-trump-un-tentativo-di-bloccare-la-corsa-alla-casa-bianca/

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7403

    TRUMP TORNA ALLA CARICA PER DIFENDERE LA VITA di Mauro Faverzani
    Trump lo ha già detto a chiare lettere: in caso di rielezione, difenderà di nuovo i principi pro-life. E già la volta scorsa, da Presidente, ha dimostrato come alle parole, lui, faccia seguire i fatti. Inaffidabile sul fronte Lgbt, il tycoon sul grande tema della vita rappresenta invece una garanzia e non concede sconti.
    Trump ha pubblicato un video, indirizzato ad un gruppo pro-family dell'Iowa, in cui promette di lottare di nuovo contro l'aborto: «Mi ergerò con orgoglio in difesa della vita innocente proprio come ho fatto per quattro anni, perché ogni bambino, nato e non nato, è un dono sacro di Dio», ha affermato, ricordando d'esser stato, tra l'altro, il primo e finora unico presidente americano ad aver partecipato all'imponente Marcia per la Vita di Washington. Non solo: ha bloccato i finanziamenti pubblici alle multinazionali dell'aborto; ha tutelato il principio di libertà religiosa nel caso delle Piccole Sorelle dei Poveri, oppostesi alla sottoscrizione di un'assicurazione sanitaria, che includesse trattamenti contraccettivi e abortivi; ha rivolto un forte monito alle Nazioni Unite, affinché nessuno osasse attaccare la sovranità delle nazioni impegnate nella tutela della vita. Indubbiamente un buon biglietto da visita, con cui presentarsi alle urne.
    A questo i Democratici - Biden in testa - hanno invece replicato, opponendovi ancora una volta una cultura di morte. In Illinois, ad esempio, dove l'aborto è purtroppo consentito fino al momento della nascita e viene ancora finanziato con soldi pubblici, puntano all'approvazione di una legge, che potrebbe costringere alla chiusura tutti i centri pro-life, minacciandoli con la promessa di pesanti sanzioni - fino a 50 mila euro - con le accuse di «disinformazione» o «pratiche ingannevoli». Essendo nella stragrande maggioranza enti no profit, che vivono di offerte, sono privi dei mezzi necessari per far fronte ad un'eventuale condanna di questa entità. Ciò priverebbe, di conseguenza, le madri ed i loro bimbi in grembo dei servizi basilari forniti, anche di quelli di natura economica, non indifferenti. Secondo un'indagine del Charlotte Lozier Institute, tali centri hanno infatti contribuito dal 2016 ad oggi a salvare dall'aborto più di 800 mila piccoli, hanno servito circa 2 milioni di donne, fornito oltre 730 mila test di gravidanza, effettuato quasi mezzo milione di ecografie, donato del tutto gratuitamente 1,3 milioni di pannolini e più di 2 milioni di corredi per neonati. Da notare come, nonostante ciò, più volte i centri pro-life siano stati oggetto di gravi atti vandalici, di incendi intimidatori, oltre a subire pesanti attacchi mediatici e a campagne diffamatorie. Il fatto che, secondo il Dipartimento della Salute dell'Illinois, nel solo 2021 siano stati effettuati ben 46.243 aborti indica l'importanza dei volontari per la vita, pronti ad accogliere le donne a vario titolo in difficoltà e le loro piccole creature.
    Il disegno di legge pro-choice, presentato dai Democratici, ha purtroppo già strappato il voto favorevole del Senato ed attende ora di essere esaminato dalla Commissione per la Salute della Camera.
    Buone notizie, invece, dal Nord-Dakota, dove il Senato, a maggioranza repubblicana, ha approvato una nuova legge, che vieta tutti gli aborti dopo la sesta settimana di gravidanza, anche in caso di stupro o di incesto. La norma, già ratificata dal governatore Doug Burgum, è divenuta immediatamente applicativa. I membri del Congresso non han fatto mistero di aver voluto così lanciare un messaggio alla magistratura, affinché tenga conto del volere dei cittadini, impegnati a limitare l'aborto e non certo ad incentivarlo.
    Sempre più evidenti emergono due aspetti nella vita politica statunitense: il primo è il fatto che l'aborto sia tornato ad essere un argomento al centro del dibattito istituzionale e addirittura un tema in chiave elettorale; il secondo è la divisione sempre più netta - pur con qualche eccezione - tra repubblicani pro-life e democratici pro-choice. Il voto per gli uni o per gli altri non decide più soltanto del futuro dell'America, bensì anche della vita di molti bimbi nel grembo delle loro madri.
    Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "I sospetti su Biden e la complicità dei media" parla del documento dell'Fbi che rivela gli scandali dell'attuale presidente Biden.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'8 maggio 2023:
    Stati Uniti, alla Camera del Congresso, la Commissione di supervisione ha emesso un mandato di comparizione per l'Fbi, riguardo un documento che riguarderebbe un caso di corruzione di Joe Biden, il presidente in carica. Non si tratta dunque di cosa da poco. Il presidente, ben prima della sua campagna elettorale del 2020, avrebbe partecipato ai guadagni, anche illeciti, di suo figlio Hunter Biden. Uno "schema criminale" che avrebbe comportato uno scambio "soldi in cambio di decisioni politiche" quando era vicepresidente nell'amministrazione Obama.
    L'esistenza di questo documento, su cui ora vuole indagare la Commissione congressuale, è stata rivelata da un "gola profonda", un informatore anonimo, una fonte interna all'Fbi. È già il secondo informatore anonimo che si fa avanti, con la Commissione a guida repubblicana, per rivelare qualcosa su Hunter Biden. Il primo informatore, in aprile, era una fonte interna all'Irs (l'agenzia delle entrate americana) ed aveva rivelato come l'agenzia non avesse voluto indagare sul figlio del futuro presidente per motivi politici. Adesso l'accusa di questo secondo informatore è ancora più pesante perché riguarderebbe lo stesso futuro presidente e il suo ruolo negli affari di famiglia in Paesi stranieri, quali Cina, Messico, Russia e Ucraina. Il documento che proverebbe come l'Fbi sappia di questi affari illeciti è il Fd-1023, un file creato nel giugno 2020 (in piena campagna elettorale presidenziale).
    Secondo queste rivelazioni, Biden avrebbe guadagnato dagli affari di famiglia e avrebbe fatto pressioni, in qualità di vicepresidente della prima potenza mondiale, perché questi affari andassero bene. Ad esempio, c'è il sospetto che, quando Hunter Biden era nel consiglio di amministrazione dell'azienda ucraina di gas Burisma, il padre abbia influenzato la politica energetica americana in modo da sostenere l'industria del gas naturale ucraino.
    Il primo impeachment a Trump, il famoso "Ukraine gate" è partito da una telefonata in cui l'allora presidente repubblicano chiedeva al neo-eletto omologo ucraino Volodymyr Zelensky di indagare proprio su Hunter Biden. Il sospetto (di Trump) era quello che Biden avesse ricattato l'Ucraina quando la magistratura di Kiev aveva iniziato a indagare su Hunter Biden: se avessero indagato su suo figlio, avrebbe sospeso gli aiuti militari. Ma a finire sotto impeachment è stato Trump. In un curioso caso di ribaltamento delle responsabilità, è Trump che è stato accusato di aver ricattato il governo ucraino, per aver chiesto se il vicepresidente del suo predecessore l'avesse ricattato.
    L'aspetto più curioso di tutta questa vicenda è l'atteggiamento dei media. I sospetti su Hunter Biden sono partiti da un caso mediatico: il ritrovamento di email compromettenti nel computer portatile, dimenticato da un tecnico dal figlio del futuro presidente. Il New York Post ha pubblicato uno scoop, un mese prima delle elezioni. La pagina del New York Post e quelle di tutti coloro che avevano rilanciato lo scoop (inclusa la Casa Bianca) sono state oscurate o sospese dai social network maggiori, soprattutto Twitter e Facebook. I Twitter files, svelati dal nuovo proprietario Elon Musk, confermano che si trattò di una scelta politica e deliberata. Solo un anno dopo, altri media, quali New York Times, Washington Post e Cbs, hanno confermato l'autenticità del contenuto di quel computer portatile del figlio dell'ormai presidente, troppo tardi per influenzare le elezioni, comunque.
    Adesso che sta emergendo un documento ufficiale dell'Fbi in cui si confermano questi sospetti e viene coinvolto direttamente il presidente, i media che fanno? Forniscono alla Casa Bianca gli argomenti per la difesa. Come riporta il New York Post, il primo ad aver scoperchiato questa pentola, il portavoce della Casa Bianca Ian Sams, «ha citato il resoconto di Politico secondo cui l'accusa "è destinata a scatenare una feroce reazione e scetticismo" e ha notato che la CNN l'ha definita un'"accusa non verificata". Sams avrebbe potuto notare che altri, in particolare il New York Times, non si sono degnati neppure di dare la notizia del mandato di comparizione». Lo stesso New York Post fa notare quanto diverso fosse l'atteggiamento ai tempi dello scandalo Watergate, quando occorse appena un anno, dall'inizio dell'indagine, per portare alle dimissioni del presidente in carica Richard Nixon.

    Licenziamento shock di Tucker Carlson da Fox News

    Licenziamento shock di Tucker Carlson da Fox News
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7401

    LICENZIAMENTO-SHOCK DI TUCKER CARLSON di Valerio Pece
    «Quando ero a Fox News, mi è stato detto di non usare la parola "Dio" in onda. Hanno contato quante volte ho disobbedito. Non so se il discorso di Tucker Carlson su Dio e la preghiera sia stata l'ultima goccia, ma ho la sensazione che abbia infastidito profondamente Rupert Murdoch». Le parole di Glenn Beck - commentatore politico, conduttore radiofonico e produttore televisivo - aiutano a far luce sul divorzio più rumoroso dell'anno, quello tra Fox News e il giornalista Tucker Carlson. A sei giorni dai fatti, senza che nessuno degli attori abbia pronunciato una parola ufficiale sul perché del licenziamento, si fa strada una pista scioccante: a innervosire il magnate Murdoch, padrone della Fox, sarebbe stato il discorso "religioso" tenuto da Carlson per il 50° anniversario della Heritage Foundation, importante think tank conservatore. Si è trattato di 34 minuti di fuoco, improntati sul concetto di bene e di male, un discorso in cui politica e teologia si sono fusi.
    Dopo aver tuonato, pur senza perdere il suo proverbiale humor, contro la «mentalità da gregge» in cui molti sono caduti durante l'era «George Floyd e Covid»; dopo aver detto che le persone comuni non sono ancora «abituate a obiettare contro le idee su cui sono in disaccordo», il popolare conduttore si è rammaricato di non aver pregato di più. Mettendo a nudo la sua attività di giornalista d'inchiesta ha confessato: «Dovremmo smetterla di impegnarci in questi dibattiti totalmente menzogneri [...], come se si potesse vincere solo raccogliendo più fatti. Ho provato e non funziona. Forse varrebbe la pena prenderci tutti solo 10 minuti al giorno per dire una preghiera per il futuro. Dico sul serio, spero che lo farete».
    Carlson spiega l'indispensabilità della preghiera nel contesto americano in un passaggio-chiave del suo discorso: «Se ci sono persone che dicono: "Ho un'idea, castriamo la prossima generazione, mutiliamo sessualmente i bambini", mi dispiace ma questo non è un dibattito politico, non ha niente a che fare con la politica [...]. Quando il segretario al Tesoro si alza e dice: "Sapete cosa potete fare per aiutare l'economia? Abortire". Beh, in realtà è come un principio azteco. Qual è lo scopo del sacrificio di bambini? Non c'è nessun obiettivo politico legato a questo. Semmai è qualcosa che ha a che fare con la teologia».
    CARLSON CITA LA LETTERA DI PAOLO AI GALATI
    Secondo il corrispondente di Vanity Fair America Gabriel Sherman, che ha ricevuto le confessioni di un interno della Fox Corporation vicinissimo a Murdoch, sono stati i toni paolini utilizzati da Carlson nella serata all'Heritage Foundation a mandare fuori di testa il magnate televisivo. Il conduttore, che ha scherzato sul suo essere episcopaliano («Mi rivolgo a voi dalla posizione teologica più umile e bassa possibile. Sono letteralmente un episcopaliano»), ha ripreso il quinto capitolo della lettera ai Galati, distinguendo i frutti della luce da quelli della carne. Per Carlson guardare al Governo federale come a quell'entità che «decide di perseguire la distruzione fine a se stessa» è «nient'altro che una visione ampiamente condivisa del bene e del male, non un'idea necessariamente cristiana».
    E il perché è presto detto: «Il bene è caratterizzato da ordine, calma, tranquillità, pace, dall'assenza di conflitto, purezza [...]. Il male è caratterizzato dai loro opposti: violenza, odio, disordine, divisione, disorganizzazione, impurità. Quindi, se sei d'accordo con chi realizza quest'ultimo tipo di risultati, ciò che davvero sostieni è il male». Insistendo infine sulla dimensione trascendente del problema, Carlson ha aggiunto: «Non sto certo appoggiando il Partito Repubblicano, non sto affatto facendo un discorso di parte. Sto solo notando ciò che è super ovvio [...] Siamo di fronte e manifestazioni di una forza più grande che agisce su di noi. È così lampante».
    LA GIOIA ISTERICA DELLA SINISTRA
    Non sorprende che dalle parti della sinistra woke si sia festeggiato con entusiasmo il licenziamento del più irriducibile dei nemici. Chiedendo l'aiuto del pubblico in studio, Ana Navarro (che insieme a Whoopi Goldberg conduttrice del salotto televisivo The View), si è lanciata in un'irridente quanto sguaiata versione di "Na Hey Hey Kiss Him Goodbye", vecchio successo degli Steam. Poco prima Sunny Hostin, ospite fissa dello stesso salotto, era arrivata a pronunciare queste parole: «Non credo che a nessuno piaccia celebrare la fine della carriera di qualcuno, ma lui è responsabile del degrado che vediamo in questo Paese». Neanche i politici di professione sono riusciti a mascherare la loro gioia. «Non stupisce che l'ineffabile Alexandra Ocasio-Cortez», scrive Bonifacio Castellane su La Verità, «abbia commesso l'ennesima gaffe dichiarando, nel Paese del Primo emendamento, come sia giusto e come ottenga ottimi risultati "il lavoro di boicottaggio" adottato nei confronti di un giornalista per il quale "non poteva succedere cosa migliore" che il suo licenziamento».
    La stampa italiana, per spiegare una delle defenestrazioni più strane e impopolari della storia della tv, si è rifugiata nelle tesi più ovvie e difendibili. Che però non reggono. La causa dell'improvviso divorzio lavorativo non sarebbe da rintracciare nell'affare Dominion Voting System e nella multa di 787,5 milioni di dollari che Fox News ha dovuto pagare all'azienda informatica a conclusione di un processo per diffamazione. Ci sono infatti molti giornalisti di Fox News che ben più di Carlson hanno cavalcato la tesi per cui la Dominion avrebbe truccato il voto delle elezioni presidenziali (favorendo Biden), si dà il caso però che questi siano tutti ancora saldamente al lavoro. Con il licenziamento non c'entrano nemmeno le rogne legali relative alle accuse di sessismo lanciate al conduttore dalla giornalista Abby Grossberg: giorni fa gli avvocati della donna hanno dovuto ammettere che Tucker Carlson non ha mai incontrato fisicamente la collega. Rimane dunque la pista della cristianofobia, che si avvale anche di un aneddoto molto significativo avvenuto ad aprile (e rimbalzato sul laicissimo Guardian).
    È sempre il corrispondente di Vanity Fair America (altro giornale non certo conservatore) a riportare ciò che gli avrebbe riferito la gola profonda di Fox Corp: «Rupert Murdoch era innervosito dal messianismo di Carlson perché richiamava la visione del mondo [...] della sua ex promessa sposa Ann Lesley Smith». Murdoch e Smith, di 30 anni più giovane e fervente evangelica, si sarebbero lasciati a un passo dalle nozze proprio per ragioni religiose. Quando, a fine marzo, il 92enne Murdoch aveva invitato Tucker Carlson a cena nella sua elegantissima tenuta di Bel Air, non aveva potuto fare a meno di notare come la sua fidanzata discutesse appassionatamente di spiritualità con il conduttore, tanto che, Bibbia alla mano, durante la cena Ann Lensley Smith aveva letto e commentato con Carlson alcuni passaggi del libro dell'Esodo.
    RECORD DI VISUALIZZAZIONI SU TWITTER
    «Rupert si è seduto e li ha fissati», ha rivelato la fonte a Sherman, tanto che «pochi giorni dopo la cena, Murdoch e Smith hanno annullato il matrimonio già fissato». Tutti i giornali italiani hanno dato la notizia (che oggi può essere letta come il vero motivo del licenziamento di Carlson); il Corriere della Sera, per esempio, in un articolo del 5 aprile a firma di Paolo Foschi, titolava: «Rupert Murdoch e Ann Lesley Smith, l'amore è già finito. Annullato il matrimonio: "C'entra la religione"». «Licenziando Carlson», ha concluso Gabriel Sherman, «Murdoch stava anche cancellando lo spettacolo preferito della sua ex».
    Intanto, con la sua prima dichiarazione dopo il suo allontanamento dalla rete, l'ex conduttore di Fox News ha già infranto un record: un suo video postato su Twitter, della durata di poco più di due minuti, ha raggiunto quasi 22 milioni di visualizzazioni. Cioè oltre 7 volte di più dei 3 milioni di spettatori che mediamente si sarebbero sintonizzati su "Tucker Carlson Tonight", lo spazio televisivo delle ore 20 dal quale il 53enne conduttore californiano è stato improvvisamente allontanato. Nel video - il cui enorme seguito sottolinea quanto il pubblico sia disposto a seguire le sue inchieste su qualsiasi piattaforma - Carlson si è concentrato sulle sue personali sensazioni «una volta usciti dal rumore per qualche giorno». Lanciando un guanto di sfida alla totalità dei mainstream media, il conduttore ha affermato che «i grandi temi, quelli che definiranno il nostro futuro, non vengono praticamente discussi [...], dibattiti del genere non sono ammessi dai media americani», tanto che «gli Stati Uniti improvvisamente somigliano molto a uno Stato a partito unico». Ma per il popolare conduttore tutto ciò non è destinato a durare: «Le nostre attuali ortodossie non dureranno [...], i responsabili lo sanno, per questo sono isterici e aggressivi. Hanno paura».

    Dividere in due l'America per evitare la guerra civile?

    Dividere in due l'America per evitare la guerra civile?
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7382

    DIVIDERE IN DUE L'AMERICA PER EVITARE LA GUERRA CIVILE? di John Horvat
    La deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene chiede un "divorzio nazionale" tra gli Stati rossi (a guida repubblicana) e quelli blu (a guida democratica) in dichiarazioni ripetute tre volte. Il suo appello per una "separazione amichevole" ha suscitato molte discussioni sul triste stato dell'unità nazionale.
    Sembra molto semplice. Esistono davvero differenze inconciliabili tra la sinistra e i conservatori su questioni come l'aborto procurato, il controllo delle armi, l'agenda LGBTQ+, l'immigrazione illegale e altre questioni scottanti. In effetti, gli americani non riescono a mettersi d'accordo nemmeno su stufe a gas, pronomi da impiegare e bagni separati. Piuttosto che impegnarsi in una guerra civile su chi ha ragione o torto, la deputata della Georgia suggerisce che gli Stati se ne vadano senza rancore.
    La deputata Greene, che ha divorziato di recente, insiste persino sul fatto che il divorzio non riguarda "la fine della nostra unione", che è ciò che fa qualsiasi divorzio. La sua retorica incendiaria non fa che aumentare la confusione. Da un lato, chiede una separazione che assomiglia a una secessione in tutto e per tutto. Dall'altro, sostiene che le parti separate possono cooperare su questioni più tecniche, a patto che ognuna incontri l'altra dalla propria parte della barricata rossa e blu.
    L'opzione della secessione è apparentemente popolare. Un sondaggio del 2021 di The Hill riporta un crescente sostegno alla secessione in tutti i gruppi partitici. Circa il 37% degli intervistati ha indicato una "volontà di secessione". Il 66% dei repubblicani del Sud è favorevole alla proposta.
    Il Centro per la Politica dell'Università della Virginia ha condotto un sondaggio simile nel 2021, riscontrando sentimenti di separazione sia a destra che a sinistra. Circa il 52% degli elettori di Trump e il 41% degli elettori di Biden nelle elezioni del 2020 hanno risposto di essere "in qualche modo d'accordo" quando è stato chiesto loro se è giunto il momento di dividere il Paese in due. Trovano che l'Unione sia sempre più insopportabile.
    Il rappresentante Taylor Greene si lamenta giustamente del fatto che molti americani sono "stanchi e stufi di essere maltrattati dalla sinistra, abusati dalla sinistra e non rispettati dalla sinistra". Tuttavia, un accordo nazionale sul divorzio non tiene conto di tre fattori importanti.
    LASCIARSI I PROBLEMI ALLE SPALLE
    Il primo fattore è che queste soluzioni non risolvono i problemi, ma cercano solo di sfuggirli. Inoltre, i problemi tendono solo ad accumularsi.
    L'editorialista David Brooks cita il filosofo George Santayana (1862-1952) per dire che "gli americani non risolvono i problemi, se li lasciano alle spalle. Se c'è un'idea che non gli piace, non si preoccupano di confutarla, parlano semplicemente di qualcos'altro e l'idea muore per disattenzione. Se una situazione li infastidisce, la lasciano nel passato".
    L'appello della deputata repubblicana Taylor Greene per un divorzio nazionale ha qualcosa a che fare con questo allontanamento dai problemi nella speranza che così scompaiano. È la promessa ottimistica di tutti i divorzi: nella prossima situazione o con il prossimo partner non ci saranno più problemi. Come in un lieto fine hollywoodiano, tutto andrà bene dall'altra parte della barricata.
    Raramente le cose vanno come nei film. Infatti, le forze implacabili che guidano la cultura da entrambi i lati della barricata non permettono più questa fuga. Se c’è un elemento che caratterizza la guerra culturale è l'ostinato rifiuto delle idee di morire o di essere lasciate nel passato. Queste forze culturali aggressive continueranno a esistere e ad agire indipendentemente dal luogo in cui si vive. Il risultato più probabile del divorzio nazionale sarà un successivo divorzio nazionale.
    Il secondo problema è l'inestricabilità. La semplice divisione dell'America in Stati rossi e blu non risolverà le differenze inconciliabili. I partigiani delle posizioni rosse e blu sono terribilmente mescolati. Mentre il Texas è passato in rosso-repubblicano alle ultime elezioni presidenziali, le sue principali città sono enormi enclave blu-democratico. L'esistenza di minoranze contrarie ma significative in tutti gli Stati continuerà a produrre ulteriori rotture su scala sempre più locale. Il divorzio potrebbe in seguito espandersi fino a comprendere contee rosse e blu che si separano dal loro Stato, città che si separano dalla loro contea, quartieri che si separano dalla loro città o persino famiglie che si separano dal loro quartiere.
    Come nella parabola evangelica del grano e della gramigna mescolati nel campo, le aree rosse e blu si trovano insieme ovunque. Un divorzio nazionale non risolverebbe la situazione delle macchie viola (risultanti della mescolanza rosso-blu) che popolano la mappa. Non seguire il saggio consiglio evangelico di Nostro Signore avrà come esito quello di sradicare tutto, portando l’insieme alla rovina.
    Questo divorzio potrebbe rappresentare non una scissione in due parti quasi uguali, ma una spaccatura dell'America in migliaia di frammenti indipendenti, dove ognuno si allontana e decide come vivere al di fuori dell'unione. Questa disunione indebolisce la sicurezza della nazione, rendendo l'America vulnerabile e invitando all'attacco i suoi nemici.
    AFFRONTARE LE CAUSE
    Tuttavia, il motivo più importante per cui la secessione non è la risposta, è che essa non affronta la causa morale di questa crisi. L'America è divisa perché ha adottato costumi immorali, permissivi e peccaminosi che hanno conseguenze distruttive ovunque.
    I secessionisti trattano queste dispute come se fossero semplici differenze di opinione. Alcuni pensano che sia giusto fare quello che vogliono, anche se questo distrugge la fibra morale della nazione e la rende un posto insopportabile in cui vivere. Altri scelgono di vivere una vita più ordinata che porti a una maggiore felicità personale.
    L'atteggiamento egoistico della secessione nega la dimensione morale della vita. Non si desidera ciò che è meglio per la nazione, ma solo ciò che facilita il proprio interesse personale. Non ci si preoccupa di aiutare gli americani che hanno preso la strada sbagliata. Anzi, il deputato Taylor Greene ritiene che la sinistra dovrebbe "vivere nella sua sporcizia che ha creato senza di noi, così potrà rendersi conto dell'errore della strada intrapresa".
    La soluzione consiste nell'esaminare le cause della decadenza che infetta entrambi i lati con intensità e velocità diverse. Dividere la nazione tra partigiani di due stadi in decadenza non servirà a nulla, poiché i processi di decadenza continueranno per tutti e non potranno che peggiorare con il tempo.
    Le cause della decadenza sono semplici e riconoscibili. Si trovano ovunque. Gli americani sono divisi e decadenti perché hanno perso la bussola morale che definisce il bene e il male. Le famiglie sono distrutte perché le passioni sfrenate hanno creato una società ipersessualizzata. Le persone non trovano un senso e uno scopo nella vita perché hanno perso la loro fede e hanno rifiutato la legge di Dio.
    La secessione non risolve nessuno di questi problemi. Accelererà soltanto i processi di decadenza morale e di distruzione nazionale. Solo l'ardua lotta per un ritorno a Dio e a un ordine morale fornirà a tutti gli americani la via d'uscita dalla crisi attuale.

    Trump a processo, vola nei sondaggi

    Trump a processo, vola nei sondaggi
    VIDEO: Trump e la fine della Prima Repubblica ➜ https://mazzoninews.com/2023/04/04/trump-e-la-fine-della-prima-repubblica-parte-1-mn-207/

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7368

    TRUMP A PROCESSO, VOLA NEI SONDAGGI di Stefano Magni
    Due martedì dopo il previsto, il 4 aprile l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump è comparso di fronte a un giudice, al tribunale di Manhattan, New York. Ha ascoltato i capi d'accusa, gli sono state prese le impronte. Non è stato arrestato, come si diceva, né sono state usate le manette. La sera stessa è tornato in Florida, alla sua residenza di Mar-a-Lago, dove ha tenuto il suo primo comizio da candidato incriminato. Si tratta, come si è detto più volte, del primo caso in cui un ex presidente, poi ancora candidato, viene posto sotto processo. Trump si è dichiarato innocente.
    In questo fine settimana si sono fatte diverse ipotesi sui 34 capi d'accusa. Una volta che questi sono stati letti all'imputato e pubblicati, non c'è stata alcuna sorpresa. Tutti riguardano il sospetto pagamento della pornostar Stormy Daniels e della modella Karen McDougal, effettuati dall'avvocato Michael Cohen, poi rimborsato dalla Trump Organization. La McDougal avrebbe ricevuto un pagamento indiretto da parte dell'editore del National Inquirer, alleato di Trump. Perché così tanti capi di accusa? Perché sono uno per ogni singola transazione sospetta. Ogni capo d'accusa recita: "con l'intento di frodare e di commettere un altro reato e di favorirne e occultarne la commissione, ha effettuato e fatto effettuare una falsa registrazione nei registri aziendali…" e segue la descrizione della posta contabile. Trump avrebbe camuffato il rimborso a Cohen come "spese legali".
    ACCUSA FRAGILE
    La falsa registrazione nei registri aziendali è un'infrazione, secondo la legge dello Stato di New York. Per diventare reato deve, appunto, esserci "l'intento di frodare e di commettere un altro reato e di favorirne e occultarne la commissione". L'altro reato sarebbe la frode elettorale, perché la Daniels e la McDougal sono state pagate per tacere, nell'ultimo mese della campagna elettorale presidenziale del 2016. Si presume, dunque, che, più che proteggere il matrimonio con Melania Trump, Donald abbia pensato di proteggere la sua reputazione di candidato alla guida degli Usa.
    Non essendoci sorprese, si conferma quanto sia fragile l'accusa. Perché non sono viene contestato un reato minore, ma per dimostrare che sia reato deve essere a sua volta dimostrata l'intenzione di commetterlo. L'ex presidente potrebbe essere condannato fino a quattro anni, visto che è la prima condanna la pena sarà ridotta.
    Se dal punto di vista giudiziario, il processo è poca cosa, politicamente parlando la giornata di ieri è stato un trionfo di immagine per Donald Trump. Il suo volo (con il Boeing privato) dalla Florida a New York è stato più seguito dai media rispetto ai suoi viaggi presidenziali. Ad attenderlo c'era un corteo di auto blindate dei servizi segreti: un ritorno, anche qui, ai tempi in cui era inquilino della Casa Bianca. Il corteo è giunto alla sede del tribunale, quando due ali di manifestanti stavano fronteggiandosi. Ad arringare la piazza per Trump, c'erano anche i deputati Marjorie Taylor Greene e George Santos. Dalla parte dei manifestanti contro Trump, donne vestite in nero con lo slogan "Noi crediamo a Stormy Daniels".
    SONDAGGI A GONFIE VELE PER TRUMP
    Può sembrare contro-intuitivo che una campagna elettorale guadagni da un'incriminazione. Ma finora con Trump ha funzionato così. La sua forza è nel dimostrare che sia in atto una persecuzione contro di lui. Il fatto che il procuratore distrettuale (la pubblica accusa) di Manhattan, Alvin Bragg, sia un democratico, un radicale, uno vicino a Black Lives Matter, dimostra la giustezza di questa narrazione. Lo dimostra il fatto che abbia voluto procedere all'incriminazione nonostante l'evidente debolezza del caso Daniels.
    Prima di questa incriminazione, i due tentativi di impeachment (caso unico nella storia dei presidenti), di cui uno iniziato dopo la fine del suo mandato (altro caso unico) sono andati a vuoto. Così come non ha portato a nulla l'indagine sul Russiagate, sulla sua presunta collusione con i servizi russi. Ogni causa, ogni indagine, ora anche ogni processo che non dimostri la colpevolezza di Trump, è una freccia in più nella sua faretra, una dimostrazione in più che è vittima.
    I sondaggi a un anno dalle elezioni lasciano il tempo che trovano, è vero. Ma se si votasse oggi, Trump prenderebbe quasi il 51% dei voti nelle primarie repubblicane, doppiando il suo potenziale avversario più forte, Ron DeSantis, secondo la media dei sondaggi di Real Clear Politics. In caso di vittoria alle primarie, in una sfida Trump-Biden, il candidato repubblicano batterebbe il presidente in carica di 3 punti. Quel che si nota maggiormente, in questi sondaggi, è che, dopo una flessione in gennaio, Trump riprende quota proprio dopo la notizia dell'incriminazione.

    Per l'ex attrice Jane Fonda i politici pro-life andrebbero uccisi

    Per l'ex attrice Jane Fonda i politici pro-life andrebbero uccisi
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7357

    PER L'EX ATTRICE JANE FONDA I POLITICI PRO-LIFE ANDREBBERO UCCISI
    Mentre per la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, i bambini non nati non sono ancora esseri umani
    di Mauro Faverzani
    Non è un mistero il sostegno dato da Hollywood all'aborto. Ed ora, dopo la decisione della Corte Suprema, che lo scorso anno negli Stati Uniti ha ribaltato la sentenza Roe vs. Wade, e dopo la conseguente decisione di molti Stati americani di ridurre drasticamente la facoltà d'uccidere bimbi in grembo, puntuale si è levata la voce di Jane Fonda, sempre sconcertante: l'irriducibile femminista filo-abortista ha dichiarato che i politici pro-life andrebbero «assassinati». Lo ha fatto nel corso del talk show «The View», spronata dalla conduttrice Joy Behar, che le ha chiesto cos'altro i pro-choice possano fare, oltre a marciare ed a protestare, per far sentire la propria voce: «Assassinare» è stata l'incredibile risposta di Jane Fonda, ribadita di fronte alla richiesta di ripetere quanto detto, giuntale da un'altra ospite della trasmissione, l'attrice Lely Tomlin. «Omicidio», ha ribadito. Poi la conduttrice ha "derubricato" il tutto, facendo passare l'assurda esternazione come una semplice battuta, un banalissimo scherzo, ma il triste siparietto non è stato per nulla gradito sui social, dove sono immediatamente piovute critiche e commenti assolutamente contrari. Secondo il conservatore Rogan O'Handley, ex-avvocato di Hollywood e commentatore, la dichiarazione di Jane Fonda, peraltro ripetuta per ben due volte, rappresenterebbe un «incitamento criminale alla violenza». La deputata Anna Paulina Luna, repubblicana, ha chiesto all'attrice ed alla trasmissione, che l'ha ospitata, una «pubblica ritrattazione». Dopo il clamore suscitato dalle sue parole, Jane Fonda, evidentemente fuori tempo massimo, ha rilasciato una dichiarazione a Fox News, avallando l'ipotesi dello «scherzo», davvero di pessimo gusto ed in ogni caso inaccettabile: «Il mio linguaggio del corpo ed il mio tono hanno reso chiaro come stessi usando un'iperbole». Evidentemente no, viste le numerose reazioni provocate.
    Chi decisamente, nel corso di un'altra trasmissione, il Late Show con Stephen Colbert, non è ricorso ad iperboli è stato il vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, democratica, che ha definito senza mezzi termini «disumane» e «irresponsabili» le leggi, mirate a limitare l'accesso all'aborto, precisando peraltro come, a suo giudizio, i bambini non nati non siano ancora esseri umani. Altro che fake news!
    Non da meno, nel solito concerto di voci unilaterali, ha voluto essere l'Onu, che, in occasione della riunione della Commissione sullo Status delle Donne, ha dichiarato di sposare «inclusività» e «diversità» per tutti, tranne che per le organizzazioni pro-life e pro-family, le cui prospettive sarebbero «dannose e discriminatorie»: ferocemente anticattoliche sono state pertanto le dichiarazioni emerse contro l'osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, mentre la Chiesa è stata accusata di voler «minacciare i diritti umani» per il fatto di non volere il sacerdozio femminile o di ritenere i sessi complementari. Violentemente criticati dal solito coro progressista i pochissimi eventi a favore della vita che l'Onu ha consentito di organizzare.
    Non poteva mancare in questo tristissimo coretto internazionale anche la voce della Commissione europea, che, certo, ha ribadito di non poter fare alcunché contro la condanna inflitta in Polonia a Justyna Wydrzynska, che tre anni fa ha aiutato un'altra donna ad abortire, dandole le proprie pillole. La Commissione ha precisato di non avere competenze in materia, spettando ai singoli Stati membri l'ambito legislativo in tema di aborto, però il portavoce della Commissione per la Giustizia europea, Christian Wigand, non si è esentato dall'assicurare comunque lo sforzo dell'Unione europea nel difendere i cosiddetti "diritti delle donne".
    Sconcerta e fa davvero riflettere la violenza non più solo verbale dei fautori dell'aborto, aggrappatisi alle proprie poltrone nelle sedi istituzionali, sempre più consci di non godere dello stesso consenso popolare riscosso negli anni della contestazione, nel Sessantotto e nell'immediato post-Sessantotto. Oggi tra la gente c'è meno ideologia e più ideale, meno slogan e più cuore, meno rivoluzione e più buon senso. Ed è questo a scatenare la virulenta reazione dei palazzi dorati, ove sono ormai rimaste arroccate le forze contrarie alla vita ed alla famiglia. Per questo la Buona Battaglia non si può fermare. Non ora. I fatti hanno dimostrato come l'aborto si possa eliminare. In tanti Paesi è già successo. Perché non qui?

    I vescovi Usa condannano le operazioni per il cambio di sesso

    I vescovi Usa condannano le operazioni per il cambio di sesso
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7359

    I VESCOVI USA CONDANNANO LE OPERAZIONI PER IL CAMBIO DI SESSO
    Nessun corpo è sbagliato perché la sessualità è un dato di natura (non una scelta dovuta al ''come ti senti'')

    di Fabrizio Cannone
    La Commissione dottrinale dell'Episcopato statunitense ha appena pubblicato una lunga dichiarazione a proposito dei "limiti morali della manipolazione tecnologica del corpo umano". Si tratta di un documento ben strutturato, di impianto teologico e filosofico, che confuta, alla radice, ogni possibile teoria del gender e tutte le conseguenze mediche, sociali e culturali.
    Un documento, però, che è fondamentale e importante anche per chi non è esperto di materie teologiche e anche per chi non è credente, perché getta un'importante luce - anche razionale e laica - sulla questione del gender e della riassegnazione di genere.
    Siamo convinti infatti che le argomentazione dei presuli hanno una portata umanistica che va ben al di là della fede che professano e si rivolgono, infondo, alla coscienza di ogni uomo di buona volontà.
    Per i vescovi, la "tecnologia moderna" applicata alla medicina, non è in sé censurabile. Anzi essa permette di "curare molte malattie", costituendo un vero "vantaggio per l'umanità" (n. 1).
    Esistono tuttavia dei rischi di cattivo uso che richiedono un "attendo discernimento morale". E tutti fin qui possiamo essere assolutamente d'accordo.

    L'ECOLOGIA UMANA
    Secondo il documento nel mondo esiste un "ordine naturale" da rispettare e, citando papa Francesco, si fa notare, che occorre fare attenzione per evitare possibili manipolazioni. Specie quando si tratta degli esseri umani. Questa è quella ecologia umana a cui gli ecologisti spesso danno scarso peso.
    L'uso della tecnologia deve essere guidato dal rispetto della realtà e non dal desiderio di onnipotenza. Secondo la Chiesa americana, esiste ovviamente "una distinzione tra l'anima e il corpo", ma è anche vero che "entrambi sono costitutivi" della persona.
    Già qui la teoria antiscientifica del gender è messa alle strette, poiché essa si fonda sull'autodeterminazione sessuale assoluta, ignorando completamente il linguaggio della corporeità. A questo proposito, i Vescovi fanno un'affermazione forte quando scrivono che, contrariamente alla vulgata, non esiste in natura un "corpo sbagliato" (n. 4).
    Ma se è vero che sia l'anima che il corpo concorrono alla costituzione della persona, è anche vero che la sessualità è un dato di natura, e non di scelta o di auto-percezione. Dice infatti la Nota che "l'essere uomo o l'essere donna è un aspetto fondamentale dell'esistenza" di ogni essere umano (n. 5).
    La sessualità quindi non è qualcosa di contingente e modificabile secondo le sensazioni soggettive. Per i teologi essa è "una componente fondamentale della personalità". Non può essere mutata o alterata in nome di filosofie queer o gender fluid, anche perché il sesso naturale non va ridotto a "puro e insignificante fatto biologico".
    Esso riguarda l'essenza della persona, non aspetti meramente esterni e chirurgicamente correggibili. "La persona umana, corpo e anima, uomo o donna, ha un ordine e una finalità fondamentali, la cui integrità deve essere rispettata" (n. 7).

    UNA STRADA PERICOLOSA
    Ma allora sono lecite o no le operazioni che correggono e mutano, in qualche modo, il corpo umano?
    Sì, ma in due casi ben definiti. Quando gli interventi "mirano a riparare un difetto del corpo" e quando "il sacrificio di una parte del corpo è necessario per il benessere dell'intero corpo" (n. 8). E' evidente che se è irragionevole tagliare una gamba sana a un paziente, è altrettanto irragionevole non tagliargliela se l'amputazione risulta necessaria alla vita del soggetto.
    Tutto ciò appare chiaro e assodato. Ben altra cosa, insegnano i presuli, sono quelle operazioni che "mirano a ridisegnare l'ordine fondamentale dell'essere umano" (n. 13). E qui ci si allontana dalla sfera del lecito, e si intraprende una strada pericolosa.
    Così, gli interventi che vogliono "cambiare le caratteristiche sessuali del corpo del paziente con quelle del sesso opposto" non sono legittimi. In tali casi si deve parlare di "tentativi di alterare l'ordine fondamentale e la finalità del corpo" (n. 16).
    Si pensi, solo per fare un esempio, al prospero mercato delle mastectomie, con cui ragazze e ragazzine, a volte ancora minorenni, richiedono ed ottengono l'asportazione del seno, per non sembrare ciò che sono: delle donne.
    Quindi, secondo l'autorevole voce della Chiesa d'America, gli interventi di riassegnazione sessuale e gli stessi bloccanti della pubertà, "non rispettano l'ordine fondamentale della persona umana" che è, e questo vale evidentemente non solo per i credenti, una "unità intrinseca di corpo e anima, con un corpo sessualmente differenziato" (n. 18).
    I medici cattolici quindi, ma anche tutti coloro che sono sensibili a queste ragionevoli argomentazioni, devono astenersi da queste operazioni chirurgiche (come dovrebbero farlo per l'aborto e l'eutanasia), anche mediante l'obiezione di coscienza, se fossero costretti dalle autorità sanitarie.
    "La tradizione ippocratica in medicina, concludono i Vescovi, chiede a tutti gli operatori sanitari innanzitutto di non nuocere". E l'idea che sia sufficiente (e legittimo) modificare l'apparenza corporea per cambiare sesso o genere è un inganno e un ottimo modo per nuocere ai nostri fratelli.

    Covid e vaccini: come la Casa Bianca imponeva la censura a Facebook

    Covid e vaccini: come la Casa Bianca imponeva la censura a Facebook
    VIDEO: Come nasce il totalitarismo ➜ www.youtube.com/watch?v=JVj7woYCpVY&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1Uxp

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7331

    COVID E VACCINI: COME LA CASA BIANCA IMPONEVA LA CENSURA A FACEBOOK
    Durante la campagna vaccinale, con toni estremamente duri, i funzionari imponevano di oscurare gli utenti non allineati (VIDEO: Come nasce il totalitarismo)
    di Stefano Magni
    Lo Stato americano del Missouri ha fatto causa a Joe Biden dallo scorso agosto. Scienziati come Jay Bhattacharya e Martin Kulldorff (firmatari della Great Barrington Declaration), l'associazione New Civil Liberties Alliance e altri si sono uniti alla causa. L'accusa è la violazione del Primo Emendamento (libertà di espressione) per aver imposto la censura su Facebook, Twitter, Instagram, YouTube e altri social network, per silenziare le voci critiche alla politica anti-pandemica governativa. Invocando la legge sulla libertà di informazione, il governo ha dovuto pubblicare le email che riguardano il caso. Si tratta di una documentazione che si aggiunge alla scoperta dei "Twitter Files" che, alla fine dell'anno scorso, hanno rivelato quanto l'informazione su Twitter fosse deliberatamente manipolata su impulso della Casa Bianca, del Partito Democratico, dell'Fbi e di altre agenzie del governo. Le email pubblicate durante il caso Missouri vs Biden, invece, scoprono un altro pezzo di verità: gli ordini impartiti ai social network, soprattutto a Facebook, da parte della Casa Bianca e del Centro per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (CDC) nel 2021, durante la campagna vaccinale.
    Due sono gli aspetti particolarmente impressionanti che emergono da questa nuova documentazione. Il primo è il tono, imperioso, ultimativo, a volte intimidatorio, dell'amministrazione americana quando si rivolge ad una compagnia privata, esigendo che si comporti come un organo di informazione governativo. Il secondo è nel contenuto del materiale censurato: non incitazione alla violenza o promozione di false cure (pericolose per la salute), bensì teorie contrarie alla linea del governo, anche se provenienti da fonti autorevoli.
    ELIMINARE I CONTENUTI CHE SCORAGGIANO LA VACCINAZIONE
    Robert Flaherty, direttore della Strategia Digitale della Casa Bianca, ha scritto una serie di email a Facebook esigendo (più che chiedendo) uno zelo maggiore nella lotta contro i "disinformatori". Ad esempio, il 14 marzo 2021, mandava una email con una minaccia implicita: «State nascondendo la palla» e allegato c'era un link a un articolo del Washington Post sulla ricerca condotta da Facebook sulla "diffusione di idee che contribuiscono all'esitazione da vaccino". Il dirigente del social network provava a difendersi: «Credo che ci sia un malinteso». «Non credo si tratti di un malinteso», incalzava Flaherty. «Siamo seriamente preoccupati che il vostro servizio sia uno dei principali fattori di esitazione nei confronti dei vaccini, punto e basta. (...) Vogliamo sapere che ci state provando, vogliamo sapere come possiamo aiutarvi e vogliamo sapere che non state facendo un gioco di prestigio». Facebook gli rispondeva il 21 marzo seguente con un elenco di decisioni prese per la "rimozione della disinformazione sul vaccino" e soprattutto: "riduzione della diffusione virale di contenuti che scoraggiano la vaccinazione che non contengono disinformazione perseguibile" (corsivo nostro).
    Questo è il vero salto di qualità: non è stata solo una lotta contro la disinformazione. È stata una lotta contro chi si è opposto alla linea ufficiale del governo, anche se non si trattava di disinformazione. L'obiettivo era incoraggiare la vaccinazione. Chi era contrario, anche con argomenti fondati, doveva essere almeno parzialmente oscurato.
    In un'altra email molto dura, del 9 aprile 2021, sempre Flaherty scrive a Facebook parlando anche dell'informazione sul voto: «Nel contesto elettorale, avete testato e messo in atto un cambiamento algoritmico che ha promosso notizie e informazioni di qualità sulle elezioni. (...) Lo avete fatto, però, solo dopo un'elezione in cui avete contribuito ad aumentare lo scetticismo e un'insurrezione che è stata organizzata, in gran parte, dalla vostra piattaforma. E poi l'avete spento di nuovo. Voglio delle garanzie, basate sui dati, che non farete la stessa cosa anche in questo caso». Quindi Facebook, un social non un editore, un privato non un servizio pubblico, viene apertamente accusato da un funzionario governativo di non essere stato abbastanza zelante nell'imporre la censura sui contenuti, sia per le elezioni presidenziali del 2020, sia per il Covid. Con buona pace del libero dibattito democratico.
    LA DISINFORMAZIONE PROGRAMMATA
    Pochi giorni dopo, il 14 aprile, lo stesso uomo della Casa Bianca si chiedeva come mai qualcosa fosse ancora sfuggito alle maglie della censura: «Il post più importante sui vaccini oggi» è Tucker Carlson «che dice che non funzionano: Voglio sapere come funziona la "riduzione"». Dal social network rispondono che stanno provvedendo: «Stiamo eseguendo ora questa operazione».
    Facebook non è stato l'unico contattato dalla Casa Bianca per fare il lavoro sporco della censura: email simili sono indirizzate anche a Google (proprietaria di YouTube) e Whatsapp (che è sempre di Meta, proprietaria di Facebook). Flaherty chiedeva infatti di "limitare la diffusione di contenuti virali" su Whatsapp: una app di messaggistica privata, da utente a utente.
    All'operazione di censura ha partecipato attivamente anche un organo tecnico quale il CDC, come risulta dalle email ottenute dalla rivista Reason. Il Centro era in contatto costante con Facebook e dava indicazioni su cosa fosse scientifico e cosa andasse invece censurato, o limitato nella diffusione. Dava una guida pratica su cosa poter dire, insomma. Fra le informazioni censurate, anche gli effetti avversi ai vaccini (compresi quelli raccontati per esperienza personale) e i consigli a non vaccinarsi per determinate categorie di persone, fra cui bambini e guariti.
    Per ironia della sorte, fra gli argomenti proibiti da non diffondere c'era anche l'ipotesi che il virus fosse uscito da un laboratorio cinese. Mentre Facebook e CDC si scambiavano email riguardo questa forma di "disinformazione", nel maggio 2021, la teoria è stata considerata definitivamente come "plausibile" sia da Fauci che dalla stessa Oms. La realtà si muove, la censura non sempre riesce a starle dietro.

    La "cancel culture" vuol limitare i poteri alla polizia per favorire i criminali

    La "cancel culture" vuol limitare i poteri alla polizia per favorire i criminali
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7333

    LA ''CANCEL CULTURE'' VUOL LIMITARE I POTERI ALLA POLIZIA PER FAVORIRE I CRIMINALI di Lorenza Formicola
    Il Washington Post ha registrato 8.166 sparatorie mortali della polizia dal 2015 ad oggi. La polizia negli Usa uccide, complessivamente, circa mille persone ogni anno: più di ogni altro Paese occidentale. Contesto criminale a parte - che negli Usa è molto più feroce che altrove -, il poliziotto americano ha un grilletto nettamente più facile rispetto a qualsiasi Stato europeo. Così come quando c'è da arrestare qualcuno, non si cavilla.
    Le varie teorie della cancellazione ritengono che il razzismo sia intrinseco a vita e cultura americane, perché la Costituzione è stata redatta da proprietari di schiavi. In particolare, però, sono i corpi di polizia ad essere accusati di razzismo sistemico, e negli ultimi tempi tale biasimo s'è convertito con conseguenze pesanti. Il movimento Black Lives Matter, coadiuvato dalla politica più progressista del Paese, ha proposto, in virtù di una brutalità che accomunerebbe tutti gli agenti, di tagliare i fondi (defund) alle forze di polizia a livello nazionale, e di diminuirne la presenza anche nei quartieri più violenti e a più alto tasso di criminalità delle città Usa.
    Il risultato è stato piuttosto immediato se si considera che l'offensiva, senza precedenti, per ridimensionare la polizia statunitense, è iniziata, concretamente, appena dopo il caso Floyd. Era la primavera del 2020, quando le manifestazioni raggiunsero persino l'Europa, ma le prime dimostrazioni plateali dei BLM risalgono almeno al 2013. Ne è passata di acqua sotto i ponti. E di finanziamenti per rendere la causa planetaria. Venne ribattezzata come la "resa dei conti razziale", e sposata come un dovere morale da assolvere il prima possibile per sollevare i destini dell'umanità: da De Blasio (New York) a Garcetti (Los Angeles) lo slogan fu adottato dai sindaci più famosi del Paese.
    200 AGENTI SI SONO DIMESSI
    È bastato poco perché New York City perdesse il 15% della sua forza, ovvero circa 5.300 ufficiali. Oltre 200 agenti si sono dimessi, o hanno preso un congedo, dal dipartimento di polizia di Minneapolis. Il dipartimento di polizia di Louisville, si è ridotto del 20% solo nel 2020. Secondo il Police Executive Research Forum (PERF), le dimissioni degli agenti sono aumentate del 18% nella prima metà del 2021, rispetto allo stesso periodo del 2020. I dipartimenti di polizia del Paese hanno registrato un aumento del 45% del tasso di pensionamento nell'anno che è appena concluso.
    A Memphis, nel Tennessee, pochi giorni fa, un afroamericano è morto dopo il pestaggio di cinque agenti. La notizia è stata battuta velocemente dalle agenzie e ha avuto poca eco, così come le manifestazioni di protesta - decisamente poca roba rispetto a quelle del caso Floyd: non per una violenza meno agghiacciante, bensì perché tutti e cinque gli agenti erano di colore, come la loro vittima e come il capo della polizia di Memphis. Il dipartimento di Memphis è composto da circa duemila agenti, e il 58 per cento di questi è afroamericano. "Black Lives Matter" - le vite dei neri contano - è finito in cortocircuito mediatico e politico, che, il New York Times, ammette, «complica il discorso su razza e polizia».
    «Nel corso del 2021 in tutta l'America la polizia ha sparato a 1054 individui, la maggioranza dei quali era bianca, armata e aggressiva. Sulle trentatré vittime disarmate colpite dalle pallottole degli agenti, otto erano bianchi e sei neri. Nello stesso anno più di diecimila omicidi sono stati commessi da Black, e la maggior parte delle vittime apparteneva al loro stesso gruppo etnico», scrive così Federico Rampini in America, viaggio alla riscoperta di un Paese.
    Gli agenti denunciano da mesi, ormai, un clima insostenibile, parteggiato da una certa copertura giornalistica che ha avallato, e incoraggiato, una sfiducia nelle forze dell'ordine considerate il male del Paese. «In particolare dopo l'incidente di George Floyd, c'è stato un cambiamento drammatico», ha affermato Phil Keith, ex direttore dell'Office of Community Oriented Policing Services, noto come COPS Office, che è gestito dal Dipartimento di Giustizia. «Siamo stati maltrattati da molti media nazionali».
    CI SONO GLI ABUSI, MA...
    Sono stati diversi i gravi abusi di cui si sono macchiati alcuni poliziotti, certo. Ma la copertura mediatica concentrata sulle violenze di singoli agenti ha portato a uno stravolgimento della realtà circa la percezione della polizia in generale. A Portland, Kristina Narayan, allora a capo dell'ufficio legislativo di Tina Kotek, presidente della Camera dell'Oregon e ora governatrice, è stata arrestata mentre partecipava a proteste contro la polizia durante le quali venivano lanciate bombe molotov contro i poliziotti, nel 2020. Maria Haberfeld, presidente del Dipartimento di giurisprudenza e Amministrazione della giustizia penale presso il John Jay College of Criminal Justice, ha avvertito che il "clima anti-polizia" nel paese potrebbe arrecare danni permanenti alla professione.
    Lo scorso anno, il dipartimento di polizia metropolitana di Washington DC ha registrato una diminuzione del 44% nel numero di domande per nuove reclute. L'esodo ha colpito grandi e piccoli reparti: alcuni hanno prolungato i turni fino a 12 ore, altri hanno deciso che ci saranno alcune chiamate di emergenza che gli agenti, semplicemente, non prenderanno. L'emorraggia è talmente veloce che chi recluta non riesce a tenere il ritmo. Seattle ha perso più di un quarto delle sue forze di polizia negli ultimi 2 anni e mezzo. Ad Oakland il numero di ufficiali è sceso al di sotto del minimo legale della città. A San Francisco il dipartimento di polizia ha visto 50 agenti, su una pattuglia di meno di 2.000, chiedere trasferimento per dipartimenti più piccoli.
    «Improvvisamente, tutti ci dicono come fare il nostro lavoro. Stanno dicendo che siamo di parte, razzisti, vogliamo solo ferire le comunità nere e asiatiche», ha detto il tenente Tracy McCray, capo nero, del sindacato di polizia di San Francisco. Chicago ha perso più poliziotti di quanti ne abbia avuti in due decenni. New Orleans sta colmando la sua carenza di ufficiali con civili. St. Louis, una delle città più pericolose d'America, ha perso così tanti poliziotti che il quartier generale della polizia è stato ribattezzato "Mount Exodus". A Minneapolis, dove è stato ucciso George Floyd, il consiglio comunale aveva pensato di azzerare i fondi per la polizia: hanno invertito la rotta appena i tassi di criminalità si sono fatti insostenibili.

    Biden scatena l'FBI contro i cattolici

    Biden scatena l'FBI contro i cattolici
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7321

    BIDEN SCATENA L'FBI CONTRO I CATTOLICI di Luca Volontè
    Un documento esplosivo di 8 pagine, datato 23 gennaio 2023, divulgato nella giornata di ieri dimostra che l'FBI, agli ordini del devoto Biden, sta indagando sui cattolici "tradizionalisti" e, per giustificarsi, usa i report diffamatori dell'organizzazione di estrema sinistra Southern Poverty Law Center e altri articoli giornalistici ostili al mondo e alla fede cattolica.
    Il documento è una sorta di informativa dell'intelligence per giustificare un rafforzato controllo di organizzazioni e personalità cattoliche. Kyle Seraphin, che ha lavorato per sei anni all'FBI di Richmond come agente speciale, prima di essere sospeso a tempo indeterminato senza stipendio nel giugno 2022, ha pubblicato il documento originale (con poche cancellazioni per il rispetto della privacy) sul sito UncoverDC.com nella serata di mercoledì 8 febbraio e ieri la notizia è stata ripresa in lungo e in largo da molte agenzie e siti di informazione, come LifeSitenews, Postmillenial.com, Yhaoo/news eccetera. Il documento reca la dicitura Unclassified / for Official Use Only e FBI Internal Use Only - Do not disseminate externally (ad uso interno e ufficiale, da non diffondere all'esterno).
    LA MOLE DI NARRATIVE ASSURDE, FALSE E INFONDATE
    Il testo dell'intero documento è inquietante perché, di fatto, considera i cattolici che ne seguono la dottrina, recitano le preghiere tradizionali (come il Rosario) e partecipano alle celebrazioni eucaristiche in latino come pericolosi possibili estremisti verso i quali l'FBI deve intensificare la sua "valutazione" e "mitigazione" nei prossimi 12-24 mesi, a causa delle presunte preoccupazioni che i "nazionalisti bianchi" associno la propria causa con quella dei partecipanti alla Messa in latino, come si legge nell'"informativa" dell' FBI. Tutti i cattolici critici del Concilio Vaticano II (o di alcune sue interpretazioni), di Papa Francesco, coloro che non promuovono l'immigrazione di massa, coloro che sono "anti-LGBTQ", che sono stati felici per la sentenza del giugno scorso che ha abolito il diritto federale all'aborto e quanti preferiscono la Messa tradizionale in latino, sono pericolosi e potenziali terroristi interni da monitorare.
    Ancora più sconcertante è la mole di assurde, false e infondate narrative pseudo giornalistiche, come accennato in precedenza, che si trovano a fondamento della suddetta "informativa" di controllo dei cattolici adottata dalla polizia federale. Infatti, l'FBI di Richmond non nasconde la provenienza delle informazioni sui "cattolici radicali-tradizionalisti": nelle note a piè di pagina dell'intero documento e nella nota prospettica di p. 11, si trovano il Rapporto del 2021 del famigerato Southern Poverty Law Center (SPLC), nel quale si erano identificati almeno nove gruppi d'odio della RTC che operano negli Stati Uniti. Oltre al documento di SPLC, il fondamento delle affermazioni che sono alla base dell'"informativa" anti-cattolica dell'FBI ci sono articoli della rivista di sinistra liberal The Atlantic - in particolare quello che abbiamo denunciato lo scorso 17 agosto su La Bussola nel quale si accusavano i fedeli che recitavano il Rosario di essere estremisti pericolosi ed il Rosario stesso era considerato un'arma impropria - e articoli reperiti dal sito della sinistra Dem antitrumpiana Salon.
    UNA POLIZIA DI STATO TOTALITARIO
    Sconcerta che l'FBI fondi la credibilità delle proprie linee guida senza tener conto nemmeno delle critiche suscitate dall'attività del SPLC e delle denunce legali di cui è stato oggetto dal 2018 per le menzogne promosse contro organizzazioni prestigiose ed autorevoli come ADF e Family Research Council e molte altre organizzazioni pro-life e pro-family. È chiaro che l'FBI non riesce a utilizzare fonti di informazione verificate e inoppugnabili, l'affidarsi esclusivamente a fonti come SPLC, The Atlantic e Salon dimostra che la polizia federale parte da una conclusione predeterminata per prendere di mira gli americani tradizionalmente conservatori, i cattolici amanti della dottrina del catechismo, delle preghiere tradizionali e delle Messe in latino per sottoporli a un "esame", ad un "controllo" ed a una possibile "persecuzione" indebita e degna di una polizia di Stato totalitario.
    Gli ascari di Biden minacciano la libertà di religione di coloro che non ne sostengono le politiche. Per questo l'FBI ha messo nel mirino la Chiesa cattolica, per sostenere una falsa narrativa sulla crescente minaccia del terrorismo interno religioso da parte di coloro che non condividono le le scelte dell'amministrazione Biden. Nel momento in cui scriviamo, i mass media americani non riportano alcuna presa di distanze né commento da parte dell'FBI federale al documento dell'Ufficio di Richmond. Non ne siamo stupiti: in pochi hanno percepito la corretta difesa equanime dei diritti dei cittadini americani che era stata promessa in audizione al Senato dal capo dell'FBI Christopher Wray lo scorso mese di agosto e ribadita in ottobre.
    Da ieri, giovedì 9 febbraio, è iniziata l'indagine parlamentare del Congresso, presieduta dal preparatissimo Jim Jordan che presiede la Commissione Giustizia e il Sottocomitato che dovrà investigare su ciò che i repubblicani chiamano weaponization (aggressione armata) del Governo federale contro pro-life, i centri per la vita, i fedeli cristiani ed i conservatori sottoposti a pressioni e minacce continue nell'ultimo anno. Il dossier predisposto dai repubblicani nel novembre scorso sugli abusi perpetrati da FBI e dal Dipartimento di Giustizia contro i conservatori e i cristiani nel Paese, trova nel documento interno dell'FBI di Richmond pubblicato mercoledì una inquietante conferma. [...]

    Assolto il volontario provita arrestato da agenti dell'FBI armati

    Assolto il volontario provita arrestato da agenti dell'FBI armati
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7311

    ASSOLTO IL VOLONTARIO PROVITA ARRESTATO DA AGENTI DELL'FBI ARMATI
    Rischiava 11 anni di carcere e 350.000 dollari di multa per aver pregato davanti a un centro per gli aborti: un processo assurdo, nato dalla persecuzione politica da parte dei Democratici
    di Ermes Dovico
    Alla fine, Mark Houck e la sua famiglia hanno potuto tirare un sospiro di sollievo, tra abbracci e pianti liberatori. Dopo cinque giorni di processo, che hanno fatto seguito all'incubo del raid mattutino di una ventina di agenti dell'Fbi che lo scorso 23 settembre avevano circondato e fatto irruzione a casa Houck, l'attivista pro vita di 48 anni - padre di sette figli - è stato giudicato non colpevole dalla giuria di una corte distrettuale della Pennsylvania. Su di lui pendeva una duplice accusa federale che gli poteva costare, in caso di condanna, fino a 11 anni di carcere e 350.000 dollari di multa.
    Un processo grottesco, nato da un paio di spintoni che Houck aveva dato - il 13 ottobre 2021 - a un accompagnatore di una clinica per aborti di Planned Parenthood a Filadelfia, l'oggi settantatreenne Bruce Love, dopo che quest'ultimo aveva ripetutamente provocato sia Houck che uno dei suoi figli, allora dodicenne, avvicinandosi in modo molesto al bambino e dicendogli parole offensive sul padre. In conseguenza di uno degli spintoni, avvenuti nello stesso giorno in due alterchi distinti, Love era caduto a terra, ricevendo poi assistenza medica ma senza riportare ferite gravi.
    LEGGE SULLA LIBERTÀ DI ACCESSO AGLI INGRESSI DELLE CLINICHE
    Il processo intentato a Houck è nato dalla strumentale decisione del Dipartimento di Giustizia (Doj) di considerare i suddetti alterchi alla stregua di violazioni della «Legge sulla libertà di accesso agli ingressi delle cliniche» (Face Act), secondo cui è un reato federale tentare di impedire con l'uso della forza l'accesso a una clinica per aborti o a un centro per la gravidanza. Houck, quel 13 ottobre di due anni fa, si era recato, come d'abitudine ogni mercoledì, nei pressi della clinica di Planned Parenthood per pregare ed eventualmente dialogare con le donne in cerca di consigli. I fatti relativi ai litigi avuti con Love erano già stati archiviati da una corte statale, ma poi - a distanza di diversi mesi - erano stati appunto ritirati fuori a livello federale, per decisione del Doj, dunque dell'Amministrazione Biden. Una decisione che era apparsa da subito politica, un abuso di potere. Come un abuso era stato lo stesso raid del settembre scorso, fatto ai danni di un'intera famiglia inerme, con bambini piccoli ad assistere alla scena di fucili puntati contro i propri genitori, e ciò nonostante lo stesso Mark Houck avesse già comunicato mesi prima la propria disponibilità a presentarsi volontariamente alle autorità nel caso in cui fossero state formalizzate le accuse contro di lui.
    Tanti gli argomenti presentati davanti alla giuria dalla difesa di Houck. I suoi avvocati hanno spiegato innanzitutto che Houck ha spinto Love solo per proteggere il figlio e si è sconvolto quando lo ha visto cadere a terra, non essendo questa la sua intenzione. Altro punto sottolineato dal team legale della Thomas More Society è che il Face Act non si può applicare agli accompagnatori delle donne che vanno ad abortire e dunque al caso di Houck. Ciò è avvalorato dal fatto che l'allora principale sponsor della legge, il senatore democratico Ted Kennedy, aveva dichiarato chiaramente che non possono intentare cause, sulla base del Face Act, «i manifestanti, i sostenitori della clinica, gli accompagnatori e altre persone non coinvolte nell'ottenere o fornire servizi nella struttura».
    Altro punto importante dimostrato dalla Thomas More Society è che perfino la direttrice della locale clinica di Planned Parenthood, Dayle Steinberg, ha detto che Love ha violato il manuale per gli accompagnatori della clinica per aborti, secondo cui questi non devono né interagire né tantomeno litigare con i manifestanti pro vita. E per questo motivo la stessa Steinberg, a seguito dell'incidente di ottobre 2021, aveva dato istruzioni per sospendere Love.
    "TUO PADRE È UNA PERSONA CATTIVA"
    La caduta a terra di quest'ultimo era avvenuta nell'ambito del secondo litigio. Dopo il primo scontro, come riporta Joe Bukuras della CNA, Houck ha detto che Love aveva lasciato la clinica, si era messo accanto al proprio figlio, iniziando a prendere in giro il genitore. Una versione confermata da Houck junior, che ha spiegato di essersi poi allontanato da Love «perché avevo paura». Tra le altre cose, l'oggi tredicenne ha testimoniato che Love gli avrebbe rivolto queste parole: «Tuo padre è una persona cattiva. Tuo padre molesta le donne». Inoltre, riporta Life Site News, le riprese video, come spiegato dalla difesa, mostrano che Love ha «essenzialmente mentito» in un'email mandata poco dopo l'incidente, in cui sosteneva di essere stato spinto da dietro, quando invece il filmato «mostra chiaramente che il signor Love si sta opponendo e affronta Mark faccia a faccia quando si verifica l'incidente».
    In sostanza, era evidente da subito l'assurdità del processo (United States v. Houck). Anche il giudice distrettuale Gerald Pappert, giovedì, al terzo giorno dal suo inizio, ha sollevato le sue perplessità sul fatto che il caso fosse stato portato in giudizio, chiedendo all'accusa se l'applicazione del Face Act non fosse «un po' forzata qui». Ma il Dipartimento di Giustizia ha continuato imperterrito, tentando fino all'ultimo di ottenere la condanna di Houck. Il quale a un certo punto, alle domande (provocatorie?) del procuratore Ashley Nicole Martin a proposito di presunte sue parole sugli accompagnatori delle donne che vanno ad abortire, ha negato le accuse. E ha affermato più volte di pregare per gli accompagnatori stessi.
    E la preghiera, specialmente il Rosario, ha accompagnato Houck e la sua famiglia durante tutto il processo. Tutto bene quel che finisce bene, dunque? Non completamente. Il raid e la causa giudiziaria rimangono inquietanti. La stessa giuria avrebbe dovuto decidere venerdì, ma poi aveva chiesto il rinvio a lunedì, emettendo appunto il verdetto solo ieri, perché prima si trovava in una situazione di stallo. Un giovane padre di sette figli ha quindi rischiato seriamente di essere condannato per un'accusa che non stava in piedi. Adesso è il tempo del sollievo e di ringraziare il Cielo. Ma il quadro generale che viene fuori dagli Stati Uniti parla di tenebre fin troppo diffuse.

    L'inizio della fine di Biden

    L'inizio della fine di Biden
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7275

    L'INIZIO DELLA FINE DI BIDEN di Valerio Pece
    Se i motivi per i quali il presidente Biden dovrà rispondere alla legge americana sono ormai noti (al termine della sua vicepresidenza non ha consegnato alcuni documenti riservati, che da allora, in uno stillicidio senza fine, continuano ad essere ritrovati nei posti più impensati), diventa ora interessante sapere se ci sia qualcuno che ha cospirato affinché tutto ciò avvenisse. Tucker Carlson, giornalista di punta dell'emittente Fox News, è convinto che ad architettare tutto sia stato proprio il Partito democratico, desideroso di sbarazzarsi di un presidente che ormai non solo non serve più alla causa ma che minaccia di volersi nuovamente candidare alle presidenziali del 2024.
    Giovedì sera, rivolgendosi a milioni di americani dal suo seguitissimo Tucker Carlson Tonight, in dodici corrosivi minuti l'anchorman ha snocciolato una tesi che sta facendo discutere molti. Ricordando in premessa l'improvviso siluramento del potente Andrew Cuomo, ex governatore di New York, altro uomo che «al partito democratico non serviva più», il primo elemento analizzato dal giornalista riguarda l'entourage del presidente Usa, che evidentemente non ha pensato nemmeno un attimo a disfarsi di documenti così ingombranti, tali da mettere il presidente Usa nelle condizioni di doversi difendere da reati penali.
    Così Carlson: «Gli stessi aiutanti di Joe Biden continuano a trovare pile di crimini che ha lasciato nel suo ufficio, nella sua macchina, e invece di gettare queste prove nel caminetto, come farebbero in circostanze normali, stanno inviando questi documenti al Dipartimento di Giustizia. Non è un buon segno». Per il giornalista tutto si sarebbe però dovuto svolgere in modo da salvaguardare le elezioni di medio termine di novembre («anche se Biden non è più gradito, è pur sempre un democratico»).
    GLI SCANDALI? RIGOROSAMENTE A ELEZIONI CONCLUSE
    Ecco allora spiegato il perché, se già il giorno 4 novembre 2022 (quattro giorni prima delle elezioni) il Dipartimento di Giustizia sapeva che Joe Biden aveva commesso quelli che per il codice penale non sono nulla di meno che crimini, nessuno ha informato i cittadini americani, molti dei quali avrebbero probabilmente votato diversamente. Nelle recenti elezioni di medio termine i democratici hanno infatti ottenuto risultati migliori del previsto, perdendo appena nove seggi alla Camera dei rappresentanti e guadagnando un seggio al Senato. Tucker Carlson, guardando dritto nella telecamera, lo ha ricordato agli americani nel suo stile icastico e tagliente: «Il 4 novembre mancavano quattro giorni alle cruciali elezioni di medio termine, quindi, naturalmente, il DOJ [Dipartimento di Giustizia, ndr] non ha rilasciato un comunicato stampa al riguardo. Non hanno inviato l'FBI a fare irruzione nella casa di Biden [...] e a rovistare nel cassetto della biancheria intima della dottoressa Jill. Ci mancherebbe. Biden può essere un pessimo presidente, ma è pur sempre un democratico. Non è arancione».
    L'anchorman ha poi aggiunto: «Quindi Merrick Garland, che [...] farà tutto ciò che il Partito Democratico gli richiede, ha tenuto segrete le notizie abbastanza a lungo da tenere gli altri Democratici fuori dalla zona dell'esplosione. Perché ferire tutti gli altri? Stanno solo cercando di ferire un ragazzo, è Joe Biden».
    DOCUMENTI SEGRETI ANCHE NEL CASSETTO DELLE MUTANDE?
    Si tratterebbe quindi di un'"esplosione" guidata, o, se si vuole, di una demolizione controllata, partita in sordina con i ritrovamenti di carte top secret in un ufficio privato del Presidente (il Penn Biden Center di Washington DC), e arrivata fino ai fatti di questi giorni, riguardanti nuovi documenti segreti ritrovati nel garage di casa Biden, a Wilmington, nel Delaware. Carte classificate come "riservate", accatastate dietro la sua Corvette verde scura, oggetto ormai di decine di meme satiriche. Tutto ciò senza contare che per un osservatore appena attento è difficile non notare il doppio standard che ha visto l'Fbi fare irruzione, in pieno agosto, nella residenza dell'ex presidente Donald Trump a Mar-a-Lago, in Florida, allo scopo di sequestrare documenti riservati (la notizia aveva portato Biden a definire Trump un «assoluto irresponsabile»).
    La differenza di trattamento, di fronte a un caso pressoché identico, ha fatto sobbalzare molti, repubblicani in primis («Mentre Biden mandava i suoi scagnozzi del Dipartimento di Giustizia a fare irruzione nella casa del presidente Trump, aveva documenti altamente riservati nel suo garage. In scatoloni accanto alla sua Corvette!! Oltraggioso!», queste le parole del repubblicano Ronny Jackson, membro della Camera dei Rappresentanti).
    C'è poi il tema delle parole in libertà e delle vere e proprie gaffe che il Presidente USA continua a inanellare da mesi. Dopo aver visto Biden dare la mano a persone inesistenti; balbettare paurosamente; sbagliare a leggere "il gobbo"; insultare i giornalisti pensando di avere il microfono spento; cadere dalla bici o dalle scalette dell'Air Force One; non riuscire a infilarsi una giacca, giovedì sera gli americani hanno assistito ad un ennesimo dialogo surreale del loro presidente. «Materiali riservati accanto alla sua Corvette? A cosa stava pensando?», ha chiesto Peter Doocy (altro giornalista di Fox News). «La mia Corvette è in un garage chiuso a chiave, ok? Quindi non è come se fossero stati lasciati per strada». Inutile dire che la risposta di Joe Biden, oltre a gettare nell'imbarazzo e nella preoccupazione gran parte dei cittadini americani, sta facendo il giro del mondo (l'ex sottosegretario al Tesoro Monica Crowley si è chiesta se il prossimo passo sarà sapere che Biden conserva «materiale riservato nel cassetto delle sue mutande»).
    I DEMOCRATICI VOGLIO SBARAZZARSI DI BIDEN
    Tucker Carlson afferma che se prima delle presidenziali Biden veniva spesso "protetto", tenendolo il più possibile lontano dai discorsi pubblici, oggi sarebbe invece evidente una sua maggior presenza sulle tv. Così il giornalista: «Il suo staff continua a metterlo in pubblico per parlare, cosa che, ovviamente, non può fare. Riesce a malapena a leggere una dichiarazione preparata. Si noti che non l'hanno fatto durante l'ultima campagna presidenziale nel 2020 perché sapevano che non sarebbe stato d'aiuto per prendere la Casa Bianca». Perché il suo entourage oggi lo farebbe esporre di più? L'anchorman ipotizza che i democratici vogliano farlo fuori politicamente per paura di una ricandidatura: «Subito dopo le elezioni di metà mandato di novembre, Joe Biden ha chiarito che non aveva intenzione di farsi da parte e far posto a Kamala Harris o Gavin Newsom o Michelle Obama».
    La nomina, da parte del procuratore generale Merrick Garland, di un nuovo Consigliere speciale che guiderà l'inchiesta (si tratta di Robert Hur, un «repubblicano dell'establishment») si prospetta come particolarmente pericolosa per il presidente Biden, non foss'altro perché - come va ripetendo all'unisono la stampa americana - ogni volta che nella recente storia americana questa figura è stata incaricata, le indagini si sono immediatamente allargate ad altre e inaspettate piste. Fu proprio con la nomina di un Consigliere speciale che su Bill Clinton, all'epoca indagato per altro, vennero a galla gli scandali sessuali con la stagista della Casa Bianca Monica Lewinsky. Per Joe Biden, a causa del suo presunto legame con gli ambigui traffici in terra ucraina del figlio Hunter (a sua volta al centro di un'altra indagine penale), c'è il rischio che accada la stessa cosa. Ad auspicare quella che Tucker Carlson è convinto sia «l'inizio della fine di Biden» non sarebbero dunque solo i conservatori.
    Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Valerio Pece, nell'articolo seguente pubblicato qualche mese fa dal titolo "Gli scheletri della famiglia Biden" parla dello scandalo che ha coinvolto il figlio di Biden e che è stato oscurato dai grandi media per evitare la sconfitta di Biden alle elezioni 2020 contro Donald Trump. Adesso la verità emerge chiara e forte, ma solo perché non può più determinare il vincitore delle elezioni.
    Ecco l'articolo completo pubblicato sul Sito del Timone il 2 aprile 2022:
    «Il complottismo è diventato il modo più logico per spiegare come va il mondo». È questa la cantilena su cui si appoggia un certo mainstream, ma è anche lo strumento ideologico con cui lo stesso mainstream si occupa (e si preoccupa) di dosare la qualità di informazione da lasciar arrivare all'opinione pubblica. I guai (e gli imbarazzi) nascono quando si scopre che certe notizie bollate come fake news, semplicemente non lo sono. Il caso delle scottanti e-mail trovate nel laptop di Hunter Biden (abbandonato in un'officina di riparazione nel Delaware nell'aprile 2019) è lì a dimostrarlo. Un pc che può diventare un vaso di Pandora: una tesi complottista, irrisa dai più, che si è rivelata vera, e che oggi tiene sotto scacco il rapporto USA-Russia. Con l'Europa che goffamente rimane a guardare.
    Bene, con un fatale ritardo di un anno e mezzo, prima il

    Al posto dell'abortista Nancy Pelosi, Kevin McCarthy è il nuovo speaker della Camera

    Al posto dell'abortista Nancy Pelosi, Kevin McCarthy è il nuovo speaker della Camera
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7270

    AL POSTO DELL'ABORTISTA NANCY PELOSI, KEVIN MCCARTHY E' IL NUOVO SPEAKER DELLA CAMERA di Luca Volontè
    Il repubblicano Kevin McCarthy, deputato della California e candidato del partito alla guida della Camera dei rappresentanti, dove i Repubblicani hanno una maggioranza di 222 voti contro i 212 dei Democratici, è stato finalmente eletto alla 15a votazione nella prima mattinata di sabato, dopo aver dovuto fronteggiare e accordarsi con un gruppo di una ventina di oppositori del suo stesso partito. Un Partito Repubblicano diviso sulla propria leadership in vista delle elezioni del 2024, sul controllo dell'Amministrazione Biden, ma non sull'impegno di riportare trasparenza nella politica e difendere, pur con qualche importante crepa, i propri valori fondamentali: libertà, sussidiarietà, libero mercato, stato minimo, vita e famiglia.
    Dal 1923 non era stata necessaria più di una votazione per l'elezione del presidente della Camera, ma lo stesso McCarthy, nel suo primo intervento come 55° speaker, ha ricordato che le riunioni e intese che hanno portato alla sua elezione sono state un "bene per il popolo americano", promettendo all'opposizione dei Democratici un confronto su una visione diversa di futuro per gli Stati Uniti. McCarthy aveva ottenuto poco più di 200 voti nei primi scrutini, ben al di sotto del numero minimo necessario per assicurarsi la presidenza. Già nel pomeriggio di venerdì, dopo lunghe conversazioni dietro le quinte con i Repubblicani che gli si opponevano, vedi il Freedom Caucus, McCarthy aveva visto aumentare il suo numero di voti a 215 al 14° scrutinio, superando finalmente i 212 voti totali di Hakeem Jeffries, il capogruppo dei Democratici. Venerdì, 15 Repubblicani avevano cambiato il loro voto a favore di McCarthy. [...] Infine, dopo una serie di telefonate - anche di Donal Trump - indirizzate ai dissidenti Repubblicani, McCarthy ha prevalso sabato al 15° scrutinio con 216 voti, con sei repubblicani [...] che invece hanno votato "presente", un voto che non è entrato nel conteggio finale e ha abbassato il quorum necessario per l'elezione.
    UNA NUOVA DIREZIONE
    Kevin McCarthy è un convinto pro life ed è stato sostenuto da Trump nella sua candidatura. La ventina di membri del Freedom Caucus, dileggiati dalla stampa internazionale per essere conservatori irriducibili, non erano contrari a McCarthy per antipatie personali, volevano solo l'impegno del nuovo presidente della Camera per un maggior controllo e più selettive votazioni sulle proposte di spesa multimiliardarie di Biden e dei Dem, una progressiva riduzione del debito pubblico, una maggiore presenza dei membri del Caucus nella Commissione del regolamento e un aumento dei poteri di controllo dei singoli deputati sulla presidenza (la mozione di sfiducia contro il presidente della Camera potrà esser presentata da ogni singolo deputato Repubblicano).
    Le critiche rivolte ai Repubblicani da parte di Biden e della stampa liberal europea sono state feroci, le accuse di incompetenza, divisione e impreparazione si sono ripetute per tutta la settimana ma i dibattiti franchi che si sono tenuti nella Camera dei Rappresentanti sono parte essenziale di quel processo che si chiama democrazia. Il presidente della Heritage Foundation, Kevin Roberts, si è congratulato con i membri del Congresso dopo il voto dicendo che "è un momento storico per il nostro Paese. A novembre gli elettori americani hanno dato un mandato per una leadership conservatrice (...). C'è molto lavoro da fare e l'Heritage non vede l'ora di lavorare con il 118° Congresso per affrontare le questioni più urgenti per gli americani di oggi". La presidente di SBA Pro-Life America, Marjorie Dannenfelser, ha dichiarato la sua soddisfazione per l'elezione di McCarthy e la sua disponibilità a lavorare sin da subito con il nuovo presidente e i tantissimi deputati Repubblicani pro vita. "Ci congratuliamo con il presidente McCarthy e accogliamo con favore una nuova direzione alla Camera dopo quattro anni di controllo democratico e pro-aborto, guidato da Nancy Pelosi". "Non vediamo l'ora di lavorare (...) per portare avanti una legislazione federale che protegga i bambini non nati e le loro madri dall'orrore dell'aborto", ha aggiunto Dannenfelser.
    CONTRO IL FINANZIAMENTO DELL'ABORTO
    Tra le principali proposte di legge che i Repubblicani della Camera presenteranno ci sono quelle contro il finanziamento dell'aborto da parte dei contribuenti e quella per proteggere i bambini che sopravvivono agli aborti, che la "cattolica devota" Nancy Pelosi ha rifiutato di far votare per un'ottantina di volte durante la sua presidenza. Proprio l'impegno di McCarthy per difendere la vita nascente e la maternità non è mai stato messo in dubbio, basterebbe dare uno sguardo al sito dello speaker della Camera, per rendersi conto di quanto potranno migliorare le politiche pro life e il rispetto per sussidiarietà e libertà (anche fiscale) di cittadini e Stati in America. Rimane tuttavia, per lui e Steve Scalise, la responsabilità di non aver indirizzato i colleghi di partito a votare contro il deleterio disegno di legge dei Dem, poi approvato, sulle "nozze gay". L'elezione dello stesso Scalise come capogruppo di maggioranza, noto per il suo impegno a favore della vita (100% di voti pro life), rappresenta comunque una garanzia di cambiamento. Si aprono i lavori della 118a sessione del Congresso, finalmente c'è speranza per una svolta pro life.
    Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Usa, nuovo maccartismo: investigare sugli investigatori" spiega cosa accadrà adesso al Congresso USA a cominciare dalla nomina della commissione per indagare anche sull'Fbi.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 gennaio 2023:
    Nel Congresso eletto nel voto di metà mandato dello scorso novembre, avanza un nuovo "maccartismo": investigare sugli investigatori. Mentre il vecchio maccartismo, quello degli anni '50, dava la caccia alle "streghe" (leggasi: ai comunisti) in ogni ambiente della società, il nuovo rovescerà la prospettiva e darà la caccia ai "federali", per impedire loro che scatenino una nuova caccia alle streghe (stavolta: ai conservatori). Kevin McCarthy, il deputato californiano eletto dai Repubblicani alla presidenza della Camera, dopo 14 votazioni andate a vuoto, ha promesso di costituire una nuova sottocommissione della Giustizia ad hoc per indagare sulla politicizzazione del Dipartimento di Giustizia, del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale e dell'Fbi.
    Kevin McCarthy ha dovuto concedere questo ed altro nel pacchetto di regole concordate con i suoi oppositori interni, riuniti soprattutto al Freedom Caucus, il gruppo di Repubblicani formato soprattutto da libertari e conservatori, fra i più fedeli a Donald Trump nella nuova legislatura. Le quattordici votazioni andate a vuoto hanno rafforzato enormemente la loro posizione: hanno fatto sentire il loro peso a McCarthy, facendogli toccare con mano che senza di loro non potrà più comandare. La prima delle concessioni, non a caso, ripristina la regola per cui anche un solo deputato può presentare una mozione di sfiducia nei confronti del presidente della Camera. Il nocciolo delle regole concordate per ottenere il voto dei dissidenti riguarda la spesa pubblica, con norme più rigide per l'innalzamento del tetto del debito (che dovrà essere approvato con voto separato), lo spacchettamento delle leggi omnibus e un preavviso di 72 ore per poterle studiare prima di iniziare il dibattito alla Camera, più un accordo separato con cui McCarthy si impegna a non alzare la spesa pubblica al di sopra dei livelli del 2022.
    Ma il piatto forte riguarda, appunto, la risposta repubblicana alla Commissione sui fatti del 6 gennaio: una nuova sottocommissione che indagherà sulla politicizzazione delle agenzie che amministrano la giustizia e l'ordine pubblico. La divulgazione dei Twitter Files ha rivelato (a chi ha voluto o potuto leggerli, visto il silenzio dei grandi media) quanto le agenzie federali, soprattutto l'Fbi, abbiano interferito nel funzionamento dell'informazione, "collaborando" strettamente con i vertici dei grandi social network, per imporre censure a singoli utenti, per manipolare, per soffocare la diffusione di certe notizie, d'accordo con il governo. Non solo: il nuovo organismo potrà esaminare anche le indagini su Donald Trump ancora in corso.
    Una prima bozza conferiva alla nuova sottocommissione meno poteri e un raggio d'azione più limitato: avrebbe potuto lavorare solo su Fbi, Dipartimento di Giustizia e Dipartimento di Sicurezza Nazionale, ma non prevedeva anche l'accesso alle indagini penali in corso. Il deputato Chip Roy del Texas, uno dei primi oppositori di McCarthy (poi negoziatore chiave per i suoi avversari più irriducibili) ha dichiarato a Fox News che l'attuale presidente è stato eletto ottenendo, in cambio degli ultimi voti necessari, le maggiori modifiche della proposta: "Così abbiamo ottenuto più risorse, più potere per indagare su questa recalcitrante amministrazione Biden". Il budget è stato innalzato ai livelli di quello della Commissione sui fatti del 6 gennaio.

    Emerge dagli archivi di Twitter la verità sulla censura a Trump

    Emerge dagli archivi di Twitter la verità sulla censura a Trump
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7253

    EMERGE DAGLI ARCHIVI DI TWITTER LA VERITA' SULLA CENSURA A TRUMP di Stefano Magni
    Anche questa settimana, dagli archivi di Twitter emergono scottanti pezzi di verità, fatti storici recenti che ora è possibile ricostruire fino al dettaglio. Come aveva promesso, il nuovo proprietario del social network, Elon Musk, dopo aver riammesso Donald Trump (che comunque non intende tornare a usare Twitter), ha anche svelato i segreti su come e perché fosse stato bandito nel 2021.
    Con un'azione di censura senza precedenti, dopo l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, un capo di Stato ancora in carica era stato rimosso da un social network a diffusione mondiale. La questione era stata subito presa seriamente dal mondo politico. Macron, che pure era stato sempre un rivale politico del suo omologo americano, aveva protestato affermando che non dovesse spettare a un soggetto privato la censura di un capo di Stato eletto dal popolo. La stessa preoccupazione era stata espressa da Angela Merkel. Ma Twitter si era difesa affermando che Trump avesse violato le regole della comunità, dunque non dovesse essere trattato diversamente da altri utenti colpevoli di violazioni gravi quali l'istigazione alla violenza (come l'assalto al Campidoglio). Ma ora apprendiamo, da quel che scrivevano gli stessi dipendenti e vertici dell'azienda di San Francisco, che Trump venne escluso senza che avesse violato né la legge, né le stesse regole della comunità. È stato chiuso il suo account, in modo permanente (finché non c'è stato il cambio di proprietà) per motivi puramente politici.
    E d'altra parte il sospetto veniva. Come era possibile che su Twitter ci fosse ancora l'ayatollah Khamenei, che pure nel 2018 aveva definito Israele "un tumore da estirpare"? E perché c'era ancora Mohamed Mahatir, primo ministro malese che nel 2020 aveva twittato sul "diritto a uccidere milioni di francesi, per le loro colpe del passato" (era appena stato decapitato il professor Samuel Paty, accusato di aver mostrato le vignette su Maometto)? Sono tanti i casi in cui Twitter ha seguito la politica dell'interesse pubblico: quel che un capo di Stato o di governo dice, è di interesse pubblico, anche se il tweet incriminato può essere rimosso, l'utente resta. In tanti momenti del quadriennio trumpiano, Twitter aveva resistito alle numerose richieste di cacciare Trump dal social network per questa stessa ragione.
    LA DECISIONE DI ESPELLERE TRUMP
    Il problema ancora peggiore è che, dalle conversazioni (scritte) interne alla sede del social network, apprendiamo che la decisione di espellere Trump in modo permanente non sia stata solo presa, per motivi politici, all'interno dell'azienda, ma che sia frutto di una serie di pressioni politiche esterne e persino delle agenzie di pubblica sicurezza americane, quali Fbi e Intelligence Nazionale. Quindi un pezzo di Stato, d'accordo con una parte politica (il Partito Democratico), hanno fatto pressione su uno dei più grandi social network del mondo perché censurasse Donald Trump.
    La storia completa, in tre parti, di come Trump sia stato cacciato dal social network è stata narrata, in tre puntate, nel corso della settimana scorsa, da tre giornalisti di inchiesta: Matt Taibbi (autore della prima infornata di Twitter Files), Michael Shellenberger e Bari Weiss, ex editorialista del New York Times che ha lasciato il grande giornale perché mobbizzata da una redazione ormai radicalizzata verso l'estrema sinistra. Incredibile a credersi, ma la decisione non venne presa all'improvviso dopo i fatti del 6 gennaio 2021, ma meditata a lungo, per tutti i mesi delle elezioni, a partire dall'ottobre precedente. È dall'8 ottobre 2020, infatti, che si inizia a parlare di colloqui con l'Fbi e con l'Intelligence Nazionale per combattere contro la disinformazione nel corso delle elezioni. I dipartimenti dediti alla sicurezza all'interno di Twitter iniziano da allora una attività frenetica di revisione, di segnalazione e di oscuramento di tweet sul voto postale già in corso. Ad esempio: «In questo caso, l'Fbi invia segnalazioni su un paio di tweet, il secondo dei quali coinvolge un ex consigliere della contea di Tippecanoe, Indiana, e repubblicano di nome @JohnBasham, che sostiene che "tra il 2% e il 25% dei voti per posta vengono rifiutati per errori"». Dopo un piccolo dibattito interno: «Il gruppo decide poi di applicare l'etichetta "Impara come il voto è sicuro e protetto" perché un commentatore dice che "è assolutamente normale avere un tasso di errore del 2%". [Yoel, ndr] Roth dà poi il via libera definitivo al processo avviato dall'Fbi». Casualmente o meno, tutte le segnalazioni riguardano messaggi scritti da repubblicani.
    L'ASSALTO AL CAMPIDOGLIO
    Il pressing inizia comunque dopo l'assalto al Campidoglio. A questo punto Twitter è sottoposto ad una pressione politica e "militare" (dall'esterno), così come ad una sollevazione interna dei dipendenti che chiedono di cacciare immediatamente Trump. E domandano anche ai vertici come abbiano fatto a tenerlo e a "rendersi complici" con un presidente ancora in carica, negli ultimi quattro anni. L'ex first lady Michelle Obama è una delle figure più in vista che chiedono il ban permanente. Trecento dipendenti firmano una lettera aperta contro la permanenza di Trump su Twitter pubblicata sul Washington Post. Nelle conversazioni interne l'atmosfera è ancor più incandescente: si cita Hannah Arendt e la Banalità del Male (continuare a pubblicare Trump come eseguire gli ordini superiori dei nazisti), si equipara Trump ad un leader terrorista o ad uno stragista.
    Nel frattempo le regole erano già cambiate ad hoc: «Jack [Dorsey, l'allora ad di Twitter, ndr] ha appena approvato la recidiva per integrità civica". Il nuovo approccio creerebbe un sistema in cui cinque violazioni ("strike") comporterebbero la sospensione permanente». Ma non basta neanche quello. Arrivato all'8 gennaio, due giorni dopo l'assalto al Campidoglio, Trump non ha ancora totalizzato cinque violazioni, nemmeno secondo le regole di Twitter. Gliene manca una, e l'8 gennaio lancia due messaggi. Nel primo ringrazia i 75 milioni di "patrioti" che lo hanno votato, nel secondo annuncia che non parteciperà all'inaugurazione dell'amministrazione Biden. Nasce un dibattito surreale: ha lanciato un messaggio in codice per gli assalitori del Campidoglio? No, nemmeno secondo il team disciplinare di Twitter i due messaggi sono in violazione. Ma il caso viene, arbitrariamente, riaperto da una dirigente, Vijaya Gadde. Scrive Bari Weiss: «Meno di 90 minuti dopo che i dipendenti di Twitter avevano stabilito che i tweet di Trump non violavano la politica di Twitter, Vijaya Gadde - responsabile del settore legale, politico e fiduciario di Twitter - ha chiesto se si potesse trattare di un "incitamento codificato a ulteriori violenze"». La richiesta incontra l'entusiasmo di tutto il team che già avrebbe voluto cacciare Trump da anni ed ora ha l'opportunità di farlo.

    Biden esulta per la legge sul matrimonio gay

    Biden esulta per la legge sul matrimonio gay
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7235

    BIDEN ESULTA PER LA LEGGE SUL MATRIMONIO GAY di Ermes Dovico
    A maggior sfregio del Creatore il voto finale sul cosiddetto Respect for Marriage Act (Rma), che codifica le "nozze gay" a livello di legge federale, è arrivato nella solennità dell'Immacolata. Dopo l'approvazione al Senato a fine novembre, la Camera si è espressa con 258 voti a favore e 169 contrari: tra i favorevoli, anche 39 Repubblicani che hanno votato insieme a tutti gli attuali rappresentanti dei Democratici (219). Tra i membri del Grand Old Party ad aver votato con i Dem, spiccano i nomi di Elise Stefanik, presidente della Conferenza Repubblicana alla Camera (gruppo dirigenziale del Gop), e di Tom Emmer, il prossimo whip, ossia il politico responsabile della disciplina all'interno di un partito, che deve indirizzare i voti dei colleghi in base ai programmi concordati.
    L'Rma abroga il Defense of Marriage Act del 1996, che riconosceva il matrimonio esclusivamente quale un'unione tra un uomo e una donna e consentiva ai singoli Stati federati di rifiutarsi di riconoscere eventuali "nozze gay" approvate in un altro Stato. Ora le cose sono invece capovolte. Sebbene agli Stati federati non sia richiesto dall'Rma di consentire alle coppie dello stesso sesso di "sposarsi", con la nuova legge sopraggiungono comunque gravi imposizioni: ogni Stato degli USA sarà infatti tenuto a riconoscere qualunque «matrimonio tra due individui» contratto negli altri Stati federati, senza distinzione di «sesso, razza, etnia od origine nazionale». Il testo, oltre a permettere i "matrimoni" tra persone dello stesso sesso, è abbastanza vago da aprire le porte anche al riconoscimento legale di unioni incestuose o con bambini.

    ESULTA NANCY PELOSI
    Come abbiamo già scritto sulla Bussola, l'approvazione dell'Rma rende vano ogni eventuale ribaltamento della sentenza Obergefell vs Hodges (2015), che aveva imposto il riconoscimento del "matrimonio omosessuale" in tutti gli Stati Uniti. I Dem avevano proposto il testo lo scorso luglio, qualche giorno dopo la cancellazione della Roe vs Wade da parte della Corte Suprema, oggi a maggioranza conservatrice. All'inizio sembrava dovesse essere una semplice tattica preelettorale, ma poi l'inaspettato appoggio ottenuto da più del 20% dei Repubblicani (47 voti) nella prima lettura del disegno di legge alla Camera, dove i Dem avevano comunque i numeri da soli, ha convinto Biden e compagni di poter vincere la partita, sfruttando le divisioni interne al Gop, anche al Senato. Come di fatto è avvenuto superando, con qualche emendamento-compromesso e la decisiva complicità di 12 Repubblicani, lo scoglio della soglia anti-ostruzionismo nella camera alta del Congresso. A quel punto l'approvazione definitiva del testo appariva scontata. E così, per l'appunto, è stato.
    Pochi minuti prima del voto finale, la speaker della Camera, Nancy Pelosi, cattolica, già interdetta da mons. Salvatore Cordileone a ricevere l'Eucaristia per il suo sostegno all'aborto, ha parlato di «storico passo avanti» e usato più volte il termine «divinità» per appoggiare la retorica perniciosa del love is love. E subito dopo il voto è stato il presidente Joe Biden a rilasciare una dichiarazione per celebrare l'Rma.
    Sono rimasti inascoltati i ripetuti interventi della Conferenza episcopale statunitense per evitare questa ulteriore deriva legislativa. In una lettera del 23 novembre al Congresso, i vescovi avevano tra l'altro spiegato: «La nostra opposizione all'Rma in nessun modo tollera alcuna ostilità nei confronti di chiunque abbia esperienza di un'attrazione verso lo stesso sesso», precisava la lettera nel solco del Catechismo (cfr. CCC 2358). E aggiungeva: «L'insegnamento cattolico sul matrimonio è inseparabile dall'insegnamento cattolico sull'inerente dignità e valore di ogni essere umano. Attaccare l'uno è attaccare l'altro. Il Congresso deve avere il coraggio di difendere entrambi [gli insegnamenti]». Un coraggio che però non c'è stato.

    LE PERSECUZIONI AUMENTERANNO
    Oltre al danno in sé del riconoscimento normativo di ciò che matrimonio - per legge morale naturale - non è (l'unione tra persone dello stesso sesso), il Respect for Marriage Act accresce i pericoli per la libertà religiosa. I Democratici hanno bloccato un emendamento che era stato presentato alla Camera dal Repubblicano Chip Roy e che mirava a offrire una tutela più specifica alle persone che credono nel matrimonio secondo natura. Il medesimo emendamento godeva del supporto dei vescovi ed era stato già presentato, invano, anche al Senato da un altro membro del Gop, Mike Lee. La modifica proposta esplicitava innanzitutto, a livello generale, che il governo federale non dovesse intraprendere «nessuna azione discriminatoria» nei confronti delle persone che credono che il matrimonio sia solo tra uomo e donna; e poi affrontava la questione per ambiti più specifici e suscettibili di penalizzazioni per i pro-famiglia. Ma i Dem non ne hanno voluto sapere, fatto che accresce la responsabilità dei Repubblicani che, nonostante tutto, hanno votato con loro, ignorando gli appelli dei leader delle varie confessioni cristiane e dei gruppi pro-family.
    Ricordiamo che l'Rma prevede che chiunque si senta «danneggiato da una violazione» possa avviare un'azione civile contro presunti trasgressori. Ai sensi della nuova legge, anche il Dipartimento di Giustizia e i procuratori generali possono intentare cause civili contro chi non riconosce un matrimonio «tra due individui» già dichiarato legale in un altro Stato federato. È quindi prevedibile che per le chiese, le agenzie di adozione, i funzionari amministrativi, le persone di fede, le istituzioni culturali e i professionisti di ogni tipo che abbiano a che fare con matrimoni (il caso del pasticciere Jack Phillips è solo la punta dell'iceberg) le persecuzioni aumenteranno.

    Addio Nancy Pelosi: è la fine di un'epoca

    Addio Nancy Pelosi: è la fine di un'epoca
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7226

    ADDIO NANCY PELOSI: E' LA FINE DI UN'EPOCA di John Horvat
    Dopo le recenti elezioni, la Presidente della Camera dei Rappresentanti americana Nancy Pelosi ha annunciato la sua uscita da ogni ufficio di leadership con un drammatico addio il 17 novembre. L'effetto di questo annuncio è limitato. Fino a quando il Congresso “anatra-zoppa” non si concluderà, la signora Pelosi continuerà a guidare la carica per danneggiare il più possibile la causa conservatrice e promuoverà l'agenda di sinistra nuovamente quando tornerà al Congresso come deputata ordinaria in rappresentanza di San Francisco.
    Tuttavia, un'epoca è finita. L'ottantaduenne deputata ha trascorso 20 lunghi anni in posizioni di leadership del Partito nella Camera, otto dei quali come speaker (ndr. cioè presidente). Questa valutazione di Nancy non vuole essere un attacco personale. Si concentra sull'immenso danno che ha inflitto ai valori morali del Paese e ricorda il suo esplicito sostegno alla Critical Race Theory, all'ideologia LGBTQ+, all'aborto procurato, al femminismo e ad altre cause del genere.

    GIOIA E SOLLIEVO
    Il primo sentimento che si prova è di legittima gioia e sollievo. Non potrà promuovere più ogni causa di sinistra dal suo alto ufficio. Non sarà più la celebrità "cattolica" che si fa beffe dell'insegnamento e della dottrina della Chiesa. Ci vorrà tempo per trovare un sostituto con la sua statura ed esperienza.
    Il movimento pro-vita dovrebbe in particolare rallegrarsi di questo cambiamento. L'oratrice dal pugno di ferro, madre di sei figli, ha promosso l'aborto procurato in tutte le fasi della gravidanza con lo zelo di una fanatica. Inoltre, ha esercitato il suo potere su tutti i democratici della Camera affinché seguissero la linea del partito. Sotto il suo regime, il "cane blu" democratico (di tendenza conservatrice) si è estinto e il partito è divenuto un unico immenso blocco a favore del continuo massacro degli innocenti.
    Anche i cattolici dovrebbero rallegrarsi. È un atto di carità desiderare che qualcuno non pratichi più il male. È stato angosciante vedere Nancy descriversi come una cattolica praticante, eppure causare un enorme scandalo guidando la promozione di una legislazione contraria a ciò che la Chiesa insegna. È stato demoralizzante vedere alti rappresentanti della Chiesa rifiutarsi di richiamarla e sanzionarla per le sue azioni malvagie. Con la sua uscita dalla leadership, questo danno sarà diminuito, anche se non eliminato.

    UN MODO SFACCIATO DI ESERCITARE IL POTERE
    La sua passione per governi elefantiaci e la spesa pubblica non l'hanno resa simpatica ai conservatori fiscali che si sono uniti ai festeggiamenti. Ignorando le ricadute economiche, ha fatto approvare al Congresso massicce proposte di legge di spesa che hanno alimentato l'inflazione, mentre si occupava nominalmente di infrastrutture, di aiuti COVID e di questioni sanitarie, portando il debito nazionale a livelli astronomici sotto il suo martelletto.
    Il suo modo sfacciato di esercitare il potere e la sua teatralità riflettevano la tanto lamentata mancanza di civiltà dell'America. Anche in questo caso, non si tratta di un attacco personale, ma di un commento sul suo stile di governo. Chi non ricorda la mancanza di rispetto dimostrata il 4 febbraio 2020, quando strappò il testo del discorso sullo Stato dell'Unione del Presidente Trump stando dietro di lui? Queste sceneggiate non sono un modello, perché tutti dovrebbero rispettare l'autorità, indipendentemente dal fatto che si sia d'accordo o meno con il titolare dell'ufficio.
    Molti ricorderanno i suoi commenti durante le rivolte del movimento Black Lives Matter (con saccheggi e incendi in molte città americane) di quell'estate, che sembravano incoraggiare la violenza e disautorizzare la polizia. Il suo atteggiamento conflittuale privilegiava la teatralità, la grancassa mediatica e l'accondiscendenza ai rivoltosi. Anche se denigrava la guerra culturale, si schierava sempre dalla parte di coloro che attaccavano la morale tradizionale. I suoi modi spicci non mostravano alcuna simpatia o sentimentalismo per coloro che erano in contrasto con il suo programma.

    UNA DETERMINAZIONE QUASI AMMIREVOLE
    Se fosse stata indirizzata nella giusta direzione, la sua determinazione sarebbe stata ammirevole. Ha definito degli obiettivi e ha mostrato la forza di volontà di perseguirli. Non temeva le controversie e sapeva come affrontare l'opposizione, anche all'interno del suo partito. Ha pianificato a lungo termine le sue battaglie con perseveranza e lungimiranza.
    Tuttavia, a cosa servono queste qualità quando vengono impiegate per promuovere le cause di sinistra? La sua determinazione divenne il flagello dei movimenti pro-vita e pro-famiglia che lottavano duramente per difendere la moralità. La sua tenacia è arrivata a rappresentare la volontà ostinata di distruggere reazioni e tradizioni sane. Magari ci fosse qualcuno a destra con la determinazione di difendere tutto ciò che lei ha contribuito a distruggere con tanta tenacia!
    Ogni movimento politico ha bisogno di figure simboliche per stimolare la base. La signora Pelosi aveva la capacità unica di simboleggiare la piattaforma del suo partito con la sua sola figura. Era il prototipo giacobino che personificava la sinistra e galvanizzava la destra. La forza radicale della sua presenza ha definito lo spettro politico e ha spostato tutti verso sinistra.
    Alcuni potrebbero trarre conforto dal fatto che il suo lungo mandato indica la scarsità di figure simili anche a sinistra. Mentre lei lascia la leadership, pochi democratici sotto i 60 anni hanno la forza e la personalità per svolgere questo ruolo vitale.
    Addio Nancy Pelosi! Coloro che si trovano dall'altra parte dello spettro politico, culturale e religioso non si lamenteranno della tua partenza. È vero che desiderano fortemente la tua conversione e pregano per questo. Si rammaricano per lo scandalo che hai causato, ma non ti fanno alcun attacco personale. Invece, loro - e milioni di americani nascituri innocenti che non hanno mai visto la luce - testimoniano davanti al trono di Dio tutto ciò che hai fatto contro di Lui e la Sua Legge divina.