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    Trump ci riprova e si candida per il 2024

    Trump ci riprova e si candida per il 2024
    VIDEO: Trump ci riprova➜ https://mazzoninews.com/2022/11/20/trump-ci-riprova-mn-192/

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7218

    TRUMP CI RIPROVA E SI CANDIDA PER IL 2024 di Roberto Mazzoni
    Il 15 novembre 2022 Donald Trump ha ufficialmente annunciato la propria candidatura alla presidenza degli Stati Uniti. Nel suo lungo discorso di presentazione, tenuto nella sua residenza di Mar-a-Lago, Trump ha promesso di riportare prosperità e gloria negli Stati Uniti, ha ipotizzato che la Cina abbia avuto un ruolo importante nel manipolare le elezioni del 2020, ha criticato i ritardi e le procedure alterate delle elezioni del 2022, che tuttavia hanno comunque portato alla vittoria 222 dei candidati da lui appoggiati e allo sconfitta di solo 22 tra questi, oltre che alla riconquista della Camera dei Deputati.
    Il senato è stato perso di stretto margine anche in ragione del risultato molto contestato nelle elezioni in Nevada e Arizona, dove i candidati la lui appoggiati, Adam Laxalt e Blake Masters, entrambi etichettati come "election deniers" vale a dire critici dei risultati elettorali del 2020.
    Trump ha detto che la sua candidatura non è di natura politica, perché i problemi dell'America non possono più essere risolti dalla politica, ma serve un movimento di natura popolare. Il lavoro non può essere svolto da una sola persona, ma servono decine di milioni di persone.

    IL PROGRAMMA ELETTORALE DI TRUMP
    Trump ha proposto una piattaforma elettorale con i seguenti punti:
    - Ripristinare la sicurezza del confine con il Messico e bloccare il flusso di immigrati illegali.
    - Bloccare il flusso di droghe e traffico di esseri umani dai cartelli messicani con pena di morte per gli spacciatori ciascuno dei quali, negli Stati Uniti, determina la morte di almeno 500 persone nel corso della sua vita, senza contare il dolore inflitto alle rispettive famiglie. Trump ha citato l'esempio della Cina che giustizia gli spacciatori il giorno stesso che li arresta, per poi mandare il fentanol negli Stati Uniti.
    - Riduzione del flusso di criminalità in alcune città degli Stati Uniti e smantellare le bande criminali.
    - Eliminazione della Critical Race Theory e della "follia Gender" dalle scuole.
    - Non permetterà agli uomini di partecipare negli sport femminili.
    - Ripristinerà la centralità della famiglia e difenderà i diritti dei genitori nei confronti dei propri figli.
    - Proporrà una modifica alle leggi per imporre limiti al tempo durante il quale i membri del Congresso possono restare in carica, per impedire loro di partecipare ad attività di lobbying per tutta la vita e per impedire l'uso dei soldi raccolti con le tasse per il finanziamento di campagne elettorali.
    - Chiederà la proibizione che i membri del Congresso possano investire in borsa guadagnando così da attività di insider trading.
    - Chiederà che i membri del Congresso, una volta usciti dal Parlamento o dal Senato, non possano mai partecipare ad attività di lobbying.
    - Vuole riportare fiducia nel sistema elettorale americano chiedendo l'uso di documenti di identità per poter votare, voto in un solo giorno e l'uso esclusivo di schede elettorali di carta. Tutti i voti devono essere contati entro la sera del giorno delle elezioni. Ha citato l'esempio della Francia dove hanno votato 35 milioni di persone e la questione si è risolta in un solo giorno. Ha detto giustamente che le elezioni negli Stati Uniti sono peggio di quelle che si tengono in paesi del Terzo Mondo. Ha garantito che farà in modo che questo particolare obiettivo sia raggiunto perché costituisce un obiettivo molto personale.
    - Abolirà tutti gli obblighi vaccinali imposti da Biden e ripristinerà la posizione dei militari che sono stati allontanati perché non volevano vaccinarsi, con rimborso dello stipendio perso nel frattempo.
    - Manterrà l'America al di fuori di stupide guerre ed eviterà lo scatenarsi di una terza guerra mondiale, verso cui invece Joe Biden sembra diretto, come ha fatto per i quattro anni in cui è stato presidente.
    - Farà costruire un sistema di difesa dagli attacchi missilistici che sia in grado di bloccare i missili supersonici di Russia e Cina che oggi non possono essere fermati.

    PROSPETTIVE FUTURE
    Le minacce più importanti per gli Stati Uniti non vengono tuttavia dall'esterno, ma dall'interno con l'uso del sistema giudiziario, dell'FBI e del Ministero della Giustizia come arma contro i cittadini dissidenti, e ripulire la corruzione rampante all'interno della città di Washington.
    Trump ha citato il fatto che l'FBI ha offerto 1 miliardo di dollari a Christopher Steele, l'autore del dossier falso su Trump e la Russia, per testimoniare che il dossier era vero e Steele si è rifiutato, a dimostrazione di quanto fosse falso il dossier stesso.
    L'ex presidente ha parlato del raid condotto dall'FBI sulla sua casa di Mar-a-Lago che è risultato in una bolla di sapone, visto che dopo che le elezioni di medio termine si sono concluse, l'FBI ha dichiarato che la documentazione prelevata a casa di Trump non conteneva nulla di importante.
    Trump dice che gli saranno contro le forze combinate dell'establishment, dei media, dei lobbisti, dei globalisti, dei marxisti radicali della sinistra, dalle corporazioni woke, dai poteri deviati del governo federale, dalle colossali macchine politiche, dalla marea di denaro sporco, dal sistema di censura interbo più pericoloso che sia mai esistito nella storia dell'Uomo.
    Lui e i suoi alleati verranno attaccati, perseguitati, calunniati, come è già capitato a lui, ma non si lasceranno intimidire e alla fine vinceranno e l'America rinascerà.

    Il vero vincitore delle elezioni Usa di midterm è Ron Desantis, governatore della Florida

    Il vero vincitore delle elezioni Usa di midterm è Ron Desantis, governatore della Florida
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7210

    IL VERO VINCITORE DELLE ELEZIONI USA DI MIDTERM E' RON DESANTIS, GOVERNATORE DELLA FLORIDA di Federica Di Vito
    Il governatore repubblicano Ron DeSantis ha battuto il democratico Charlie Crist per un milione e mezzo di voti, quindici punti di distacco, 57 a 42 per cento, vincendo così un secondo mandato in Florida. Il margine di vittoria di DeSantis è il più grande nella corsa al governatore della Florida dal 1982. «Grazie al sostegno schiacciante del popolo della Florida, non solo abbiamo vinto le elezioni, ma abbiamo riscritto la mappa politica», ha dichiarato. E scopriremo presto se si candiderà alle presidenziali del 2024. Che sia un segnale di allarme per i democratici? Sembrerebbe che lo spostamento dei voti ispanici verso i conservatori, come avevamo raccontato tramite alcuni sondaggi, sia un dato reale.
    «44 anni, sposato, tre figli, laurea a Yale e Harvard, antiabortista, omofobo, promotore della legge "Don't Say Gay" con cui si vieta nelle scuole pubbliche, dall'asilo all'elementare, di affrontare il tema sull'identità sessuale. Tra i suoi grandi avversari c'è la Disney, che aveva preso le distanze dalla sua politica di discriminazione verso gay e lesbiche», così viene descritto da Repubblica. Noi ne avevamo già parlato e siamo di tutt'altro avviso, ovviamente. E sembra valere lo stesso anche per i suoi elettori, che lo hanno elogiato inoltre per la sua gestione della pandemia, durante la quale le imprese hanno riaperto e i bambini sono tornati nelle aule prima che in altri Stati.
    «Ha tenuto aperto il nostro Stato. Ha riportato i bambini a scuola», queste le parole di un elettore sul New York Times. «Abbiamo scelto i fatti rispetto alla paura, abbiamo scelto l'istruzione rispetto all'indottrinamento», ha dichiarato DeSantis promuovendo la sua gestione del Covid e l'incessante difesa dei diritti dei genitori, «dopo quattro anni, il popolo ha emesso il suo verdetto: la libertà è qui per rimanere».
    Ha tutelato i diritti dei genitori e dei bambini, opponendosi all'ideologia woke, la sua amministrazione è stata l'unica a rifiutare la sperimentazione dei vaccini sui bambini al di sotto dei 5 anni, ha firmato a marzo un disegno di legge che vieta le discussioni sulla sessualità e sull'identità di genere nelle scuole della Florida, e quando la Walt Disney si è opposta alla legge, DeSantis ha revocato lo status di «distretto speciale indipendente» del gigante Disney che gli concedeva un'autonomia legale unica sulla terra contenente il suo parco a tema Walt Disney World nello Stato del Sunshine.
    Si è battuto per vietare la confusione di genere negli sport femminili e maschili, ha represso gli spettacoli drag queen per bambini e, notizia fresca del 4 novembre, il Florida Board of Medicine e lo State Board of Osteopathic Medicine hanno votato 6-3 per vietare ai medici di prescrivere bloccanti e ormoni della pubertà o di eseguire interventi chirurgici fino a quando un paziente non abbia compiuto 18 anni. Ad eccezione dei bambini che stanno già ricevendo il trattamento. La seconda vittoria di DeSantis poi fa ben sperare anche il mondo pro life, visto il divieto della maggior parte degli aborti dopo le 15 settimane di gravidanza. Così lo descriviamo noi e così ha meritato la vittoria

    Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Usa: i Repubblicani non stravincono, ma i Democratici non capiscono di aver perso" spiega nel dettaglio perché i Democratici non possono cantar vittoria.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'11 novembre 2022:
    Per Joe Biden, i Democratici hanno passato una "buona nottata". In una conferenza stampa, con lo spoglio ancora in corso, ieri sera ha dichiarato una "vittoria morale" del suo partito, pur ammettendo la sconfitta di "alcuni" candidati. Si tratta di un classico esempio di rimozione della realtà, perché la "vittoria morale" di ieri non c'è stata, si tratta a tutti gli effetti di una sconfitta, anche se non clamorosa come molti sondaggi prevedevano. Al momento in cui questo pezzo va online lo spoglio non è finito, né per la Camera né per il Senato, ma i Repubblicani sono quasi certi di conquistare la maggioranza alla Camera e hanno almeno un pareggio al Senato. [...]
    Ma i Democratici, invece di cantare una "vittoria morale", tirando un respiro di sollievo perché si attendevano una sconfitta peggiore, farebbero meglio a riflettere su alcuni aspetti.
    Il primo è quello della perdita di consensi nei loro classici bacini elettorali: donne, giovani, afro-americani e latino-americani votano ancora a maggioranza per il Partito Democratico, ma sempre più trasmigrano verso il Partito Repubblicano, come mostrano gli exit poll effettuati anche dalla Cnn. In generale, tutte le categorie che solitamente sono associate alla sinistra americana, oggi sono più equamente divise e nel caso dei latino-americani, degli uomini in particolare, il passaggio da un partito all'altro è clamoroso: erano il 29% in più quelli che votavano per i Democratici nel 2018 (alle scorse elezioni di metà mandato), oggi sono appena l'8% in più. Un crollo di consensi del 21% è notevole e avviene proprio nella popolazione che può rappresentare il futuro demografico del Paese, se si mantengono gli attuali ritmi di immigrazione.
    Proprio il cambiamento politico in corso fra i latino-americani è una delle cause principali della vittoria più spettacolare di queste elezioni: la rielezione di Ron DeSantis a governatore della Florida e la contemporanea rielezione in Senato di Marco Rubio (ex candidato presidenziale nelle primarie del 2020). La Florida non è mai stata una roccaforte repubblicana, è uno Stato perennemente in bilico. Ed anche nelle ultime elezioni per il governatore, nel 2018 DeSantis aveva strappato una vittoria di strettissima misura (0,4 punti percentuali in più) su Andrew Gillum. Adesso invece si afferma con un netto 59,4% contro Charlie Crist.
    Il modello di governo di DeSantis spiega molte cose del successo repubblicano di ieri e di quello che potrebbe ripetersi ancora con più evidenza alle prossime presidenziali. Durante la pandemia, il governatore repubblicano ha chiesto la minima prudenza indispensabile ai suoi cittadini, con un lockdown molto parziale e molto breve: dopo due settimane i floridiani potevano tornare già sulle loro spiagge tropicali. Si è sempre opposto alla chiusura delle scuole. Quando è arrivato il vaccino, pur incoraggiando la vaccinazione, DeSantis si è sempre opposto all'obbligo. I risultati ottenuti sono ottimi: il tasso di mortalità in Florida è sempre stato nella media nazionale e molto inferiore a quello di Stati che hanno imposto misure molto più draconiane, come New York. In compenso, la crescita economica nella ripresa post-pandemica è stata molto più rapida che nel resto del Paese. Alla vigilia delle elezioni, la disoccupazione in Florida era ridotta al 2,5% (contro il 3,7% nazionale). I risultati della mancata chiusura delle scuole si vedranno nei prossimi anni, ma di sicuro gli studenti floridiani hanno accumulato due anni di vantaggio rispetto ai loro coetanei di New York che hanno perso due anni di scuola in Dad.
    Anche sul fronte della guerra culturale, il governatore repubblicano è stato in prima linea contro la cancel culture e contro l'introduzione dei programmi scolastici gender nelle scuole primarie (fino alla terza elementare). Cosa per cui è stato accusato di discriminazione: "non dire gay" è il nomignolo affibbiato alla sua legge statale, che in realtà si limita a chiedere un linguaggio dell'educazione sessuale appropriato ai bambini e ridà voce in capitolo ai genitori. La Disney, patria dell'infanzia per eccellenza, ha protestato (segno dei tempi che cambiano) e per tutta risposta DeSantis ha firmato la legge, approvata a maggioranza dal Congresso locale, per abolire lo statuto speciale di cui godeva il suo territorio.
    Un misto di liberalismo economico e conservatorismo culturale è la ricetta che ha sempre caratterizzato i periodi di maggiore successo dei Repubblicani, ma era considerata una formula adatta solo a "maschi, bianchi, anglosassoni". Con queste elezioni di metà mandato, invece, dimostra di sfondare anche fra altre popolazioni, se produce buoni risultati: anche roccaforti democratiche come il collegio Miami-Dade ha votato ad ampia maggioranza sia per il governatore repubblicano che per il candidato del Gop al Senato.
    I Democratici hanno sempre rifiutato di sottoporsi ad autocritica sulla loro politica economica. Eppure, alla vigilia delle elezioni, in tutti i sondaggi gli americani dimostravano di essere preoccupati soprattutto dall'inflazione, che sta erodendo il loro potere d'acquisto. Si sta raggiungendo di nuovo la piena occupazione, ma con l'inflazione, i salari vengono rapidamente consumati. La risposta dell'amministrazione Biden è sempre quella di aumentare la spesa pubblica per programmi ecologisti e di imporre il calmiere su beni essenziali, come i prodotti farmacologici. Ma questi rimedi potrebbero risultare ancora peggiori del male, creando una bolla della green economy da un lato e dall'altra provocando una penuria di beni calmierati.
    La sinistra americana, per altro, è sempre più vicina a quella che la sinistra tradizionale avrebbe chiamato "il par

    Agenti FBI armati irrompono nella casa di un volontario provita

    Agenti FBI armati irrompono nella casa di un volontario provita
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7192

    AGENTI DELL'FBI ARMATI IRROMPONO NELLA CASA DI UN VOLONTARIO PROVITA
    Arrestato davanti ai suoi 7 bambini, rischia fino a 11 anni di carcere e 350.000 dollari di multa per aver pregato davanti a un centro per gli aborti
    di Ermes Dovico
    Nel mondo conservatore statunitense, specie quello più sensibile alla difesa della vita nascente, si va rafforzando la convinzione che il Federal bureau of investigation (Fbi) venga sempre più usato dal Partito Democratico come un'arma politica. Una convinzione avvalorata da alcuni fatti occorsi negli ultimi giorni, specialmente dal raid in grande stile condotto da una ventina di agenti federali nella casa di campagna dell'attivista pro vita Mark Houck - fondatore di The King's Men, un apostolato per aiutare a uscire dalla dipendenza della pornografia e coltivare le virtù cristiane - arrestato la mattina del 23 settembre davanti alla moglie e ai sette figli, comprensibilmente atterriti.
    Life Site News ha fornito un resoconto dettagliato del raid, raccogliendo la testimonianza della moglie di Houck, Ryan-Marie. La donna ha affermato che una squadra Swat (un'unità d'assalto con armi speciali) di 25-30 agenti dell'Fbi è entrata nella proprietà di famiglia con una quindicina di veicoli alle 7:05 di venerdì scorso. Dopo aver circondato la casa, gli agenti «hanno iniziato a battere sulla porta e a gridarci di aprirla». Il marito, aggiunge Ryan-Marie, avrebbe quindi cercato di calmare gli agenti con queste parole: «"Sto per aprire la porta, ma, per favore, i miei figli sono in casa. Ho sette bambini in casa". Ma loro hanno continuato a battere sulla porta e urlare». Dopo che Houck ha aperto l'uscio, Ryan-Marie fa presente che i federali «avevano grandi, enormi fucili puntati contro Mark e contro di me e, in un certo senso, puntati in tutta la casa». Gli agenti hanno ordinato ai bambini di rimanere al piano di sopra, ma i figli della coppia - tutti urlando di paura - hanno potuto assistere alla scena dalla cima delle scale che danno sulla porta d'ingresso. Di qui, la chiara preoccupazione della madre, che spiega di aver già contattato degli psicologi per aiutare i figli a superare il trauma vissuto.
    A seguito dell'eco avuta dalla vicenda, l'ufficio dell'Fbi di Filadelfia si è visto costretto a rilasciare una dichiarazione ufficiale (inusuale) che conferma l'operazione, ma smentisce che sia stata inviata una squadra Swat, afferma che tutto si sarebbe svolto «in linea con le pratiche standard» e definisce «un'esagerazione» il numero di veicoli e agenti riferito dalla signora Houck, senza tuttavia precisare il numero stesso di uomini e mezzi. Secondo una fonte dell'Fbi, contattata da Fox News, non sarebbero stati impiegati 25 agenti, bensì 15-20. Sembran pochi? Anche volendo dare credito al ridimensionamento del raid, è difficile negare il fatto che Houck sia stato trattato come un terrorista. Ma quali sono le accuse contro di lui?

    ACCUSE RIDICOLE
    Il padre di famiglia è accusato di aver violato per due volte, entrambe il 13 ottobre del 2021, la «Legge sulla libertà di accesso agli ingressi delle cliniche» (Face Act), secondo cui è un reato federale tentare di impedire con l'uso della forza l'accesso a una clinica per aborti o a un centro per la gravidanza. Ogni mercoledì, Houck è solito guidare per due ore fino a Filadelfia, dove rimane per sei-otto ore in tutto sui marciapiedi nei pressi di due diverse strutture per aborti, pregando ed eventualmente cercando di consigliare le donne a non abortire il bambino che portano nel grembo. Ebbene, secondo l'accusa formalizzata dal gran giurì, Houck sarebbe colpevole in primo luogo di aver spinto a terra un uomo di 72 anni (B.L.), volontario di una clinica di Planned Parenthood, mentre questi «tentava di accompagnare due pazienti» all'interno della struttura; e, per una seconda circostanza, lo si accusa di aver «affrontato verbalmente e spinto con forza a terra B.L.» davanti alla clinica, causandogli «lesioni che hanno richiesto assistenza medica».
    Ma martedì 27 settembre, davanti alla corte federale di Filadelfia, Houck si è dichiarato non colpevole rispetto ad entrambe le accuse. Il suo avvocato, Peter Breen, vicepresidente della Thomas More Society, parlando fuori dal tribunale, ha detto che il volontario abortista era stato «estremamente aggressivo» e stava «molestando» il figlio allora dodicenne di Houck, prima che tra i due adulti avvenisse un «alterco». Le parole di Breen sono in linea con il racconto fatto a Life Site dalla moglie di Houck, che ha riferito di un solo scontro fisico. Secondo la donna, per «settimane e settimane» l'accusatore di 72 anni avrebbe provocato suo figlio, dicendogli cose «disgustose», e il marito di volta in volta avrebbe chiesto al volontario pro aborto di smetterla. Fino al 13 ottobre dell'anno scorso, quando l'uomo avrebbe continuato a ridicolizzare Houck davanti al figlio e si sarebbe avvicinato eccessivamente al bambino stesso, fino ad entrare nel suo «spazio personale». A quel punto il genitore ha spinto l'abortista, che è caduto a terra, senza riportare - afferma Ryan-Marie - «ferite o altro».

    11 ANNI DI CARCERE E 350.000 DOLLARI DI MULTA
    Martedì l'avvocato Breen ha anche spiegato che il caso era già stato archiviato da un tribunale della Pennsylvania, ma che poi è stato ritirato fuori - a livello federale - dal Dipartimento di Giustizia (Doj, nell'acronimo americano). «Se fosse stato davvero un pericolo per la comunità, non avrebbero aspettato un anno per perseguirlo», ha detto Breen. Il legale ha spiegato che la Thomas More Society aveva già contattato il Doj a giugno, per dire che il Face Act non riguarda alterchi come quello tra Houck e B.L. e che in ogni caso, se fosse stata formalizzata l'accusa contro Houck, lo stesso padre di famiglia si sarebbe presentato volontariamente per difendersi. Da quella comunicazione di giugno Breen non ha ricevuto alcun avviso dal Doj, a parte quello che gli comunicava che il suo cliente era in arresto. Perciò, l'avvocato parla di «un processo politico». «E ciò che è chiaro è che dal Dipartimento di Giustizia ai suoi massimi livelli [...] stanno cercando di inviare un messaggio ai pro-vita e alle persone di fede: "Non scherzate con noi". Loro vogliono intimidire, vogliono che le brave persone come Mark smettano di pregare e dare consigli presso le cliniche per aborti del nostro Paese. E questo non accadrà», ha aggiunto Breen.
    Houck è stato rilasciato dietro cauzione lo stesso giorno dell'arresto, ma a condizioni che si riserverebbero a un personaggio pericoloso. Rischia fino a 11 anni di carcere e 350.000 dollari di multa. Nel frattempo, il mondo pro life sta raccogliendo fondi in suo favore. E il senatore Repubblicano Josh Hawley (poi imitato da altri colleghi del Gop) ha scritto una lettera che mette a nudo la giustizia a doppio binario dell'Amministrazione Biden e chiede al procuratore Merrick Garland di spiegare i motivi del gravissimo raid.
    Il caso di Houck non è l'unica vicenda preoccupante di questi giorni. Il 27 settembre, a Saint Paul, nel Minnesota, agenti dell'Fbi hanno interrogato un uomo che prega quasi ogni giorno fuori da una clinica di Planned Parenthood, anche in questo caso a seguito di una rimostranza strumentale da parte abortista (la spinta a una lavoratrice che stava tentando per la seconda volta di tagliare un cartello pro vita; anche in questo caso le accuse sono state respinte da una corte statale) e che sembra un altro tentativo di intimidazione, senza precedenti - nell'arco di oltre 40 anni di attività - secondo Brian Gibson, direttore esecutivo di Pro-Life Action Ministries.
    Di certo, la durezza spropositata del raid a casa Houck stride con l'inerzia e, anzi, accondiscendenza del Dipartimento di Giustizia e dell'intera Amministrazione Biden verso le violenze dei gruppi abortisti: vedi i ripetuti attacchi - da quando, a inizio maggio, è trapelata la bozza della sentenza Dobbs - contro chiese e centri pro vita, nei migliori casi imbrattati con scritte minacciose, nei peggiori dati alle fiamme o gravemente danneggiati con bombe molotov. Vedi ancora le minacce di morte ai giudici conservatori della Corte Suprema, molestati perfino al ristorante o con manifestazioni sotto casa, pur vietate dalla legge. Una serie enorme di atti rimasti impuniti e, per di più, sobillati dalle parole di Joe Biden, Kamala Harris e sodali.

    Lo ammette anche Zuckemberg: la censura su Facebook, Twitter e gli altri social esiste davvero

    Lo ammette anche Zuckemberg: la censura su Facebook, Twitter e gli altri social esiste davvero
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7153

    LO AMMETTE ANCHE ZUCKERBERG: LA CENSURA SU FACEBOOK, TWITTER E GLI ALTRI SOCIAL ESISTE DAVVERO di Stefano Magni
    Siamo liberi di parlare sui social network? Nella terra della libertà per eccellenza, gli Stati Uniti, pare proprio di no. Figuriamoci da noi.
    È esperienza comune essere bannati per un periodo di qualche giorno o un mese, o vedersi segnalati come possibili diffusori di disinformazione, notizie false o "fuori contesto" e non capiamo mai se si tratti di una scelta prudenziale degli amministratori, a fronte di una segnalazione di qualche nostro simpatico "amico", o di una censura vera e propria. Normalmente ci diamo la spiegazione, assai rassicurante, che si tratta pur sempre di piattaforme online gratuite gestite da privati. Noi siamo ospiti e il padrone di casa può buttarci anche fuori, se vuole. Ma se il padrone di casa fosse, a sua volta, costretto dal governo a buttarci fuori? Cambierebbe tutto, si potrebbe parlare a pieno titolo di censura. Ed è quel che sta emergendo dalle carte dell'inchiesta su Facebook negli Stati Uniti. Due le notizie gravi (per chi ancora tiene alla libertà di espressione): la prima è che lo scoop del New York Post sul contenuto compromettente del pc di Hunter Biden (figlio dell'allora ancora candidato presidente), sia stato oscurato dai social per volontà dell'Fbi. La seconda è che l'amministrazione federale, compresa la Casa Bianca, sia stata (e probabilmente sia tuttora) in contatto costante con i gestori delle maggiori piattaforme social per "suggerire" come gestire l'informazione sul Covid-19.
    Le fonti di queste due notizie sono più che attendibili, non stiamo parlando di complottisti in cerca di celebrità su 4chan o qualche altro social network minore. Ma, nel caso della prima notizia (su Hunter Biden) di Mark Zuckerberg in persona che, nel podcast del commentatore televisivo Joe Rogan, ha raccontato come sia nata la censura sullo scoop che avrebbe potuto cambiare la sorte delle elezioni del 2020 (quelle vinte da Biden, nonostante le prove compromettenti sul figlio): "L'Fbi, fondamentalmente, è venuta da noi, da alcune persone della nostra squadra, [dicendo]: ‘Ehi, solo perché lo sappiate, dovreste stare in allerta... Pensavamo che ci fosse molta propaganda russa nelle elezioni del 2016, abbiamo notato che sta per esserci una porcata simile a quella, quindi state in guardia'". La notizia del New York Post, successivamente rivelatasi autentica, venne dunque declassata a "sospetta propaganda russa" e sul social network più grande del mondo venne relegata dall'algoritmo alle ultime posizioni, così che pochi la vedessero. Twitter agì in modo più brutale, come tutti ricordiamo bene: non solo eliminò l'account del quotidiano newyorkese, ma sospese tutti coloro (Casa Bianca inclusa) che rilanciavano la notizia incriminata.
    La fonte della seconda notizia (la censura in merito al Covid-19) viene invece dalle email fra i quartieri generali delle compagnie Big Tech e vari enti governativi, Casa Bianca inclusa. Le email sono state pubblicate per ordine delle procure di Louisiana e Missouri, due Stati che hanno fatto causa ai social network per il sospetto di censura. Sospetto per ora confermato, stando all'esito di questa prima indagine: «una vasta opera di censura attraverso una moltitudine di agenzie federali». Gli enti coinvolti sono molti: con i quartieri generali di big tech comunicavano regolarmente almeno 45 funzionari appartenenti a Casa Bianca, Dipartimento della salute, Dipartimento degli interni, Agenzia per la Cybersicurezza, Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, Istituto nazionale malattie infettive e Ufficio del Surgeon General. Cosa chiedevano. Un esempio eclatante: chiudere gli account-parodia di Anthony Fauci, il "virologo in capo". I funzionari governativi fornivano istruzioni su come segnalare presunti casi di disinformazione e notizie false.
    Con questa prima forma di censura nei social network il governo entra a gamba tesa nella "piazza virtuale", dove non siamo più liberi, a questo punto, di parlare fra noi. I pretesti per censurare possono essere infiniti. Può non essere un'eccezione. È successo per le elezioni del 2020 (per paura della propaganda russa... quando non c'era ancora la guerra, figuriamoci oggi), è successo per la pandemia, succederà, sempre che già non accada, anche per il riscaldamento globale e per la crisi energetica. Governi progressisti, che vantano storicamente di aver combattuto la censura degli oscurantisti, si comportano da oscurantisti a loro volta. Sempre per il nostro bene: se non sappiamo distinguere il vero dal falso, né badare al nostro bene, dobbiamo essere preservati da informazioni pericolose. Che poi "false" probabilmente non sono, ma risultano estranee alla narrazione dei progressisti. L'arma può ritorcersi contro a chi la usa: già i media hanno perso credibilità, ora la perderanno i social.

    Con il blitz dell'FBI a casa Trump finisce la democrazia americana

    Con il blitz dell'FBI a casa Trump finisce la democrazia americana
    VIDEO: Brogli presidenziali 2020 USA, un nuovo film porta nuove “prove scientifiche” ➜ https://www.youtube.com/watch?v=Gxv7_wCQ2WA

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7114

    CON IL BLITZ DELL'FBI A CASA TRUMP FINISCE LA DEMOCRAZIA AMERICANA di Luca Volontè
    Lunedì 8 agosto la repubblica americana è diventata una "repubblica delle banane", per dirla con le parole del governatore della Florida Ron De Santis. Il blitz di diverse ore in una delle residenze di Donald Trump è un grave segno di come si sia diffusa e praticata la cultura del nemico politico da abbattere, anche nel cuore di quella che fu la culla della democrazia.
    Lunedì il Federal Bureau of Investigation (FBI) ha fatto irruzione nella casa di Palm Beach dell'ex presidente degli Stati Uniti. Il raid è iniziato di mattina presto e le forze dell'ordine hanno setacciato in particolare gli uffici e la cassaforte personale di Trump, sequestrando diversi scatoloni di documenti. Un'azione di polizia che mai ha avuto precedenti nella storia degli Stati Uniti. La perquisizione sembra essere in parte legata alla mancata consegna da parte di Trump di alcuni documenti presidenziali alla fine del suo mandato e che avrebbe invece portato nella sua casa in Florida. In precedenza le autorità avevano recuperato 15 scatole di documenti da Mar-a-Lago, consegnate dallo stesso Trump, tra le quali una parte comprendeva materiale riservato. All'inizio di quest'anno il Dipartimento di Giustizia aveva chiesto all'FBI di agire, dopo aver ricevuto una richiesta dell'Archivio Nazionale di indagare sull'eventuale presenza di altri documenti; così lunedì è partito il blitz.
    Trump non era a Mar-a-Lago in quel momento, ma ha dato la notizia e rilasciato una dichiarazione molto chiara: «Sono tempi bui per la nostra nazione... Non era mai successo niente del genere a un Presidente degli Stati Uniti. Dopo aver lavorato e collaborato con le agenzie governative competenti, questa irruzione senza preavviso nella mia casa non era necessaria né appropriata. Si tratta... di un'arma del sistema giudiziario e di un attacco da parte dei Democratici della sinistra radicale che non vogliono assolutamente che io mi candidi alla presidenza nel 2024, soprattutto in base ai recenti sondaggi, e che allo stesso modo faranno di tutto per fermare i Repubblicani alle prossime elezioni di midterm».

    INTIMIDIRE L'EX PRESIDENTE
    I Democratici si dimostrano sempre più incattiviti per la possibile candidatura di Trump alle prossime presidenziali e per la sua crescente popolarità, riscontrata anche alla convention dei conservatori della scorsa settimana. Lo dimostrano gli editoriali di Politico e le notizie rilanciate sulla convention dalla Reuters. L'uso di agenti federali per intimidire un ex presidente non ha precedenti, come dicevamo, nella storia degli Stati Uniti: è tipico invece di regimi totalitari. L'azione dell'FBI, obbligata dopo la richiesta del Dipartimento di Giustizia, è stata immediatamente oggetto di proteste da parte dei Repubblicani - da Nikky Haley a Marco Rubio, da Ron De Santis a Kevin McCarthy - che l'hanno definita un attacco politico al partito e al proprio leader; molti hanno denunciato la «politicizzazione del Dipartimento di Giustizia», lo spirito da «regime comunista», la necessità di un'indagine sul procuratore generale Merrick Garland.
    Per altro verso, diversi parlamentari Dem si sono felicitati per l'azione dell'FBI e hanno invocato l'incarceramento di Trump, svelando così lo spirito vero che si celava dietro l'operazione di polizia: il nemico da abbattere. In effetti, stride il trattamento che si è usato con Trump lunedì e l'assoluta noncuranza e mancanza di interventi nei confronti di Hunter Biden e di suo padre Joe (per i diversi scandali e affari opachi), senza dimenticare gli attacchi vandalici (succedutisi negli ultimi tre mesi) di gruppi abortisti contro chiese, persone e centri pro life, gli atti di violenza - rimasti impuniti - degli attivisti di Black Lives Matters, lo scandaloso complotto del "Russiagate" ordito contro Trump dal team di Hillary Clinton, le mail ufficiali e private della stessa Clinton durante le vicende a Bengasi del 2012. In tutti questi casi, l'FBI e il Dipartimento di Giustizia si sono dimostrati tolleranti sino alla pavidità; persino a fronte della recentissima sparatoria contro la Chiesa cattolica dell'Assunzione della Beata Vergine Maria nella contea di Adams, nei pressi di Denver, in Colorado, avvenuta tra il 6 e l'8 agosto 2022, nulla si è fatto.

    UNA NAZIONE IN DECLINO
    Il blitz di lunedì a casa Trump, già alle prese con tanti guai giudiziari, è un preoccupante segno di una cultura barbara e antidemocratica, di cui l'Italia è stata oggetto sin dal 1994, secondo la quale non c'è opposizione politica, bensì ci sono nemici da eliminare dalla scena politica in ogni modo e con ogni mezzo legale e illegale. In quest'ottica tutto è consentito, persino le minacce, gli attacchi fisici e la delegittimazione delle istituzioni, siano esse la Chiesa cattolica e le altre denominazioni cristiane che si oppongono all'aborto, oppure la Corte Suprema o un partito o il leader di un partito che potrebbe addirittura guidarlo, nel caso degli USA, alla vittoria alle prossime elezioni.
    Il video diffuso da Trump a poche ore dal blitz dell'FBI è eloquente. Gli USA sono una nazione in declino. Nulla di nuovo se consideriamo che lo scopo dei Dem, sin dai primi giorni della vittoria alle presidenziali di due anni or sono, è sempre stato quello di eliminare Trump dalla scena politica, quantomeno di impedirgli di candidarsi nel 2024: lo proclamavano nel gennaio 2021, lo confermano i giornali liberal e i commentatori Democratici con il blitz di lunedì. Lo ribadisce con le sue parole, ancor prima che ci siano dichiarazioni ufficiali di FBI o Dipartimento di Giustizia, Nancy Pelosi: «Nessuno è sopra la legge, c'erano giustificazioni per il raid». Ciò che sta accadendo negli USA è un fatto che stiamo osservando anche nelle fatwa contro politici, governi e coalizioni alternative alle sinistre globaliste in tutta Europa. Il clima di guerra reale che respiriamo da febbraio scorso, unito alla cultura marxista e gramsciana, provoca una miscela esplosiva: antidemocratica, intollerante e totalitaria. C'è una sola speranza, che l'effetto di questi abusi ripetuti si trasformi in un boomerang nei confronti dei nuovi tiranni.

    Nota di BastaBugie: John Rao nell'articolo seguente dal titolo "L'assalto a Trump segna la fine del modello americano" parla dell'irruzione dell'FBI in casa dell'ex Presidente.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'11 agosto 2022:
    Pur avendo impiegato interamente la mia carriera a predire il collasso del sistema politico americano, devo ammettere che non avrei mai immaginato che la sua fine avvenisse già durante la mia esistenza. Tuttavia, gli eventi degli ultimi due anni, culminati l'8 agosto con la palese dichiarazione di guerra alla libertà politica e a una giustizia equa secondo la legge, rappresentata dall'assalto a Mar-a-Lago, mi ha reso evidente che si può intonare senza dubbio il requiem per l'ordine costituzionale americano.
    L'irruzione in casa del presidente Trump - dichiarata necessaria per proteggere documenti che di fatto sono già pienamente accessibili all'FBI - ha costituito l'ultimo segnale di quanto sia diventata sicura l'oligarchia politica, finanziaria, tecnologica, sanitaria e mediatica che domina la nazione con arroganza. È un'oligarchia che disprezza totalmente tutto ciò che è relativo alla creazione, all'interpretazione e all'amministrazione delle leggi del Paese, così come dei desideri e del benessere della popolazione statunitense nel suo insieme. La cosa non sorprende, dato il carattere internazionale dei suoi membri, le cui annuali sessioni parlamentari non si tengono a Washington ma a Davos, con la presenza di rappresentanti di ciascuno dei suoi elementi costitutivi. La giustizia e la libertà sono ora semplicemente ciò che questa oligarchia globale vuole che siano, e ogni istituzione americana, sia privata che governativa, è stata mobilitata e politicizzata da essa per garantire i suoi obiettivi internazionali.
    Di conseguenza, la giustizia americana assume un certo significato per i corrotti affari di Joe e Hunter Biden con la Cina e l'Ucraina, e un altro invece per le piccole imprese devastate dai lockdown e dai requisiti vaccinali richiesti dai servitori medici dell'oligarchia. Significa che i criminali sono autorizzati a seminare il panico nelle città con la benedizione di sindaci democratici e di procuratori sostenuti da George Soros, che condannano l'opera della polizia e il diritto dei cittadini rispettosi della legge di difendersi dalla violenza. Significa che i difensori della vita, i giudici della Corte Suprema che prendono decisioni che sembrano favorirli, i genitori che desiderano proteggere i loro figli da programmi educativi progettati per pervertire i giovani fin dalla più tenera età e i possibili piani del Nemico Pubblico Numero Uno di candidarsi alla presidenza nel 2024, devono essere bloccati con qualsiasi strumento per quanto scellerato.
    La libertà per gli oligarchi implica il diritto di propugnare senza ostacoli qualsiasi menzogna, per quanto assurda, che contribuisca alla loro causa; per il resto della gente, invece, la libertà significa accettare ciecamente tale propaganda e tenere la bocca chiusa sulla collusione di tutti i diversi elementi dell'élite globale che la perpetrano. La libertà implica un'azione risoluta da parte della Gestapo, un tempo nota come FBI, che di fronte ai mugugni pubblici dei servi della gleba deve invadere le loro case e rinchiuderli in carcere, come è avvenuto per alcuni dei manifestanti del 6 gennaio.

    Il giudice Alito difende la storica sentenza che ha negato il diritto all'aborto negli Usa

    Il giudice Alito difende la storica sentenza che ha negato il diritto all'aborto negli Usa
    VIDEO: Samuel Alito difende la vita dall'assalto "democratico" ➜ https://www.youtube.com/watch?v=fhR432IpkD4

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7101

    IL GIUDICE ALITO DIFENDE LA STORICA SENTENZA CHE HA NEGATO IL DIRITTO ALL'ABORTO NEGLI USA di Luca Volontè
    I Giudici Supremi americani rilasciano commenti sulla sentenza Dobbs, subiscono censure e minacce di morte, mentre Joe Biden nel chiarire le sanzioni contrarie all'obiezione di coscienza, raccoglie le dure critiche dalla Conferenza Episcopale USA.
    Il giudice Samuel Alito, autore della storica sentenza Dobbs contro Jackson Women's Health Organization che ha sconvolto mezzo secolo di precedenti abortisti della Corte Suprema, ha per la prima volta commentato, seppur marginalmente, le critiche rivolte alla decisione. Il 21 luglio scorso Alito è stato l'oratore principale della cena di gala 'Religious Liberty Summit' organizzato dalla Notre Dame University a Roma dal 20 al 22 luglio. La notizia e il video dell'intervento è stato ripreso da agenzie di stampa mondiale, mass media e da molti quotidiani internazionali solo ieri 29 luglio.
    Nel suo intervento, che aveva come oggetto principale il diritto alla libertà religiosa, la bontà della tradizione americana e le sfide globali che questo diritto inalienabile deve affrontare nella società attuale, irreligiosa e ampiamente secolarizzata, oltre a ribadire la convinzione della maggioranza dei giudici della Corte Suprema ("la nostra Costituzione prevede alcuni diritti e non altri"), il giudice Alito ha risposto con ironia e sagacia alle sconsiderate ed irrispettose critiche rivolte alla sentenza di molti leader politici (Boris Johnson, Emmanuel Macron, Justin Trudeau). E ha ridicolizzato l'intervento del Principe Harry, duca di Sussex, all'Onu, che aveva paragonato la decisione della Corte Suprema di azzerare il falso diritto costituzionale all'aborto, all'invasione russa dell'Ucraina. "In questa legislatura" ha ricordato Samuel Alito ai suoi ospitii, "ho avuto l'onore di scrivere, credo, l'unica decisione della Corte Suprema nella storia di questa istituzione che sia stata criticata da tutta una serie di leader stranieri che si sono sentiti perfettamente a proprio agio nel commentare la legge americana".

    IL RISPETTO DELLA DIGNITÀ UMANA DI CIASCUNA PERSONA
    Nel suo intervento il giudice Alito ha correttamente ricordato come il rispetto della dignità umana, di ciascuna persona, sia "il fondamento primo di ogni altra libertà"; una evidenza che troppo spesso colpevolmente sfugge dalle valutazioni dozzinali sulla sentenza Dobbs che si sono lette nelle ultime settimane. Una stoccata chiara alle ingerenze ignoranti e politicamente motivate che hanno visto nelle scorse settimane persino il Parlamento ed alcuni esponenti della Commissione Europea unirsi al coro degli abortisti. Lo stesso 21 luglio, durante un'apparizione pubblica a una conferenza sui temi giuridici in Montana, il giudice Elena Kagan, nominata dai Democratici alla Corte Suprema, ha messo invece in risalto la sua preoccupazione crescente perché la Corte "se, nel corso del tempo, perde ogni legame con il pubblico e con il sentimento dell'opinione pubblica, questa è una cosa pericolosa per una democrazia". Per i giudici nominati dai Dems solo se le decisione sono popolari allora sono anche democratiche, poco importa se siano costituzionalmente corrette.
    Questo è il cuore dell'attacco della democrazia, ancor più se prendiamo atto quanto il 'sentimento popolare' sia volubile e manipolabile con campagne mass mediatiche di minoranze estremiste. Ieri intanto si è saputo che Nicholas John Roske, l'uomo californiano accusato di aver tentato di uccidere il giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh, lo scorso 8 giugno, aveva l'obiettivo dichiarato di cambiare la composizione della Corte Suprema "per i decenni a venire". Lo ha scritto lui stesso ad utenti internet non identificati: il suo obiettivo iniziale era quello di rovesciare la bozza di decisione della Roe v. Wade, nei giorni successivi alla sua divulgazione e, successivamente avrebbe dichiarato che, non solo voleva sparare a tre giudici conservatori ("se ci sono più giudici liberali che conservatori, avranno loro il potere") ma si era attivato nei mesi di maggio e giugno per cercare su internet il più "silenzioso fucile semi-automatico' sul mercato". Roske è accusato di tentato omicidio di un giudice degli Stati Uniti. Si è dichiarato non colpevole e la data del processo è stata fissata per il mese prossimo. Dunque, come abbiamo più volte sostenuto su La Bussola, il trafugamento illegale della bozza della sentenza, la sua pubblicazione, le polemiche violente, gli attentati prima e dopo la Sentenza Dobbs, le urla e le minacce di fiancheggiatori politici e pseudo intellettuali, potevano e possono portare alla morte dei giudici supremi con la finalità di determinare una maggioranza abortista e pro Lgtbi nei prossimi anni.

    ANCHE I VESCOVI USA DANNO BATTAGLIA
    Non facciamo illazioni, prendiamo atto dei fatti, delle dichiarazioni degli abortisti, dei politici Dems e degli inquietanti e, a questo punto, conniventi silenzi di Presidente e Vice Presidente degli Usa. A tal proposito, Joe Biden in nelle scorse 24 ore non ha solo nominato l'avvocato Julie Rikelman che rappresentava il Center for Reproductive Rights nel caso Dobbs come giudice federale e promosso un incontro tra i vertici del Dipartimento della Giustizia e gli esperti legali delle multinazionali della morte per delineare con loro le migliori strategia di applicazione delle decisioni pro aborto del Dipartimento della Salute, ma ha anche pubblicato una guida in cui si ribadisce che il controllo delle nascite gratuito è garantito dall'Affordable Care Act, indipendentemente dallo Stato in cui si vive.
    Ma oltre ai singoli stati Repubblicani, anche i vescovi Usa danno battaglia con una chiara e dura dichiarazione contro i nuovi regolamenti dell'amministrazione Biden che considerano l'aborto un 'cura' e violano i diritti di libertà religiosa e obiezione di coscienza di medici, operatori e strutture ospedaliere cattoliche e cristiane. Quando vien meno il rispetto per il diritto inalienabile per la dignità umana, diceva Samuel Alito, la libertà di coscienza e religione è in pericolo e l'amministrazione Biden lo sta dimostrando ampiamente.

    I DEMOCRATICI VOGLIONO CAMBIARE LE REGOLE DELLA CORTE SUPREMA
    L'autore del precedente articolo, Luca Volontè, nell'articolo seguente dal titolo "Corte Suprema, i Dem vogliono cambiare le regole" spiega che dopo che è stata annullata la sentenza abortista Roe vs Wade, i Democratici spingono sull'acceleratore per cambiare gli equilibri della Corte Suprema, con giudici a loro graditi. Due proposte di legge in pochi giorni. La prima mira a portare le toghe supreme da 9 a 13. La seconda prevede un diverso sistema di nomina e limiti di mandato.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 luglio 2022:
    Tutto il peggio è possibile negli Stati Uniti, in cui persino le singole città governate dai Democratici - che si trovano negli Stati governati dai Repubblicani - si permettono di autodichiararsi "santuari" dell'aborto. Il tentativo dei Dem di boicottare e svuotare la sentenza Dobbs della Corte Suprema è sia dal basso (attraverso le manifestazioni, le violenze e i contenziosi giudiziari) che dall'alto (attraverso le decisioni del presidente Biden e dei dipartimenti del governo federale), come abbiamo descritto nell'ultimo mese sulla Bussola.
    Da qualche giorno, il Partito Democratico e le lobby abortiste ed Lgbti che lo promuovono stanno fortemente puntando alla distruzione della Corte Suprema per come l'abbiamo conosciuta negli ultimi decenni, pur di poter controllare in un sol colpo i tre poteri dello Stato: esecutivo, legislativo e giudiziario. La ragione di fondo che ha mosso le bande di protestatari ad abbattere statue e vietare quadri, persino a manipolare con falsità assurde e cancellare i padri fondatori e la storia degli Stati Uniti d'America, è triste ma semplice: imporre un nuovo socialismo di oligopolisti globali e burattini politici. Non c'è altra spiegazione alla rincorsa dei gruppi parlamentari Dem di Camera e Senato nel proporre proposte di legge rabberciate e partigiane per distruggere la Corte Suprema e conquistarne il controllo.
    Sostenendo che "le libertà fondamentali sono sotto attacco" da parte dei giudici "ultraconservatori" della Corte Suprema, un gruppo di otto Democratici della Camera ha presentato, lunedì 18 luglio, una proposta di legge per portare da nove a tredici il numero di toghe del massimo organo giudiziario statunitense. Il rappresentante della Georgia Hank Johnson, Democratico e già principale sponsor del Judiciary Act, ha dichiarato a The Hill che la Corte, nella sua attuale composizione, è "una Corte Suprema in crisi con sé stessa e con la nostra democrazia", dove "le libertà fondamentali sono sotto attacco" da parte della maggioranza conservatrice perché gli attuali giudici prenderebbero decisioni che usurpano il "potere dei rami legislativo ed esecutivo".
    Il Judiciary Act era stato presentato l'anno scorso e si era arenato al Congresso per mancanza di consensi e l'opposizione dei Repubblicani, visto che la riforma prevede una maggioranza qualificata.

    Trump alla pubblica gogna perchè sanno che vincerà nel 2024

    Trump alla pubblica gogna perchè sanno che vincerà nel 2024
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7095

    TRUMP ALLA PUBBLICA GOGNA PERCHE' SANNO CHE VINCERA' NEL 2024 di Stefano Magni
    Le prime pagine dei giornali anglo-sassoni, non solo americani, ieri titolavano sulle nuove rivelazioni della Commissione sui fatti del 6 gennaio, negli Stati Uniti. Dunque, sul processo informale a cui membri del Congresso stanno sottoponendo l'ex presidente Donald Trump, sospettato di aver incoraggiato l'assalto al Campidoglio, il 6 gennaio dell'anno scorso, mentre veniva certificata la vittoria elettorale di Joe Biden. La novità è che l'allora presidente passò le quattro ore della crisi di fronte al televisore della sala da pranzo della Casa Bianca, ignorando chi lo "supplicava" di intervenire per fermare i manifestanti e, anzi, facendo il tifo per loro. «Ha scelto di non agire», ha dichiarato Adam Kinzinger, uno dei due Repubblicani membri della Commissione.
    L'ottava sessione della Commissione, questa volta si è dunque concentrata sui "187 minuti di crisi" e sulle azioni dell'ex presidente, passate al vaglio minuto per minuto. La conclusione della Commissione è che Trump non abbia fatto alcuna chiamata alla polizia e a qualsiasi altro servizio di sicurezza, benché consapevole di quel che stava accadendo al Campidoglio. Il tutto perché motivato dal suo «desiderio egoista di restare al potere».

    ACCUSE POLITICHE SENZA PROVE
    Questo è il messaggio che passa: Trump era sostanzialmente un golpista che non ha accettato l'esito di libere elezioni. La Commissione, voluta dalla presidente della Camera Nancy Pelosi, è un organo parlamentare e non può spiccare sentenze con valore legale, ma le sue conclusioni potrebbero avere un forte impatto sui media, soprattutto in campagna elettorale (si voterà a novembre per le Medio Termine). Ma siamo veramente sicuri di parlare di un'inchiesta vera? O non è piuttosto un'operazione politica?
    La scelta delle accuse e le testimonianze sono quelle di un tipico processo alle intenzioni. Nessuno, finora, ha infatti dimostrato l'esistenza di una pianificazione della protesta e poi dell'assalto dei manifestanti più estremisti al Campidoglio. E non c'è alcuna prova che sia stato l'ex presidente a organizzarlo. L'accusa di golpe è già esclusa, perché quello del 6 gennaio non fu un golpe. Fu una protesta, disarmata, violenta quanto si vuole (anche se l'unica vittima fu tra le fila dei manifestanti), ma non un tentativo di espugnare le istituzioni americane, men che meno di prendere il potere. I manifestanti condussero una protesta non autorizzata, sfregiarono la sede del potere legislativo statunitense, dileggiarono, dissacrarono, si ripresero in atteggiamenti provocatori, poi se ne andarono. Non fu un golpe.

    UNA COMMISSIONE DI PARTE
    Se non fu un golpe e non ci sono prove che fosse una protesta organizzata da Trump, allora cosa resta? Solo il tentativo di distruggere l'immagine dell'ex presidente. Ma anche in questo caso, le accuse e le testimonianze vanno prese con beneficio di inventario. I testimoni sono selezionati da una Commissione che è costituita interamente da Democratici, salvo due membri che però sono dei Repubblicani dichiaratamente contrari a Trump. Non ci sono troppi controlli incrociati sul contenuto delle testimonianze, alcune delle quali dubbie. Cassidy Hutchinson, ex assistente di Trump, ad esempio, aveva descritto un presidente fuori controllo che, nell'auto presidenziale, lottava con il capo del servizio di sicurezza e voleva addirittura catturare il volante, per dirottare il percorso e andare a unirsi ai manifestanti del Campidoglio. Non ci sono conferme dirette su questo episodio ed ex agenti della sicurezza, membri fidati dei servizi segreti, hanno però espresso più di un dubbio: The Beast, l'auto blindata presidenziale ha un divisorio che separa il conducente dai passeggeri sui sedili posteriori. Gli spazi sono ristretti e, solo per la sua mole, Trump avrebbe avuto forti difficoltà a lottare con l'agente per arrivare al volante. I dubbi passano, quel che resta, invece, è l'immagine del presidente canaglia che vuole addirittura dirottare l'auto presidenziale per compiere un ultimo atto sovversivo.
    Perché cercare di infangare l'immagine di un ex presidente? Perché potrebbe ripresentarsi nelle presidenziali. E i numeri gli stanno dando ragione. In vista delle elezioni di Medio Termine, per il rinnovo di gran parte del Congresso e dei governatori, la maggioranza schiacciante dei candidati repubblicani che hanno vinto le elezioni primarie, sono quelli sostenuti da Trump, uomini di sua fiducia: ad oggi, sono 147 su 158. L'ex presidente, che comunica solo sul suo social network Truth, sta girando per gli Stati, in comizi molto affollati di pubblico. Ormai è quasi certa la sua candidatura per il 2024, resta solo da capire quando sarà annunciata. La Commissione sul 6 gennaio, che dovrebbe concludere i lavori entro settembre (due mesi prima del voto, forse anche meno) può sbarrargli la strada, soprattutto se riuscisse a trarre delle conclusioni che possano tradursi in un'incriminazione.

    Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "L'aborto è la fissa dei Dem USA. Il Paese non li segue" parla del Partito Democratico che ha approvato alla Camera due disegni di legge radicali (aborto fino alla nascita incluso) che però hanno scarsissime possibilità di passare al Senato. Aumenta la frattura con la maggioranza dei cittadini, poco inclini all'abortismo estremo dei Dem e sempre più preoccupati per l'inflazione e le altre difficoltà quotidiane.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 19 luglio 2022:
    Non saranno le polemiche e le misure imbracciate dai Democratici a favore dell'aborto, dopo la sentenza Dobbs della Corte Suprema, a far vincere le elezioni del prossimo novembre al partito di Joe Biden. I cittadini americani sono molto preoccupati per l'andamento dell'economia, l'inflazione e le difficoltà che incontrano nella vita di tutti i giorni. A dirlo, con un editoriale, è Politico, la rivista online da sempre al fianco dei liberal americani.
    I disegni di legge approvati dalla Camera venerdì 15 luglio, orgogliosamente presentati alla stampa dalla "devota" Nancy Pelosi, non faranno che peggiorare la popolarità dei Dem. Le due proposte mirano a legalizzare l'aborto a livello federale. La prima è il Women's Health Protection Act, che mira a garantire alle donne la possibilità di abortire durante tutti i nove mesi di gravidanza (cioè sino alla nascita) e in tutto il Paese. Una legge simile non era riuscita a passare al Senato né a maggio né a febbraio e, molto probabilmente, non verrà approvata nemmeno stavolta, visto che servono almeno 60 voti. Nel testo votato alla Camera si legge: "Non ci sarà alcun divieto di aborto in uno o più momenti precedenti la possibilità di sopravvivenza del feto, incluso un divieto o una restrizione su una particolare procedura abortiva", e nessun "divieto di aborto dopo la possibilità di sopravvivenza del feto quando, secondo il giudizio del medico curante, la continuazione della gravidanza comporterebbe un rischio per la vita o la salute della paziente incinta".
    L'altra proposta di legge, l'Ensuring Access to Abortion Act, intende favorire le donne che si recano in un altro Stato per abortire, se l'aborto è illegale nel loro Stato di origine. Il testo include anche la protezione legale per coloro che assistono le donne nel ricevere un aborto in uno Stato in cui non risiedono e il trasporto da Stato a Stato dei farmaci abortivi che hanno ricevuto l'approvazione della FDA. Ma anche in questo caso si tratta di una misura "bandiera", che difficilmente passerà al Senato. Di contro, nel frattempo, i senatori Repubblicani Rubio, Cassidy e Cramer hanno presentato ottime proposte a sostegno di maternità e famiglie.
    Le proposte pro aborto dei Dem rimangono impopolari e, secondo l'ultimo sondaggio Harvard/Harris, l'aborto sino alla nascita è sostenuto solo dal 10% degli americani. La maggioranza dei cittadini, il 72%, è favorevole a divieti sull'aborto almeno dopo le 15 settimane di gestazione e anche il 60% degli elettori Dem sostiene i divieti all'aborto dopo la 15° settimana. Ancora recentemente, un sondaggio condotto dal New York Times/Siena College ha chiesto quali siano i temi più importanti per i cittadini elettori: solo il 13% si dice convinto che l'Amministrazione Biden stia portando il Paese nella giusta direzione. Lo sbandamento dei Dem si sta aggravando anche per la perdita di credibilità presso l'elettorato ispanico e cattolico. Tra la popolazione di origine ispanica si registra un significativo abbandono del Partito Democratico e una chiara preferenza verso i Repubblicani. Una disaffezione marcata emerge anche dal sondaggio commissionato da EWTN News, il più diffuso network cattolico degli USA, e condotto da Real Clear Opinion Research e da poco pubblicato: la maggioranza dei probabili elettori cattolici è insoddisfatta del presidente Joe Biden e dei Democratici al Congresso. Il 45% dei cattolici intervistati afferma di avere un'opinione favorevole di Biden, mentre il 53% afferma di avere un'opinione sfavorevole del presidente (Biden aveva ottenuto il 52% dei voti cattolici nel 2020). L'indice di gradimento dei Democratici al Congresso è passato da positivo a negativo tra i cattolici e anche la percentuale di cattolici che ritiene che la nazione sia "diretta nella giusta direzione" è diminuita rispetto a due anni fa.
    I leader pro vita americani hanno duramente criticato le proposte approvate la scorsa settimana dai Dem alla Camera. Sono proposte che certamente fanno perdere voti, anche se potrebbero portare molti finanziamenti nelle casse dei Democratici per la campagna elettorale, come promesso nelle scorse settimane da George Soros e Planned Parenthood.

    La guerra negli Stati Uniti di cui non si parla nei tg

    La guerra negli Stati Uniti di cui non si parla nei tg
    VIDEO: Descrizione in minuscolo ➜ https://www.youtube.com/watch?v=DEcI6n3TnGk

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7046

    LA GUERRA NEGLI USA DI CUI NON SI PARLA NEI TG di Luca Volontè
    I violenti vandali abortisti, in primis il gruppo Jane's Revenge, hanno invitato mercoledì 15 giugno tutti i loro adepti ad iniziare, anzi, a proseguire la guerra contro chiese, giudici e centri pro vita del Paese. Lo hanno fatto con un comunicato a cui, al momento, non è seguita alcuna reazione ufficiale della Casa Bianca. Anzi, Joe Biden pensa a un ordine esecutivo per contrastare le leggi pro life dei tanti Stati governati dai Repubblicani.
    Sono giorni di grave preoccupazione. Lunedì 13 giugno gli stessi terroristi avevano bloccato le vie d'accesso alla Corte Suprema, dopo averlo ampiamente annunciato; solo per la solerzia della polizia, non sono passati all'assalto dei giudici. La decisione della Corte sull'aborto dovrebbe essere presa entro le prossime due settimane, ma il clima di tensione, le minacce e i complici silenzi di abortisti, istituzioni, grandi interessi finanziari e mass media proseguono senza sosta. Il reporter di Townhall, Julio Rosas, ha seguito la protesta del 13 giugno: i manifestanti pro aborto hanno bloccato diverse strade e tentato di 'sequestrare' la Corte, come anticipato dal gruppo pro aborto "Shut Down D.C." la settimana precedente; alla marcia di qualche migliaio di persone si innalzava lo striscione: "La nostra casa è in fiamme". Il peggio non è avvenuto, alcuni degli attivisti abortisti che hanno fatto dichiarazioni alla marcia avevano addirittura 14 anni, con loro un'insegnante che aveva trascinato con sé i propri studenti di terza media.

    GRUPPI ABORTISTI VIOLENTI
    Nei giorni scorsi, i violenti gruppi abortisti che hanno incendiato diversi centri pro life in Wisconsin, Alaska, Washington, Oregon e New York e che hanno vandalizzato più di una dozzina di chiese e centri di gravidanza, hanno colpito ancora, incendiando con bombe molotov un altro centro di aiuto alla gravidanza in Oregon e distruggendone uno in Florida. Non dimentichiamo le indagini sulle cause dell'incendio che ha distrutto la chiesa cattolica di Nostra Signora del Santo Rosario di Hostyn, in Texas (l'indagine è ancora in corso: non è esclusa la causa dolosa).
    Il 13 giugno, i vescovi cattolici americani hanno nuovamente chiesto, con una dichiarazione ufficiale, la fine della violenza, dopo i continui attacchi alle chiese e ai centri di gravidanza pro life: "Esortiamo i nostri rappresentanti eletti a prendere una posizione forte contro questa violenza e le nostre autorità di polizia ad aumentare la loro vigilanza nel proteggere coloro che sono in maggiore pericolo", hanno scritto i vescovi, con un chiaro richiamo al colpevole silenzio del presidente Biden. Il cardinale Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York (responsabile per la libertà religiosa), e William E. Lori, arcivescovo di Baltimora (responsabile per le politiche pro life), a nome di tutti i vescovi, hanno lamentato come questi atti siano chiaramente in "opposizione agli insegnamenti della Chiesa sulla vita nel grembo materno". Mercoledì 15 giugno si è avuta notizia di altri centri pro life cattolici vandalizzati e incendiati in due diverse città: Filadelfia e Portland.

    MINACCE SEMPRE PIÙ VIOLENTE
    Dopo il tentato omicidio plurimo ai danni del giudice Brett Kavanaugh e della sua famiglia, e dopo le minacce sempre più violente contro i figli e le chiese frequentate da Amy C. Barrett e Samuel Alito, nonché contro questi stessi giudici, Biden non ha ancora espresso una sola parola di condanna verso questi terroristi interni e, addirittura, 27 deputati del Partito Democratico hanno votato contro l'approvazione finale della legge che dovrebbe rafforzare la sicurezza di giudici e funzionari della Corte Suprema. Siamo di fronte a un fiancheggiamento e finanche a un sostegno, chiaro e gravissimo, alle violenze. I mass media "il-liberal" non hanno dato alcuno spazio, a sette giorni dagli avvenimenti, nemmeno al tentato omicidio del giudice Kavanaugh; in nessuna delle trasmissioni televisive dei grandi network di informazione americana - ABC, CBS, NBC e CNN - si è sfiorato il tema dell'incidente che poteva costare la vita al giudice e alla sua famiglia. Inutile chiedersi cosa avrebbero fatto i politici Dem e la grande stampa nazionale se ad essere minacciate fossero state le vite e le famiglie dei giudici liberal.

    NESSUNA MISURA DI SICUREZZA
    Al momento nessuna nuova misura di sicurezza è stata presa per la tutela dei giudici, anche perché la legge approvata in tal senso dal Congresso non è stata ancora firmata da Biden. Anzi, il silenzio del presidente sul fronte della sicurezza dei giudici potrebbe, all'opposto, anticipare la decisione di emanare un ordine esecutivo pro aborto, come già anticipato il mese scorso. Sarebbe un atto puramente politico e autoritario, che ordinerebbe alle agenzie federali di tutelare l'aborto nell'intero Paese contro ogni legislazione dei singoli Stati. Un atto chiaramente incostituzionale (non esiste un diritto costituzionale all'aborto) che sarebbe probabilmente abrogato dai giudici in breve tempo, ma invierebbe un chiaro segnale ai rivoltosi violenti, come dire che il presidente degli Stati Uniti appoggia totalmente la loro guerra e le loro violenze contro la vita del concepito e chiunque osi difendere la dignità dei bimbi non nati e la maternità.
    Un concetto ribadito, del resto, anche dalla vicepresidente Kamala Harris in questi giorni: "L'aborto è una questione di libertà". E rilanciato dai soliti gruppi di pressione, come l'Associazione Medica Americana ("Vietare l'aborto è contro i diritti umani") e il Guttmacher Institute, che ha commentato favorevolmente la crescita degli aborti nel Paese (+8% nel 2020), dopo anni di declino.

    Biden istituisce il ministero della veritÃ

    Biden istituisce il ministero della veritÃ
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7021

    BIDEN ISTITUISCE IL MINISTERO DELLA VERITA' di Valerio Pece
    I fatti sono questi (e sono grossi). Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha istituito un "Consiglio per il controllo della disinformazione" (Disinformation Governance Board) al fine di prevenire fake news, specie in tema di guerra e di immigrazione irregolare. «C'è qualcosa di più distopico di un consiglio per la governance della disinformazione gestito dal governo federale?». La domanda del politico repubblicano Willie Montague è la stessa che si stanno facendo milioni di americani.
    Il dibattito, su media e social, monta di ora in ora, mentre il neonato (e occhiuto) Disinformation Governance Board viene accostato sempre di più al romanzo "1984" di George Orwell, tanto da mandare in tendenza, su Twitter, l'hashtag "Ministero della Verità" (l'ente pubblico destinato alla censura immaginato dal romanziere).
    Il pericolo per cui il potere centrale americano potrebbe controllare e gestire la libertà di parola sul web è autoevidente, tanto che è difficile stare dietro ai tonici commenti delle personalità del mondo conservatore. «È una vergogna progettata per monitorare gli americani», così il senatore del Missouri Josh Hawley, «tanto che all'inizio ho pensato che l'annuncio fosse "satira"». Gli fa eco Errol Webber, già candidato repubblicano allo Stato della California: «Adolf Hitler aveva un Ministero della Verità. Joseph Goebbels aveva un Ministero della Verità. Joseph Stalin aveva un Ministero della Verità. Joseph Biden ha un Ministero della Verità».

    ELON MUSK TRASCINATO A DEPORRE
    Gran parte dell'opinione pubblica americana, poi, non ha potuto non notare il perfetto tempismo con cui l'amministrazione Biden ha seguito le mosse di Elon Musk, il quale aveva dichiarato l'intenzione di fare di Twitter un «paradiso per la libertà di parola». A sintetizzare quella che a molti è sembrata una marcatura a uomo ci ha pensato Troy Nehls, altro politico repubblicano: «Non avevano bisogno di un "Comitato per la governance della disinformazione" fino a quando @elonmusk non ha minacciato il loro controllo sulla narrazione».
    Sempre a proposito di tempismo sospetto intorno al magnate (che intanto non ha mancato di giudicare «sconfortante» la nascita del Disinformation Governance Board), è di giovedì sera la notizia che il Partito Democratico americano sta pensando di trascinare Musk in un'audizione, al fine di interrogarlo sui suoi piani. Notizia che a più di qualcuno è suonata come un tentativo di intimidazione. Il senatore Ed Markey, riferisce Bloomberg, ha definito Twitter «centrale per la democrazia e la nostra economia», per cui urge «capire quale sarà la politica del nuovo proprietario». Anche il senatore democratico Richard Blumenthal, parlando di un'America "preoccupata", ha sostenuto che Musk dovrebbe testimoniare: «Sentiamo una forte urgenza di chiedergli di riferire al Congresso e al popolo americano come affronterà le preoccupazioni che abbiamo sollevato».

    TUCKER CARLSON: «MA COS'È LA DISINFORMAZIONE?»
    Per ora, comunque, la preoccupazione degli americani non sembra essere affatto la "troppa libertà" garantita da Musk, bensì il neonato Consiglio orwelliano a firma Biden e le garanzie di imparzialità che esso può fornire. Sul punto si è espresso con particolare vigore Tucker Carlson, il più noto giornalista conservatore americano, che in un lungo articolo ha inquadrato la particolare collocazione istituzionale del neonato Consiglio (cosa sfuggita ai più). Nello specifico, Carlson ha ricordato che il Disinformation Governance Board «non fa parte del Dipartimento di Stato o di qualsiasi altra agenzia focalizzata sulle minacce straniere dall'estero», bensì «del Dipartimento della Sicurezza Interna, un'agenzia delle forze dell'ordine progettata per sorvegliare gli Stati Uniti». La star televisiva di Fox News lamenta che se il segretario del Dipartimento della Sicurezza Interna Alejandro Mayorkas ha spiegato agli americani che «la disinformazione è una minaccia per la sicurezza nazionale [...] quello che non ha detto è come egli intenda definire la disinformazione».
    Mancherebbe, come al solito in questi casi, l'oggetto del contendere. Carlson non manca di spiegare anche il perché: l'amministrazione USA «vuole potere, e per ottenerlo ha in programma di controllare ciò che pensi», ciò significa che «i nemici politici di Joe Biden sono ora ufficialmente nemici dello Stato».

    NINA JANKOWICZ, NOVELLA MARY POPPINS
    A complicare ancora di più le cose c'è la giovane donna che il Presidente degli Stati Uniti d'America ha messo a capo del "Consiglio per il controllo della disinformazione". Si tratta di Nina Jankowicz, trentatreenne russa, che giorni fa sul caso Musk si è espressa in termini per nulla consoni al suo ruolo di arbitro: «Mi vengono i brividi al pensiero che gli assolutisti della libertà di parola stiano prendendo il controllo di più piattaforme».
    Già in passato Nina Jankowicz si era distinta per manifesta partigianeria, mettendo in dubbio, ad esempio, le scottanti notizie intorno al famigerato laptop di Hunter Biden (che da tempo molte testate importanti hanno assicurato essere autentiche). Jankowicz ne aveva liquidato i contenuti prima come «un prodotto della campagna di Trump», e poi come «influenza russa», senza fornire alcuna prova né in una direzione né nell'altra.
    Nina Jankowicz è salita agli onori delle cronache anche per una performance canora ad alto tasso politico (eseguita su Tiktok sulle note di "Supercalifragilistichespiralidoso"), in cui si diverte a canticchiare fake news provenienti rigorosamente dagli oppositori delle politiche di aria liberal. Commentando l'exploit dell'attivista democratica novella Mary Poppins, prima Tucker Carlson paragona il neonato "Consiglio per il controllo della disinformazione" all'Nkvd (lo spietato "Commissariato Per gli Affari Interni" operante ai tempi della repressione sovietica), poi chiosa: «Solo che l'Nkvd, anche al culmine delle epurazioni di Stalin, non ha mai fatto karaoke. Aveva troppa dignità».

    Elon Musk compra Twitter e promette più libertÃ

    Elon Musk compra Twitter e promette più libertÃ
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6997

    ELON MUSK COMPRA TWITTER E PROMETTE PIU' LIBERTA' di Fabrizio Cannone
    Da alcuni giorni le agenzie e i media del globo parlano, con toni accesi, e spesso piuttosto critici, dell'imprenditore americano Elon Musk, il notissimo fondatore di Tesla, SpaceX e di PayPal. E non solo perché, secondo Forbes, «al 25 aprile 2022, con un patrimonio stimato di 264,6 miliardi di dollari, risulta essere la persona più ricca del mondo».
    Ma soprattutto ne parlano per l'ultima acquisizione messa a segno dal magnate di origine sudafricana. Ovvero Twitter, uno dei social network più diffusi e usati, tanto da fare concorrenza ai giganti di Zuckerberg, ovvero Facebook e Instagram.
    Elon Musk però, senza con ciò voler difendere in toto una figura comunque discussa e discutibile, a differenza di molte altre personalità del mondo della comunicazione, ha sempre difeso la libertà di pensiero, di stampa e di parola. Facendosi notare anche per alcune sue idee, certamente controverse, ma comunque libere e controcorrente.
    Per esempio ha difeso la natalità come risposta al declino demografico e ha criticato apertamente l'ideologia woke, definita come «divisiva, escludente e odiosa». Un'ideologia che, secondo Musk, offrirebbe «alle persone cattive uno scudo per essere meschine e crudeli, mascherate dietro una falsa virtù».
    A tal proposito ha collegato il calo di abbonamenti registrato da Netflix alla stessa ideologia, che sarebbe una forma della Cancel culture, la cultura dell'azzeramento delle radici e ripetutamente si è proclamato come un «assolutista della libertà», contrario quindi alle censure politicamente corrette che abbondano sul web e lo inquinano. E che sono qualcosa di ben diverso dalla legittimazione dell'insulto, dell'odio o dalla diffusione delle fake news.
    Come ricordano i pro life americani, Twitter, assieme a Facebook e Youtube, ha oscurato più volte - e senza alcuna ragione plausibile - coloro che nell'etere difendono la vita (dal concepimento alla morte naturale), la pace, la procreazione e la famiglia tradizionale.
    Musk invece, proprio in un Tweet, ha dichiarato: «La libertà di parola è il fondamento di una democrazia che funzioni», nutrendo la speranza che «anche i miei peggiori critici rimangano su Twitter, perché questo è ciò che significa libertà di parola».
    Tra le migliaia di account soppressi in passato da Twitter, in nome verosimilmente della sottomissione al politicamente corretto, figura per esempio l'account del magnifico film Unplanned, che racconta la storia di una militante abortista, già direttrice di una clinica della Planned Parenthood, diventata poi una fervida attivista per la difesa della vita umana innocente.
    Stupisce quindi, anche se non del tutto, il fatto che in una società che ha fatto del "vietato vietare" uno dei suoi idoli, ora, tutt'a un tratto, l'accesso dell'iper libertario Musk ad una delle piattaforme del dialogo, della comunicazione e del confronto, venga vista con timore e tremore da alcuni osservatori, ideologici e un pochino oscurantisti.

    Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Elon Musk compra Twitter, per la libertà di espressione" si chiede se così si rischia la dittatura informatica, ma in realtà è il contrario. Musk promette più libertà. Ed è quel che la sinistra teme.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 aprile 2022:
    Elon Musk, imprenditore di origine sudafricana e canadese, ha acquistato Twitter, in decadenza da anni, al costo strabiliante di 44 miliardi di dollari. Per Jack Dorsey, co-fondatore del social, si tratta della "scelta giusta". Forse c'è un po' di ipocrisia in queste frasi di circostanza, perché la battaglia per l'acquisto è stata lunga e dura. Ma di sicuro, politici, celebrities e influencer della sinistra non l'hanno presa bene.
    Carola Rackete, per cominciare, molto nota al pubblico italiano (siciliano in particolare), ha dichiarato, su Twitter, di essere "stanca di Twitter" e di pensare di cancellare il suo profilo, "soprattutto dopo l'acquisto da parte di Elon Musk". Jameela Jamil, conduttrice televisiva, lancia un'accusa esplicita all'imprenditore: «Con l'acquisto di Twitter, Musk lascerà la piattaforma e la smetterà di essere una minaccia per la società». Addirittura. Amnesty International twitta due sole parole di commento, sull'acquisto del secolo: «Twitter Tossico». Né più né meno.
    Parrebbe quasi che l'acquisto di Twitter da parte di Elon Musk sia la premessa di una dittatura informatica. Invece è proprio il contrario. Il miliardario, proprietario di Tesla e di Space X, quindi anche della rete Internet satellitare Starlink, ha specificato che l'acquisto di Twitter serve a rilanciare la libertà di parola. «Ho investito in Twitter dal momento che credo nel suo potenziale di piattaforma per la libertà di espressione in tutto il mondo e credo che la libertà di parola sia un imperativo sociale in una democrazia funzionante». Musk, spiegando meglio cosa intenda, afferma: «Per "libertà di parola", intendo semplicemente ciò che corrisponde alla legge. Sono contro la censura che va ben oltre la legge. Se le persone vogliono meno libertà di parola, chiederanno al governo di approvare leggi in tal senso. Pertanto, andare oltre la legge è contrario alla volontà del popolo». A dire il vero, è già un concetto debole della libertà di parola (visto che viene fatto dipendere dalla maggioranza del momento), ma è comunque un'affermazione della legalità contro l'arbitrio puro di questi anni.
    Il punto è che, per la sinistra culturale odierna, si deve tappare la bocca a produttori di contenuti politicamente scorretti, costi quel che costi. Ad esempio Severgnini, commenta così: «Se free speech però vuol dire libertà di insultare, diffamare, minacciare e mentire (in forma anonima, of course), o di sovvertire la democrazia (come ha provato a fare Trump), allora Twitter non ci interessa più, caro Elon Musk». Da notare: insulto e diffamazione, minaccia e dichiarazione di falso a mezzo stampa, sono già reati e perseguiti dalla legge. L'unica cosa che resta, di questo ragionamento, è negare il diritto di parola a Donald Trump (che per altro è ora un privato cittadino da più di un anno), o a chi si presenta come lui, dalla parte "sbagliata". Benché non nomini direttamente l'ex presidente, anche il regista Rob Reiner (Stand by me, Harry ti presento Sally, Codice d'onore) chiede di continuare a censurarlo: «Ora che Elon Musk compra Twitter, una domanda per tutti noi: permetterà ad un criminale che ha usato questa piattaforma per mentire e diffondere disinformazione per cercare di rovesciare il governo degli Stati Uniti, di tornare e continuare con la sua attività criminale? Se lo farà, come possiamo combatterlo?».
    Donald Trump era stato bannato a vita da Twitter ed è solo l'ultimo esempio dell'autocensura: una censura voluta dal proprietario stesso, senza ordini dallo Stato. Negli anni dell'amministrazione repubblicana, proprio grazie alla prolifica attività di Trump e alla sua capacità di comunicare in modo sintetico, Twitter era finito nel mirino dei giornalisti e della sinistra di tutto il mondo. "Come permetteva" al presidente repubblicano, al tycoon, di comunicare, mandare i suoi messaggi, rintuzzare gli insulti, replicare seccamente agli altri capi di Stato, rimanendo impunito? La mania del "fact checking indipendente" è nata da lì: controllare le affermazioni di Trump e dei suoi sostenitori. La seconda fase è incominciata con la pandemia. A quel punto era considerato "inammissibile" per un social network diffondere informazioni che non fossero conformi alle linee guida, per altro molto mutevoli, dell'Oms e del governo. Infine si è raggiunto un livello ancor più esplicito di autocensura quando si sono svolte le elezioni presidenziali del 2020. Twitter ha bloccato il quotidiano New York Post, quando aveva pubblicato lo scoop delle email di Hunter Biden, il figlio del candidato democratico. Non solo: ha bloccato anche tutti gli utenti che rilanciavano la notizia. Compresa la Casa Bianca ed altri siti istituzionali.
    Man mano che Twitter diventava più "responsabile", la libertà di parola si riduceva al suo interno. La campagna successiva, dopo Trump e dopo il Covid, era già iniziata: in occasione della Giornata della Terra, Twitter aveva annunciato la volontà di bannare tutte le fonti di informazione "contrarie al consenso scientifico" sul cambiamento climatico.
    Elon Musk invertirà la tendenza? Di sicuro ne ha tutto l'interesse, oltre che l'intenzione. Interesse economico: tanti utenti di Twitter stanno tornando e l'impennata del valore delle azioni è lì a dimostrare che quella è la direzione giusta. Essendo un "integralista della libertà di espressione", appare neutrale su tutte le grandi questioni morali. Ma quel poco che dice, rivela un notevole coraggio ad andare controcorrente. Musk, con Tesla, è un grande produttore di auto elettriche. Con il progetto Hyperloop mira a costruire treni talmente veloci da far la concorrenza agli aerei. Ma non è un fondamentalista del cambiamento climatico. In un intervento alla Conferenza mondiale sull'intelligenza artificiale del 2019 ha dichiarato: «La maggior parte della gente pensa che abbiamo troppe persone sul pianeta, ma in realtà questa è una visione obsoleta. Il problema più grande che il mondo dovrà affrontare tra 20 anni sarà il crollo della popolazione. Non l'esplosione. Il crollo». Ha dunque, quantomeno, l'interesse che persone con idee di minoranza possano esprimersi liberamente.

    Il ritorno di Trump e il tramonto di Biden

    Il ritorno di Trump e il tramonto di Biden
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6833

    IL RITORNO DI TRUMP E IL TRAMONTO DI BIDEN di Stefano Magni
    E allora Donald Trump è ancora candidato presidente per i Repubblicani nelle elezioni del 2024. Ma solo secondo il sondaggio informale che si è tenuto domenica alla conclusione della Cpac, la conferenza annuale dei conservatori americani. L'ex presidente ha vinto con il 59% dei voti, contro il 28% di Ron De Santis, governatore della Florida, padrone di casa, visto che la conferenza si è tenuta a Orlando, nel suo Stato.
    La Cpac è rappresentativa dell'ala più militante e motivata del Partito Repubblicano, non del partito nel suo complesso, né dell'insieme dei suoi elettori. Non tutti i repubblicani, infatti si identificano nel conservatorismo. Però i conservatori rappresentano l'anima del partito e da almeno quaranta anni ne dettano le tendenze con un buon margine di anticipo. La vittoria di Trump, dunque, non ha un grande valore predittivo (nel 2016 la Cpac l'aveva vinta Ted Cruz, tanto per fare un esempio), ma è bene tenerne conto per capire che aria tira nella destra americana. Di solito si dice che il secondo arrivato non conta nulla. In questo caso, invece, l'affermazione di Ron De Santis è importante e non solo perché era il governatore dello Stato che ospitava l'evento. La percentuale dei voti per lui è cresciuta di quasi un terzo rispetto all'anno scorso, mentre Trump ha perso 11 punti percentuali. Dunque il margine si riduce e, in un sondaggio separato, senza Trump, si è affermato il governatore della Florida con il 61% dei voti. Fra Trump e De Santis si è creato un rapporto di sempre maggior rivalità, come comprensibile. Potrebbero essere loro i duellanti delle primarie del 2024.

    UN'OCCHIATA AI CONTENUTI
    Importante anche dare un'occhiata ai contenuti. L'enfasi di tutti i discorsi è stata posta, comprensibilmente, sulla debolezza dell'amministrazione Biden, sulla repressione delle libertà da parte dei Democratici con il pretesto della pandemia, sulla guerra culturale, con il pericolo di una "rivoluzione woke" ormai in vista. Anche Marco Rubio, che pure è il più moderato fra gli ex candidati presidenziali, è dell'idea che la libertà in America sia ormai in pericolo. Che si possa cambiare ogni cosa, senza sangue e senza rivoluzione, grazie alla democrazia e alla libertà di espressione, ma che ormai la libertà sia messa in discussione. Unanime è il sostegno alla protesta dei camionisti canadesi (ed ora è iniziata anche quella dei colleghi e simpatizzanti statunitensi) contro l'obbligo di vaccinazione. "Una linea è stata superata - ha tuonato Donald Trump - O stai con i camionisti pacifici o sei con i fascisti di sinistra!"
    L'Ucraina è un tema ricorrente nei discorsi dei politici, anche dell'ospite italiana Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d'Italia ha dichiarato che l'Ucraina "è una nazione orgogliosa" che "sta dimostrando a tutto il mondo cosa vuol dire combattere per la libertà. Oggi è il momento di essere uniti e prendere posizione. E sappiamo molto bene che la nostra parte è il mondo occidentale". È invece assente nel discorso di Ron De Santis che si è concentrato sui temi di Covid, libertà e woke revolution, vantando la libertà che lui stesso ha garantito all'interno del suo Stato "del sol levante". Ma non ha parlato di politica estera. Un silenzio strano, considerando il suo attivismo dimostrato durante le rivolte in Venezuela e a Cuba, decisamente più vicine alla sua terra e al suo elettorato. Il conflitto europeo è invece al centro dei discorsi del senatore Rubio, dell'ex Segretario di Stato Mike Pompeo e anche di Donald Trump.

    QUANDO C'ERA TRUMP, PUTIN NON HA ATTACCATO NESSUN ALTRO PAESE
    I media erano prontissimi (ancora con il Russiagate in testa) a riportare dichiarazioni pro-Putin. Ma non hanno avuto questa soddisfazione, anche se molti si sono lanciati in filippiche sul presunto putinismo dei nuovi Repubblicani, probabilmente senza neppure ascoltare i loro interventi. Rubio, da sempre appassionato alla causa della difesa delle democrazie, ha messo gli americani in guardia dal rischio dell'espansionismo del Cremlino. "Il discorso che Putin ha tenuto per giustificare l'aggressione all'Ucraina, può valere allo stesso modo per i Paesi Baltici". Trump vanta di essere stato "l'unico presidente del 21mo secolo sotto il quale Putin non ha attaccato nessun altro Paese". Siccome nello scandalo che aveva portato all'impeachment, sotto accusa era la sua telefonata proprio con il presidente Zelensky, ora lo cita come "un eroe" che sta resistendo all'invasione russa. Trump sotto accusa per aver definito Putin "un genio", e più recentemente "intelligente", ribadisce: "Certo che è intelligente. Ma il problema non è la sua intelligenza, semmai la stupidità dei nostri leader (...) Putin sta suonando Biden come un tamburo e non è un bello spettacolo per chi, da patriota, vi assiste qui in America".
    Mike Pompeo, anch'egli criticato per aver dipinto Putin come un uomo intelligente, è stato ancor più chiaro in merito: "Noi vediamo un dittatore russo che sta terrorizzando il popolo ucraino, perché l'America non ha dimostrato la determinazione che noi abbiamo avuto negli ultimi quattro anni". Sulle sue presunte "lodi" a Putin, ha dichiarato alla Cbs: "Anche io voglio battere Vladimir Putin, naturalmente. Ma non puoi fingere che il tuo nemico sia debole, quando non lo è. Non puoi fingere che sia stupido, quando è intelligente".
    La guerra in Ucraina è relativamente poco discussa. Non è un tema che preoccupa la platea conservatrice, prima di tutto. Fra i sondaggi, quello sulle minacce principali agli Usa rivela, ad esempio, che la maggioranza considera che il pericolo peggiore provenga dall'interno degli Usa. Dunque dalla sinistra. Solo un terzo dei presenti indica una minaccia esterna e la individua, però, nella Cina. L'America, spaccata al suo interno dalla nuova rivoluzione culturale, è sempre più isolazionista. Se teme qualcosa, semmai, guarda al Pacifico. E a noi europei può spettare un futuro in cui dovremo difenderci da soli.

    Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Stefano Magni, nell'articolo seguente dal titolo "Parole, omissioni (e gaffe) nel primo discorso di Biden" spiega che il discorso del Presidente alla nazione si può riassumere in tre punti: sconfitte omesse, successi gonfiati, molta enfasi su quel che sta avvenendo in Ucraina.
    Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 3 marzo 2022:
    Sconfitte omesse, successi gonfiati, molta enfasi su quel che sta avvenendo in Ucraina. Se si può lapidariamente riassumere il discorso alla nazione di Joe Biden, il primo State of the Union, alla conclusione del primo anno di amministrazione, queste sono le sue tre caratteristiche. E non manca la gaffe, tipica dell'uomo: "Putin può circondare Kiev con i carri armati, ma non conquisterà mai i cuori e le anime del popolo iraniano (sic!)". Un brutto lapsus freudiano, oppure un "ukrainian" talmente distorto che tutti hanno capito "iranian" e così è stato riportato persino nella trascrizione del New York Times. In un momento drammatico in cui tutti stanno vivendo col fiato sospeso, almeno un po' di leggerezza ci voleva.
    L'inizio del discorso, tutti i primi quindici minuti, è stato dedicato all'Ucraina. L'invasione russa è considerata come "una scossa alle fondamenta stesse del mondo libero". [...] Tuttavia, a questa visione del mondo, tipica degli idealisti, non segue l'enunciazione di una strategia, all'infuori delle sanzioni economiche. [...] La sua visione della Russia, popolare negli Usa, parrebbe fondarsi sull'idea dello Stato criminale in cui gli oligarchi hanno come primo fine il guadagno e, se privati dei loro yacht, appartamenti e jet, sarebbero pronti a uccidere Putin che glieli ha fatti perdere. Ma la classe dirigente russa è costituita da militari e agenti dei servizi (lo stesso Putin viene dal Kgb). Con questa guerra ha dimostrato di non essere affatto interessata al denaro, ma di compiere una missione "storica", a prescindere dai costi. A giudicare dal discorso di Biden e dalle azioni fin qui intraprese, a quanto pare manca un'idea chiara per contenere (o far arretrare) questa Russia.
    Non ci sono altri temi di politica estera. La Russia ha involontariamente dato al presidente la possibilità di non parlare di Afghanistan. Neanche un accenno alla ritirata precipitosa che ha lasciato il mondo attonito, lo scorso agosto. E soprattutto, neanche un accenno ai 13 militari americani morti nell'attentato dell'aeroporto di Kabul mentre coprivano la ritirata. Comprensibile che il presidente non vada a rinvangare in quella che è sicuramente una sua sconfitta. Ma non ammettere gli errori, non parlarne, non rendere omaggio alle vittime, non è sicuramente un segno di auto-stima.
    Il grosso del discorso di Biden è sulla ricostruzione dell'economia americana, dopo due anni di crisi pandemica. [...] L'economia americana sta recuperando rapidamente, ha raggiunto e superato leggermente i livelli pre-crisi, ma questo dopo una rapida e profonda recessione nel 2020. Ed anche le persone assunte l'anno scorso, non possono essere contate come "nuovi" posti di lavoro, se non si tolgono i dati sui licenziamenti nel 2020. Si parla di rimbalzo, non di una vera crescita. Per altro, il tanto contestato taglio di tasse di Donald Trump aveva garantito, invece, una crescita record, molto maggiore rispetto agli anni di Obama. In compenso si sta registrando, in questo inizio 2022, la più rapida crescita dell'inflazione degli ultimi 40 anni.
    Su un punto, Biden è indistinguibile da Trump: il protezionismo. Buona parte del discorso economico è improntato sul principio America First: "Noi usiamo i dollari del contribuente americano per ricostruire l'America.

    In America il vento sta cambiando... in meglio

    In America il vento sta cambiando... in meglio
    VIDEO: Il vento sta cambiando ➜ https://mazzoninews.com/2021/12/18/il-vento-sta-cambiando-mn-154/

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6853

    IN AMERICA IL VENTO STA CAMBIANDO... IN MEGLIO di Roberto Mazzoni
    Negli ultimi mesi la situazione politica americana ha mostrato alcuni importanti segni di cambiamento. La divisione tra Repubblicani e Democratici, tra bianchi e neri, sta perdendo importanza e, dopo una continua raffica di bugie dalla classe politica al potere e dai media mainstream, ora vogliono qualcuno che si occupi in modo equilibrato dell'economia, dei loro figli e della sicurezza delle città.
    Come dice giustamente Tucker Carlson, il giornalista televisivo in assoluto più seguito negli Stati Uniti, siamo a un punto di svolta. E il segnale di questa svolta sono state le recenti elezioni governatoriali nello stato della Virginia e del New Jersey.

    IL SUPERAMENTO DELLE DIVISIONI
    Siamo nel mezzo di un vero e proprio riallineamento politico che ha colto di sorpresa le élite finanziarie e politiche americane e rischia di travolgerle nel corso del 2022. Vediamo anche emergere una nuova generazione di politici che possono ripulire l'evidente corruzione che ha infestato anche il Partito Repubblicano negli ultimi vent'anni. Il video di Carlson è stato registrato subito dopo le elezioni che si sono tenute a primi di novembre, ma è tutt'ora attualissimo.
    Sentirete un riferimento alle leggi discriminatorie ancora attive negli Stati Uniti negli anni Sessanta in base alle quali i neri non potevano bere alle stesse fontanelle dei bianchi e dovevano mangiare e vivere in posti a loro riservati. Gran parte di tali leggi erano state attuate da politici del Partito Democratico che le hanno difese fino alla fine. [...]
    Il vero confronto in America si sta spostando non più tra Democratici e Repubblicani, bensì tra i cosiddetti progressisti, vale a dire i campioni moderni del materialismo, e una nuova ondata di risveglio spirituale che si sta sviluppando al di fuori delle istituzioni religiose canoniche, con lo sviluppo di migliaia di nuove organizzazioni a sfondo sociale e religioso che entrano in campo.
    Winsome Sears è il nuovo vicegovernatore della Virginia è una dimostrazione vivente della possibile riconciliazione tra le due fazioni. Nel video vediamo la sua testimonianza diretta. Quando si parla di Commonwealth s'intende stato, quando invece si parla si sfondare il soffitto di cristallo, è un modo di dire americano per riconoscere che una donna è riuscita per la prova volta a raggiungere obiettivi mai raggiunti da altre donne. [...]

    LA CLAMOROSA FUGA DAGLI STATI GESTITI DAL PARTITO DEMOCRATICO
    Ma grandi cambiamenti nella popolazione statunitense si vedono non solo alle elezioni. La fuga dai cosiddetti stati Blu o liberali, vale a dire quelli gestiti dal Partito Democratico, verso gli stati Rossi o conservatori, vale a dire quelli gestiti dal Partito Repubblicano, è ormai inarrestabile. Ed è inoltre accelerata dalle continue restrizioni imposte dal Partito Democratico con la scusa del covid. Tomi Laren è una giovane giornalista molto seguita dalle nuove generazioni di americani. Lei ha vissuto per lungo tempo in uno stato a gestione democratica e di recente di è trasferita in Tennessee. In questo video ci fornisce un punto di vista più diretto dell'elettorato più giovane. [...]
    Per inciso, circola la notizia che Nancy Pelosi stia trattando per comperare una villa da parecchi milioni in Florida e sia pronta anche lei a trasferirsi da San Francisco.
    Ma la situazione è confermata anche dalle televisioni di orientamento democratico e dallo stesso New York Times, una testata molto vicina al Partito Democratico. Kim Iversen, la giornalista indipendente che fa questa relazione, mostrando anche spezzoni del documentario del New York Times, dice di aver votato per tutta la vita per il Partito Democratico, eppure ne critica pesantemente la leadership.
    Il vento è cambiato e nel 2022 soffierà ancora più forte e vediamo alcuni temi, come il controllo dei genitori sull'istruzione e la libertà dalla restrizioni covid che stanno unificando gli americani, mentre emergono nuovi politici capaci di ispirare più fiducia rispetto al passato e che possono concretamente lavorare per migliorare la situazione.

    Elezioni Usa in Virginia vincono i repubblicani per aver difeso la libertà educativa dei genitori

    Elezioni Usa in Virginia vincono i repubblicani per aver difeso la libertà educativa dei genitori
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6779

    ELEZIONI IN VIRGINIA: VINCONO I REPUBBLICANI PER AVER DIFESO LA LIBERTA' EDUCATIVA DEI GENITORI di Luca Volontè
    "Non penso che i genitori dovrebbero dire alle scuole cosa dovrebbero insegnare", questo era stato il messaggio ai genitori delle scuole della Virginia dall'ex governatore democratico Terry McAuliffe, all'apertura della campagna elettorale quando chiedeva una riconferma al ruolo Governatore del 2021.
    Invece è stato sconfitto, proprio e grazie alla forza dimostrata dalle associazioni di genitori che da mesi stavano combattendo contro le amministrazioni scolastiche statali, alle quali chiedevano di interrompere l'indottrinamento LGBTI impartito ai propri figli. Proprio la coriacea difesa della libertà di educazione e dei diritti dei genitori in campo educativo, sono stati i due elementi che hanno determinato la vittoria del candidato Repubblicano Glenn Youngkin ed alla sua elezione a Governatore dello stato.
    Una vittoria ampia che porterà ad una maggioranza anche nel parlamento dello Stato, ed ha già consentito l'elezione del vice governatore e del procuratore generale, dopo un decennio di governo e maggioranza democratica della Virginia. L'aspetto più sorprendente, esemplare ed entusiasmante della campagna elettorale in Virginia, è stato il ruolo che l'educazione ed i genitori hanno giocato nel far vincere il partito repubblicano.
    E' la prima volta che la libertà di educazione e le elezioni dei consigli scolastici locali diventano l'oggetto principale dei dibattici politico-elettorali, la prima volta che libere forme di associazioni di genitori possono determinare risultati politici importanti. In un articolo sul 'Wall Street Journal' dello scorso 3 novembre, due dei maggiori esperti di politica educativa americani, Max Eden e Brad Wilcox, hanno spiegato come la vittoria del repubblicano Youngkin renda il partito Repubblicano un "partito dei genitori".
    L'insistenza della sinistra culturale e del partito Democratico nel promuovere l'ideologia LGBTI nelle scuole di ogni ordine e grado ha alimentato le proteste dei genitori e, di conseguenza, l'ondata repubblicana. Un dato oggettivamente a favore della trasformazione dei Repubblicani in partito dei genitori viene dalle indagini demografiche: la maggioranza dei repubblicani dai 18 ai 55 anni sono genitori (61%), mentre solo una minoranza dei democratici lo sono (45%). Nei commenti al voto in Virginia della 'Reuters' e del 'The Guardian', emerge tutto il livore dei perdenti e le accuse di 'strumentalizzazione' che i Repubblicani farebbero della libertà educativa per poter vincere le prossime elezioni di metà termine del novembre 2022.
    E' così? La guerra culturale e la rieducazione dei ragazzi nelle scuole, promossa dai Governatori Democratici e dalla Amministrazione Biden va a tutto vantaggio del partito Repubblicano, come dice il New York Times, ma è la presa di coscienza dei diritti dei genitori in campo educativo che fa la vera differenza. L'educazione è uno dei principali campi di battaglia della politica americana, possiamo dire mondiale, perché oppone la macchina istituzionale di sinistra e dei partiti socialisti e democratici ai genitori, alla libertà educativa dei figli e, in ultima analisi, alla democrazia.
    La trasformazione sociale radicale non può più rimanere sottaciuta, l'esempio americano ci dice che i genitori hanno un fondamentale ruolo per contrastarla e possono determinare l'esito elettorale e politico. La grande lezione delle elezioni di martedì 2 novembre in Virginia è che i genitori americani si sono svegliati, hanno preso atto dei pericoli gravissimi che correvano i propri figli e hanno deciso di difendere, non solo il principio, ma anche l'esigibilità del diritto alla libertà educativa. [...]

    Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Virginia repubblicana e gli altri voti contro l'estremismo" spiega che in Virginia ha vinto il candidato repubblicano Glenn Youngkin, causando per i Democratici una sconfitta bruciante, a causa del loro estremismo ideologico.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 4 novembre 2021:
    Nelle elezioni per i nuovi governatori, negli Stati Uniti, in Virginia ha vinto il candidato repubblicano Glenn Youngkin, mentre nel New Jersey il democratico Phil Murphy. Ma non può considerarsi come un pareggio: i Democratici hanno subito una sconfitta bruciante e devono iniziare a preoccuparsi per le elezioni di medio termine, che si terranno fra un anno esatto, per il rinnovo del Congresso.
    I risultati della Virginia hanno sorpreso tutti. Il candidato del "partito dell'asinello" era dato per favorito in uno Stato che fin dal 2014 è governato dai Dems e che ha eletto Joe Biden, nel 2020, con un margine di vantaggio di oltre il 10% dei voti. Come candidato, Terry McAuliffe aveva dalla sua soldi ed esperienza. Già governatore, è stato appoggiato nella sua campagna elettorale dagli interventi del presidente, della vicepresidente Kamala Harris e dell'ex presidente Barack Obama. Contro di lui, le primarie dei Repubblicani erano state vinte da Glenn Youngkin, noto per essere un ottimo giocatore di basket, ma assolutamente un neofita della politica. La novità e la gioventù di un uomo di successo, prima sportivo poi negli affari (al punto che ha potuto auto-finanziarsi la campagna) hanno sicuramente giocato a favore del conservatore. Youngkin è stato abbastanza abile da risultare sia indipendente da Trump che vicino, idealmente, all'ex presidente. E quest'ultimo lo ha sostenuto al momento buono, invitando i suoi supporters a "inondare i seggi" per votarlo. I Democratici, che hanno giocato in lungo e in largo la carta dello spauracchio Trump, hanno perso, sono stati battuti sul piano della concretezza da un elettorato che ormai non si fa più convincere dall'argomento della "resistenza" anti-trumpiana.
    L'elezione in Virginia è importante perché la libertà scolastica è stata determinante. La campagna si è svolta soprattutto sul dibattito su chi debba decidere dell'educazione dei figli. Youngkin ha puntato su due argomenti molto forti: i genitori hanno diritto di parola sulla scelta dei libri e dei programmi scolastici, specialmente se riguardano la sfera sessuale. In questi mesi il governo federale sta tentando di criminalizzare i genitori, arrivando ad equiparare le mamme e i papà che si oppongono all'educazione sessuale e ai programmi gender a gruppi violenti e incaricando Dipartimento di Giustizia ed Fbi di indagare. Questa manovra, caldeggiata dai sindacati degli insegnanti, sta creando un conflitto molto profondo, che riguarda tutte le famiglie. In campagna elettorale, il candidato democratico ha detto una cosa molto grave: "Non penso che i genitori possano dire alle scuole cosa queste debbano insegnare". La campagna repubblicana non ha fatto altro che far risentire al pubblico questa frase.
    Sempre riguardo alla scuola, la campagna di Youngkin si è concentrata soprattutto contro i programmi basati sulla Critical Race Theory, un anti-razzismo ideologico che rinnega le basi stesse della legittimità degli Stati Uniti, giudicandoli intrinsecamente razzisti. La Critical Race Theory non è insegnata nelle scuole della Virginia, ma il pericolo è che, nel prossimo futuro, entri come fonte di ispirazione dei prossimi programmi. McAuliffe ha risposto in modo ambiguo a questa sfida, prima negando il pericolo, poi di fatto facendo suo l'antirazzismo ideologico. In uno dei suoi ultimi discorsi, strizzando l'occhio alle minoranze e all'estrema sinistra, ha lamentato che il 50% degli studenti sono di colore, mentre l'80% degli insegnanti sono bianchi. In questo modo, ha fatto capire all'elettorato moderato di considerare come un problema il colore della pelle. Quindi ha dato ragione, indirettamente a Youngkin: la Critical Race Theory sarebbe potuta arrivare nelle scuole, se i Democratici avessero vinto le elezioni.
    Youngkin ha vinto anche sostenendo il diritto alla vita, in uno Stato in cui vige una legge abortista estrema: aborto legale fino al terzo trimestre se mette in pericolo la salute, anche mentale, della donna. Le associazioni per la vita hanno sostenuto il candidato repubblicano, dopo che si è dichiarato pro-life, anche se non è stato del tutto chiaro nei suoi commenti sulla nuova legge anti-abortista del Texas (oggetto di dibattito nazionale). Dall'altra parte, McAuliffe ha agitato la paura delle femministe, paventando che un governo repubblicano avrebbe vietato l'aborto in Virginia. E in questo modo sono stati paradossalmente più i Democratici dei Repubblicani stessi a creare polarizzazione sull'aborto e a spingere i pro-life a scegliere definitivamente Youngkin.
    I Democratici non hanno ancora elaborato il lutto della sconfitta subita nello Stato del Sud. La spiegazione dominante, nei tweet dei Vip e negli editoriali più militanti (anche nel sito della Tv Msnbc) è che i virginiani siano razzisti. E ritorna il fantasma della Guerra Civile: la Virginia era alla testa della Confederazione, Richmond era la capitale sudista e virginiano era pure il generale Lee che guidò l'esercito dei "ribelli". Ma la carta del razzismo, buona per spiegare ogni sconfitta inaspettata, non regge molto di fronte all'elezione della vice-governatrice repubblicana: Winsome Sears, afro-americana, veterana dei marines. O è razzista contro se stessa, o qualcosa non torna nell'alibi degli sconfitti.

    Secondo il black lives matter, il green pass discrimina i neri

    Secondo il black lives matter, il green pass discrimina i neri
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6744

    SECONDO IL BLACK LIVES MATTER, IL GREEN PASS DISCRIMINA I NERI di Leone Grotti
    Chissà come reagirà ora l'amministrazione Biden e il paladino progressista Bill de Blasio, sindaco di New York, all'ennesimo cortocircuito del politicamente corretto negli Stati Uniti. Il primo cittadino ha introdotto una sorta di green pass che impone a chi voglia mangiare all'interno dei ristoranti di essere vaccinato almeno con una dose. La decisione ha suscitato la viva protesta di Black Lives Matter, che ha tacciato di «razzismo» la misura di prevenzione contro il Covid-19.
    Tutto è iniziato il 16 dicembre, quando tre donne di colore provenienti dal Texas si sono recate al ristorante italiano Carmine's a Manhattan. Una cameriera di 24 anni all'ingresso, nel rispetto della legge, ha chiesto alle tre donne di mostrare il certificato di avvenuta vaccinazione e queste, essendone in possesso, sono entrate. Dopo pochi minuti, però, due uomini che dovevano cenare insieme alle donne hanno cercato di raggiungerle al tavolo senza avere il passaporto vaccinale, riporta il New York Times.
    A quel punto, quando la cameriera si è rifiutata di farli entrare, le tre donne si sono alzate dal tavolo e l'hanno aggredita accusandola anche di aver pronunciato frasi razziste a loro riguardo. Quest'ultimo punto è stato categoricamente negato sia dalla proprietà del ristorante che dalla cameriera. Le donne sono state fermate dalla polizia e portate in centrale di conseguenza, la cameriera è finita in ospedale.
    Prendendo le mosse da questo caso, la cofondatrice di Black Lives Matter a New York, Chivona Newsome, si è scagliata contro il ristorante affermando durante un sit-che impedire ai neri di entrare in un locale pubblico solo perché non sono vaccinati è razzista:
    «Il 72 per cento dei neri tra i 18 e i 44 anni in questa città non è vaccinato. Ecco perché bisogna fermare subito la Gestapo, e mi riferisco alla polizia di New York, dall'arrestare i neri, trascinandoli fuori dai treni e dagli autobus. Vogliamo far sapere a questa città che non accetteremo un'altra norma di distanziamento sociale razzista sotto forma di richiesta di vaccinazione. Le persone di colore non resteranno a guardare, conoscerete una nuova insurrezione. E questa non è una minaccia. È una promessa. Il passaporto vaccinale non è un via libera per il razzismo».
    Un altro membro di Black Lives Matter, Kimberly Bernard, ha aggiunto: «Informiamo il sindaco, il governatore e tutti i ristoranti che non vi permetteremo di usare questa pandemia, i passaporti vaccinali e le mascherine come ulteriori ragioni per essere razzisti, gettarci in prigione: ci sono già abbastanza neri chiusi in carcere».
    Che cosa faranno ora de Blasio e l'amministrazione Biden, che hanno fatto della difesa di Black Lives Matter una loro bandiera, al pari però della campagna vaccinale e dell'introduzione di norme come il green pass per prevenire il contagio? Esenteranno i neri dal vaccinarsi oppure, finalmente, rifiuteranno la Teoria critica della razza e ribadiranno semplicemente che Black Lives Matter non è al di sopra della legge?

    Biden scatenato su aborto e Lgbt

    Biden scatenato su aborto e Lgbt
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6649

    BIDEN SCATENATO SU ABORTO E LGBT
    Effettivamente un record il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ce l'ha già, ma è negativo: è il più filoabortista di tutti gli inquilini della Casa Bianca. Peggio addirittura del suo predecessore Obama, pure del partito democratico.
    Un rapporto apparso sul Friday Fax, periodico edito dal C-Fam ovvero dal Centro per la Famiglia ed i Diritti Umani di Washington, mostra come nei primi cento giorni di mandato presidenziale, Biden si sia rivelato particolarmente zelante nel cancellare, a colpi di ordini esecutivi, tutti i provvedimenti pro-life assunti da Donald Trump, dicendo di voler così rimediare al «danno» prodotto dalla scorsa Amministrazione, riaffermando lo status quo precedente. Così ha ripristinato i finanziamenti al Fondo per la Popolazione delle Nazioni Unite. Ha incaricato l'Agenzia per lo Sviluppo Internazionale americana di trovar soldi «adeguati» per la promozione della «salute sessuale» e dei «diritti riproduttivi».
    Ma Biden, in realtà, ha purtroppo fatto molto di più e di peggio: nel corso della Revisione periodica universale dell'Onu, egli non ha solo «preso nota», come per l'appunto fece Obama, ma ha addirittura «sostenuto» le sollecitazioni giuntegli da diversi Paesi membri di cancellare le restrizioni sui finanziamenti per gli aborti all'estero, proponendosi di riuscirvi grazie ad acrobazie giurisprudenziali per evitare il voto del Congresso ovvero introducendo delle eccezioni all'emendamento Helms.

    ABORTO COME DIRITTO FONDAMENTALE
    Non solo: Biden ha anche ritirato gli Usa dalla Dichiarazione di Consenso di Ginevra, con cui 35 Stati hanno dichiarato che non esiste un diritto internazionale all'aborto. Secondo l'attuale inquilino della Casa Bianca, ciò «non sarebbe coerente con le politiche dell'attuale Amministrazione». In più, assieme alla sua vice Kamala Harris, ha promesso di trasformare per la prima volta in legge federale la sentenza della Corte Suprema Roe v. Wade, che di fatto introdusse l'aborto negli Stati Uniti, proposito che solo il Congresso potrebbe bloccare.
    Non c'è che dire: Biden sta eseguendo diligentemente ed, anzi, con particolare zelo i compiti assegnatigli da sostenitori e sponsor della sua campagna elettorale, tra i quali figura Planned Parenthood. Gli diedero il proprio appoggio in cambio di una nuova politica filoabortista da parte della Casa Bianca ed ecco fatto. I loro desideri sono stati esauditi. Sulla pelle di milioni di innocenti, uccisi a causa loro ed immolati per il loro business.
    Ma non è finita qui, non v'è solo l'aborto certamente nelle politiche rivoluzionarie dello staff presidenziale. Se Donald Trump è stato il primo presidente a partecipare alla Marcia per la Vita, ora Kamala Harris si vanta d'essere la prima vicepresidente in carica ad aver partecipato al «Gay Pride» di Washington. E già da qui si capisce la differenza netta tra le due Amministrazioni ed i valori da esse sostenuti.
    La Harris ha promesso così nuovi sostegni alla galassia Lgbtqi e nuove leggi di tutela, sull'occupazione e sulla casa: «C'è ancora molto lavoro da fare e siamo impegnati in questo». A partire dai simboli, quale la cosiddetta bandiera «arcobaleno» esposta alla Casa Bianca e dalle ambasciate Usa in tutto il mondo.

    LA DITTATURA GAY
    Se approvato, l'Equality Act di Biden ed Harris costringerebbe le agenzie cattoliche per le adozioni ad affidare i propri piccoli alle coppie omosessuali, gli esercenti (fioristi, fotografi, panettieri,...) a fornire i propri servizi anche per eventuali «nozze gay», datori di lavoro ed imprese a tollerare travestimenti e cambi di sesso, indipendentemente dalle proprie politiche aziendali, le donne a condividere senza fiatare camere da letto, docce, spogliatoi e bagni con uomini, che si dichiarano donne.
    Per questo, la Conferenza episcopale statunitense ha già dichiarato guerra all'Equality Act, dicendosi pronta a sensibilizzare i senatori, anche con un imponente invio di mail, affinché si esprimano contro tale provvedimento. Provvedimento, che la Camera ha già approvato, sia pure di strettissima misura (224 sì contro 206 no), ma che necessita dell'approvazione anche da parte del Senato per poter essere applicato.
    I vescovi americani evidenziano come l'Equality Act calpesti gravemente la libertà religiosa e la missione della Chiesa.
    Nessun rimorso tra gli elettori di Biden, disposti a dichiararsi cattolici? Se hanno ancora una coscienza, qualche tardivo senso di colpa, in loro, potrebbe, anzi dovrebbe spuntare.

    Nota di BastaBugie: scrive Rino Cammilleri sul suo blog Antidoti "Visto il significato di Biden in inglese? Trump invece significa briscola".
    Siamo quindi andati a vedere su Google Translate.
    Biden in inglese significa bidè, cioè, sempre per google, il recipiente di forma allungata, tale da potervisi sedere comodamente a cavalcioni, che serve per l'igiene intima del corpo.
    Invece Trump significa briscola, oppure anche la carta che assume diversi valori a seconda dell'occorrenza e per questo particolarmente di valore, cioè matta o jolly.
    Se non ci credete ecco i link dove si può controllare:
    1) BIDEN = bidè
    https://translate.google.it/?sl=en&tl=it&text=biden&op=translate
    2) TRUMP = briscola (o matta, jolly)
    https://translate.google.it/?sl=en&tl=it&text=trump&op=translate

    Biden assegna i fondi anti covid discriminando i bianchi, le donne e i cristiani

    Biden assegna i fondi anti covid discriminando i bianchi, le donne e i cristiani
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6600

    BIDEN ASSEGNA I FONDI ANTI COVID DISCRIMINANDO I BIANCHI, LE DONNE E I CRISTIANI di Caterina Giojelli
    Strano progressismo di Joe Biden, assegnare parte dei fondi di soccorso alla pandemia in base a razza, colore della pelle, sesso. Approvato a marzo, l'ambiziosissimo "American Rescue Plan", pacchetto di misure economiche da 1.900 miliardi di dollari, è stato salutato come la più grande iniezione di aiuti federali dai tempi della Grande Depressione. «Questa legge mira a dare alla spina dorsale di questa nazione - i lavoratori essenziali, i lavoratori che hanno costruito questo paese, le persone che mantengono questo paese - una possibilità di combattere», proclamava il presidente.

    I BIANCHI "NON SONO IDONEI"
    Poche settimane dopo un gruppo di agricoltori del Midwest citava in giudizio l'amministrazione Biden per discriminazione razziale: «Tra le altre cose, [l'American Rescue Plan] fornisce miliardi di dollari di cancellazione del debito ad agricoltori e allevatori "socialmente svantaggiati". La frase "socialmente svantaggiato" include classificazioni razziali esplicite: per poter beneficiare della cancellazione del debito dell'Arpa, agricoltori e allevatori devono essere neri o afroamericani, indiani d'America o dell'Alaska, ispanici o latini, o asiatici americani o isolani del Pacifico. Altri agricoltori, ad esempio agricoltori bianchi, non sono idonei».
    Forbes ha ripreso la causa, aggiungendo che il "Restaurant Revitalization Fund", il programma di assistenza alle imprese colpite dalla pandemia come bar e ristoranti inserito nel megapacchetto, assegna solo a titolari donne, veterani e ancora individui socialmente ed economicamente svantaggiati un "periodo prioritario" di tre settimane per richiedere i fondi. Solo a fine periodo verranno accettate, fino a esaurimento risorse, eventuali altre domande di candidati idonei al beneficio.
    Una "discriminazione" che se sollevata in un tribunale, come avvenuto nel Wisconsin con gli agricoltori, rischia di paralizzare l'erogazione degli aiuti. I precedenti ci sono: in Oregon lo Stato ha deciso di destinare 62 milioni di dollari dei fondi federali ricevuti per il Covid «a beneficio esplicito di individui e imprenditori di colore - scrive il Nyt -. Ora una parte del denaro è nel limbo dopo le cause legali per presunta discriminazione razziale». A fare causa contro la nomina di un singolo gruppo razziale come beneficiario di un fondo di aiuto alla pandemia sono stati un imprenditore messicano e due bianchi sull'orlo del fallimento e del licenziamento dei loro dipendenti. La loro richiesta di aiuto, sostengono, è stata respinta perché non sono neri.
    Ma è costituzionale allocare fondi in base alla razza come "contrappeso" al "razzismo strutturale" americano che ossessiona Biden? Secondo i pronunciamenti passati della Corte Suprema non è possibile aiutare gruppi vittimizzati a spese di innocenti. Così come sarebbe complicato fugare i dubbi sulla discriminazione razziale usando il paravento dell'aiuto a individui "socialmente svantaggiati" quando lo stesso portale del dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, riportando il provvedimento di Biden, li definisce tali se appartengono a «uno o più dei seguenti gruppi: nero, indiano americano / nativo dell'Alaska, ispanico, asiatico e hawaiano / isolano del Pacifico».

    FONDI COVID A DONNE E DISCRIMINATI
    Quando al "Restaurant Revitalization Fund", il programma riconosce individui "socialmente svantaggiati" «coloro che sono stati soggetti a pregiudizi razziali o etnici o pregiudizi culturali a causa della loro identità come membro di un gruppo senza riguardo alle loro qualità individuali». In pratica un bianco potrebbe rientrare nella categoria e beneficiare degli aiuti se vive o lavora in un contesto che discrimina i bianchi.
    Non solo, il 10 maggio il Dipartimento della salute e dei servizi umani ha annunciato che l'Ufficio per i diritti civili riprenderà a indagare sulle denunce di discriminazione sessuale sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Se nell'era Trump venivano proibite e punite discriminazioni in base a razza, cuore, origine, età, disabilità e "sesso", ora ospedali e cliniche potranno essere denunciati anche per pregiudizi nei confronti degli americani Lgbtq+.
    L'amministrazione Biden ritiene così di aver recepito la decisione della Corte Suprema dello scorso anno quando, per vietare le discriminazioni nei confronti di gay o transgender sul posto di lavoro, i giudici hanno riscritto il significato legale di "sesso". Una decisione che [...] non potrà che generare grande confusione considerata l'alta mole di casi portati in tribunali di ogni ordine e grado aventi a tema lo scontro tra libertà di espressione e precetti di non discriminazione.
    Se giuridicamente la sentenza gioca un ruolo specifico e di metodo ben circoscritto nell'ordinamento federale americano, sul piano sociale si profilano molteplici conseguenze. Bagni, spogliatoi, sport, pronomi, lezioni sul gender, copertura sanitaria alla chirurgia di riassegnazione di genere: dalla protezione dei diritti individuali sul luogo di lavoro alle implicazioni in ogni ambito pubblico e privato sul diritto di critica e di espressione il passo, per molti, sarà breve.

    UN TRUMP DI SEGNO CONTRARIO
    Grande sostenitore dell'Equality Act per prevenire in modo esplicito qualsiasi discriminazione basata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, Biden li ha di fatto già sdoganati nella legislazione sugli alloggi degli Stati Uniti e punta ad estenderla a tutti i programmi finanziati a livello federale e a tutte le "sistemazioni pubbliche", dai negozi, alle chiese, alle scuole, agli ospedali fino agli stadi.
    Tradotto: se passerà la legge, nessuno negli Stati Uniti potrà impedire a un uomo che si identifica come donna di utilizzare i bagni e gli spogliatoi femminili anche in ospedali, scuole e carceri, edifici cristiani compresi. Nessuno potrà impedire ai transessuali di gareggiare nelle competizioni giovanili sportive femminili, distruggendo così lo sport femminile in sé e di conseguenza la possibilità per molte ragazze di frequentare l'università. Non a caso c'è chi ha parlato dell'Equality Act come di «un'agenda terribile per eliminare le donne» (il commentatore Tucker Carlson). Nessuna obiezione religiosa, per chi non sia d'accordo, varrà a prevenire un'accusa di discriminazione.
    E a proposito di sanità c'è di peggio: come ha ben spiegato Ryan T.Anderson, presidente dell'Ethics and Public Policy Center e coautore del libro What is Marriage? ripreso da Tempi: «I medici, laici e religiosi, convinti in scienza e coscienza che le procedure di riassegnazione del sesso siano sbagliate violerebbero la nostra legislazione sui diritti civili. Chi pratica la mastectomia in caso di cancro al seno, dovrà praticarla anche sulla ragazza adolescente che si identifichi come un ragazzo. Tutto ciò in nome dell'eguaglianza. E nessuno sa cosa sia richiesto dalla legge per evitare di commettere "discriminazione" verso identità di genere "non binarie"».
    Dopo aver improntato il suo mandato a nomine in base a sesso e colore della pelle, Biden persevera nell'incredibile impresa di dividere, non meno razzisticamente di quanto imputato a Trump, gli americani, in razzisti buoni e cattivi, discriminati buoni e cattivi. Dal destinare un terzo degli stanziamenti in soccorso alla pandemia alle persone nere dell'Oregon - quando in Oregon solo il 2,9 per cento degli abitanti sono neri, un sostegno finanziario «dieci volte più grande di quello dedicato ai residenti di altre razze» (Lionel Shriver sullo Spectator) - al fomentare il cortocircuito tra vittime. Agricoltori bianchi piegati dal Covid contro agricoltori indiani o dell'Alaska, donne contro transgender, libertà di credo ed espressione contro i precetti della nuova, escludentissima, religione dell'uguaglianza.

    Biden legalizza i clandestini ed esplode l'immigrazione

    Biden legalizza i clandestini ed esplode l'immigrazione
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6517

    BIDEN LEGALIZZA I CLANDESTINI ED ESPLODE L'IMMIGRAZIONE
    Il numero degli ingressi illegali dal confine con il Messico ha raggiunto il record storico degli ultimi 20 anni, così come quello di minori rinchiusi nelle gabbie (DOPPIO VIDEO: La situazione negli USA)
    di Leone Grotti
    L'intervista del presidente americano Joe Biden a George Stephanopoulos della Abc è stata comprensibilmente monopolizzata dall'intemerata contro Vladimir Putin, accusato di essere un «assassino». Ma c'è un altro passaggio interessante in cui il presidente democratico ha detto a chiare lettere: «Voglio mandare un messaggio abbastanza chiaro ai migranti: non venite negli Stati Uniti, non lasciate le vostre comunità o le vostre città», perché «vi rispediremo indietro».
    Le parole di Biden sono state rese necessarie da quella che, pochi giorni fa, il segretario del Dipartimento per la sicurezza interna, Alejandro Mayorkas, ha definito la «situazione più difficile da 20 anni a questa parte». Il riferimento è alla «valanga di ingressi» illegali negli Stati Uniti che si sta verificando al confine sudoccidentale con il Messico.
    Al 20 marzo, il governo americano deteneva circa 10.500 minori non accompagnati nelle strutture del Hhs, il dipartimento della Salute e dei servizi umani. Altri 5.000 minori, invece, sono rinchiusi nelle strutture detentive della Polizia di frontiera americana (Cbp), le stesse che i giornali americani definivano «gabbie» quando venivano utilizzate dall'amministrazione Trump e che ora vengono chiamate con il più elegante termine «strutture». Quando, durante l'amministrazione repubblicana, si era arrivati a 3.500 minori detenuti i giornali parlavano di «catastrofe morale»: oggi nessuno denuncia la situazione. Eppure si tratta degli stessi stanzoni in cemento armato, con la luce accesa 24 ore su 24, dove i giovani sono tenuti ammassati e senza alcun dispositivo di protezione previsto per la pandemia in atto. Qui, o nei prefabbricati, a causa della mancanza di posti letto i minori dormono sul pavimento senza poter contattare i familiari o anche solo lavarsi.

    LA DISASTROSA POLITICA PRO MIGRANTI
    In base alla legge, i minori non possono restare in custodia più di 72 ore. A causa dell'afflusso record attraverso il confine, il limite viene ampiamente sforato, come dimostrato da un servizio della Cbs. A febbraio, 9.400 minori sono entrati in custodia della Polizia di frontiera, un record assoluto, ma il numero crescerà a marzo dove in media sono stati fermati 500 minori al giorno nei primi 21 giorni del mese. «L'amministrazione Biden deve trattare i minori in modo umano», ha dichiarato Neha Desai, avvocato che rappresenta i migranti minorenni in tribunale. Il punto è che le strutture sono «al collasso».
    Il problema non è rappresentato soltanto dai minori. Da ottobre 2020 a marzo 2021, sono stati intercettati al confine con il Messico 397 mila migranti, il 25 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2019, il record storico negli ultimi 20 anni. Se nel 2019 venivano intercettati circa 1.100 migranti al giorno, ora si viaggia a una media di 3.000 e la situazione è destinata a peggiorare.
    Biden si è rifiutato di parlare di «crisi», però ha inviato al confine l'Agenzia federale per la gestione delle emergenze (Fema), che di solito interviene dopo calamità naturali come uragani o terremoti. Come ricordato dal Wall Street Journal, però, questa crisi è «causata dall'uomo». O meglio, un uomo: il presidente Biden.
    Nelle prime settimane alla Casa Bianca, con furia quasi iconoclasta, il leader democratico con lo scopo di galvanizzare la base più progressista del suo partito ha fatto piazza pulita di tutte le misure prese da Donald Trump per frenare l'immigrazione. In particolare, Biden ha cancellato la politica che obbligava i migranti ad attendere in Messico l'esito delle procedure di richiesta d'asilo (in media, meno dell'1 per cento vengono accettate); ha eliminato il divieto che imponeva di non considerare le richieste di asilo di chi viaggiava attraverso paesi terzi prima di arrivare negli Usa; ha reso meno restrittivi i criteri per ottenere l'asilo; ha interrotto i protocolli con El Salvador, Guatemala e Honduras che permettevano a Washington di deportare in questi paesi i migranti senza diritto all'accoglienza; ha interrotto ovviamente la costruzione del muro e ha lanciato una moratoria di 100 giorni alle deportazioni, che i migranti, scrive Kris Kobach su Breitbart, hanno ovviamente interpretato così: «Abbiamo 100 giorni per arrivare negli Stati Uniti. Se ce la facciamo, potremo restare».

    ASIATICI E LATINI CONTRO I DEMOCRATICI
    Il New York Times scrive che, nonostante l'adozione di questa politica decisamente più accogliente verso i migranti rispetto a quello della precedente amministrazione, il Partito democratico (chissà perché) non si aspettava un aumento così importante dell'immigrazione illegale. E ora i liberal sono indecisi se continuare su questa strada, che è avversata ormai anche dagli immigrati già naturalizzati, o se tornare alla politica di Barack Obama, del quale solo oggi (tanto non c'è più Trump) si ricorda il nomignolo che gli avevano affibbiato alcuni attivisti: "Deporter in chief".
    Mentre i repubblicani attaccano l'amministrazione Biden di aver «aperto il confine», anche molti democratici sono a disagio, dal momento che, continua il Nyt, i sondaggi mostrano che gli americani sono in maggioranza a favore di «controlli rigorosi al confine e dell'applicazione delle leggi esistenti sull'immigrazione». Una volta si sarebbe semplicemente accusata «l'America di Trump» di essere razzista, ma ora «tanti asiatici americani, neri e latini sono favorevoli ad applicare maggiori restrizioni all'immigrazione per non far abbassare gli stipendi. È questo probabilmente che ha spinto molti elettori tra le minoranze a votare per i repubblicani alle ultime elezioni».
    Mentre l'America si accorge che l'immigrazione è davvero un problema, che Biden si è trovato costretto ad adottare le stesse misure di Trump e che un maggiore lassismo porta soltanto alla più grave «crisi» degli ultimi 20 anni, con minori stipati in casermoni e costretti a dormire sul pavimento, c'è chi si chiede: a chi giova tutto questo? Risponde ancora Kobach: «Innanzitutto i cartelli messicani, che hanno visto triplicati i propri traffici. Non solo di esseri umani, anche di droga. Ma traggono vantaggi anche i cinici politici della sinistra. Loro sono riusciti a trasformare la California in Stato blu (cioè democratico, ndr) negli ultimi vent'anni rimpiazzando gli elettori americani con migranti dal reddito basso che votano a stragrande maggioranza il partito democratico. Poi è seguito il New Mexico, insieme all'Arizona che sta per capovolgersi. L'obiettivo finale è il Texas. Non è una crisi inaspettata».

    Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 9 minuti) dal titolo "Biden inonda gli Stati Uniti con centinaia di migliaia di clandestini senza limiti" si vede la dichiarazione del capogruppo repubblicano alla Camera Kevin McCarthy sulla situazione al confine che è "fuori controllo" e che sta diventando una questione di sicurezza nazionale. Intanto il governatore della Florida elimina le multe delle restrizioni anti-covid.

    Quattro lezioni su come la sinistra ha eliminato Trump

    Quattro lezioni su come la sinistra ha eliminato Trump
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6438

    QUATTRO LEZIONI SU COME LA SINISTRA HA ELIMINATO TRUMP
    La (finta) narrazione dei disordini di Capitol Hill ci ha insegnato che se la sinistra ricorre a bugie, volgarità, insulti e manifestazioni violente per distruggere individui o idee, gli altri devono imparare a difendersi
    di John Horvat
    La violenza al Capitol Hill è ormai entrata nella storia come un evento drammatico e di carattere emotivo. Infuria ancora il dibattito sulle tematiche e i dettagli coinvolti. Tuttavia, nel tribunale dell'opinione pubblica, la narrazione finale si riflette negativamente sul presidente Trump e i suoi sostenitori.
    Indipendentemente dal merito delle questioni in discussione, è possibile trarre da questo incidente alcune lezioni sulla sinistra. Queste lezioni dovrebbero orientare l'azione futura poiché le regole del gioco della futura amministrazione richiederanno ai conservatori di agire con saggezza e discernimento. Il modo in cui la sinistra ha capitalizzato questo incidente dovrebbe servire a rendere più cauta la destra.

    1° LEZIONE: IL RELATIVISMO MORALE DELLA SINISTRA
    La prima lezione da apprendere è che le modalità di funzionamento della sinistra sono diverse da quelle della destra. Il relativismo morale della sinistra le consente di essere selettiva nel qualificare qualcosa come sbagliato. La sinistra radicale ha sempre insegnato che il fine giustifica i mezzi. I suoi seguaci credono che non esista oggettivamente giusto o sbagliato. Tutto ciò che fa avanzare la sua rivoluzione è morale e lodevole; tutto ciò che ostacola la rivoluzione deve essere disprezzato e diffamato.
    Quindi l'assalto al Capitol Hill è stato un atto sbagliato che deve essere censurato. Tuttavia, non aspettatevi che questa censura venga applicata a tutti gli atti di questo genere. Non serve a niente confrontare l'incidente del Capitol Hill con le centinaia di rivolte "per lo più pacifiche" approvate dalla sinistra e che hanno causato danni stimati per 2 miliardi di dollari durante l'estate. I conservatori indicheranno invano mille citazioni e video infiammatori di politici sinistrorsi che giustificano e convalidano i disordini civili durante il 2020. Per la sinistra non farà alcuna differenza poiché quelle azioni hanno favorito la loro rivoluzione.
    Questo è il modo di agire della sinistra. Non è giusto, ma è così.
    Non aspettatevi che la sinistra sia coerente, perché il loro relativismo morale gli consente di prendere e scegliere ciò che essi sostengono. Non aspettatevi che siano commossi dalle ferite e dalla morte delle vittime conservatrici poiché questi poveracci non hanno alcun valore nella loro narrazione rivoluzionaria.
    Pertanto, i conservatori dovrebbero comportarsi sapendo che i loro atti saranno esaminati in modo ingiusto e la sinistra infrangerà le regole impunemente.

    2° LEZIONE: PER LA SINISTRA, SOLO LA DESTRA VA RITENUTA RESPONSABILE
    La seconda lezione è che il relativismo morale della sinistra svanisce quando si giudicano le azioni della destra. In effetti, la sinistra radicale inchioderà la destra ai più alti standard di moralità cristiana (in cui non crede né segue). Il suo livello d'indignazione morale per gli errori della destra sarà sempre inversamente proporzionale alla sua indifferenza nei confronti della violenza di sinistra. La sinistra non solo prenderà atto di ogni errore della destra, ma farà sempre in modo che una ghiotta crisi non vada sprecata.
    Quando la destra farà qualcosa di sbagliato o illegale, aspettatevi che i media e la sinistra ipocriti cadano su queste azioni con furia e che si strappino le vesti. Nessun numero di scuse sarà sufficiente per riscattare chicchessia. Nessuna quantità di ossequi rivolti ai media liberal li farà mai dimenticare.
    La sinistra sa che la destra non è moralmente relativista e ammetterà i propri errori come tali. Pertanto, i conservatori dovrebbero agire sapendo che saranno giudicati in base a questo doppio standard. Se si verifica un errore, dovrebbero ammetterlo con calma, ma senza lasciare che questo sovrasti e domini il dibattito.

    3° LEZIONE: NON RISPONDERE ALLO STESSO MODO
    La terza lezione è che la destra non può mai adottare la tattica e il modus operandi della sinistra. Tali azioni sono contrarie alle sue convinzioni morali e sono destinate a fallire. Qualsiasi cedimento nel relativismo morale priva i conservatori della forza della loro causa che si trova nella sua stretta aderenza alla legge morale.
    Quindi, se la sinistra ricorre a bugie, volgarità e insulti per diffamare individui o cause, la destra non può rispondere allo stesso modo. Tali mezzi agiscono in senso opposto ai fini che dovrebbero orientare le sue azioni. I conservatori non possono ricorrere a rivolte e violenze semplicemente perché la sinistra si avvale di tali crimini.
    Deve essere mantenuta una opposta politica di discorso civile e cortese. Questa politica non esclude risposte ferme, energiche e persino appassionate. Tuttavia, deve essere sempre governata dalla ragione. In effetti, adottare un atteggiamento forte eleva il dibattito e attrae l'opinione pubblica.

    4° LEZIONE: GLI STANDARD PIÙ ALTI DI COMPORTAMENTO
    Infine, il modo migliore per i conservatori di vincere il dibattito è di tenersi all'altezza dei più alti standard di comportamento. Non devono dare pretesti all'altra parte per attaccarli. Il modo migliore per portare avanti la causa è fare un appello ragionato a forti principi morali. Una nobile reazione impressionerà sempre il pubblico più di una marmaglia scomposta.
    Per questo motivo, più chiaro è il messaggio e meglio è. Più una posizione è basata sui principi, maggiori sono le possibilità di successo. Meno personale è l'attacco, maggiore sarà l'impatto che avrà. Non si dovrebbe assecondare né le sciocchezze politicamente corrette, né [...] le politiche a favore delle minoranze attiviste come LGBT, Black Lives Matter, Cancel Culture, ecc.
    La sinistra avanza nascondendo i suoi obiettivi e oscurando il suo nefasto messaggio. La strada migliore per la vittoria è insistere sul messaggio. La sinistra perde quando vengono denunciati i suoi obiettivi (come togliere i fondi alla polizia o promuovere il socialismo). I conservatori devono perseverare nel discutere questi obiettivi e le dottrine che ne stanno dietro. Devono evitare i dibattiti che degenerano in attacchi o insulti personali seriali.
    Ciò che è necessario è un atteggiamento meditato di azione deliberata dal tono [...] elevato e sobrio. Il futuro appartiene a coloro che non hanno paura di affermare (e praticare) la morale cristiana, denunciare gli schemi socialisti e sfidare il politicamente corretto.
    L'establishment sinistrorso e i media affermano che queste posizioni sono arretrate e poco attraenti. Tuttavia, se presentate in modo energico e senza complessi, esse hanno un immenso fascino poiché si basano sulla natura umana e sulla legge morale. La condizione umana è adatta e attratta dal comportamento morale poiché conduce all'unità e all'armonia. Il peccato e il vizio agiscono contro la natura in quanto portano alla disarmonia e all'autodistruzione.
    In mezzo alla crisi che l'America sta affrontando, diventa più cruciale che mai confidare in Dio. Poiché il peccato ora domina la società, le soluzioni meramente umane falliranno. Fare appello a Dio e alla sua Santissima Madre è l'unico modo per allontanarsi dal via verso il disastro. Qualsiasi altra strategia politica che escluda questo appello è destinata a fallire.

    Titolo originale: Quattro lezioni sulla sinistra da trarre dalla violenza al Capitol Hill
    Fonte: Fatima Oggi, 14 gennaio 2021
    Pubblicato su BastaBugie n. 701

    Chi è lo sciamano vichingo di Capitol Hill?

    Chi è lo sciamano vichingo di Capitol Hill?
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6437

    CHI E' LO SCIAMANO VICHINGO DI CAPITOL HILL?
    Lo sciamano non rappresenta nulla di cristiano perché nelle sue credenze o pratiche ricerca un ritorno alla barbarie con tutto quel che consegue: schiavitù, nudità, infanticidio, eutanasia, cannibalismo, tirannia e povertà
    di John Horvat
    Durante i violenti incidenti al Capitol Hill il 6 gennaio, i media hanno pubblicato tra i manifestanti le foto di un uomo tatuato con indosso un berretto di pelliccia e corna vichinghe. Questo strano vichingo, che si fa chiamare "Q Shaman", improvvisamente è diventato l'uomo cartolina dei manifestanti pro-Trump. I media l'hanno usato come bizzarro modello di tutti i radicali di destra.
    Nessuno sembra essersi chiesto che c'entra questo sciamano vichingo con qualcosa di conservatore. L'aspetto di questa stramba figura non ha fatto che aumentare il caos che ha avvolto l'America quel giorno. Tuttavia, per coloro che sostengono gli autentici valori tradizionali, l'aspetto dello sciamano dovrebbe essere motivo di preoccupazione.

    IL LATO OSCURO DELLO SCIAMANESIMO
    Un personaggio così poco convenzionale non poteva non diventare noto. Ha guadagnato un po' la reputazione di uno "Q Shaman" poiché appare spesso in raduni e proteste. Con le sue corna vichinghe, è difficile non accorgersene. Il suo vero nome è Jacob Angeli Chansley, 33 anni, originario dell'Arizona.
    Durante l'episodio di Capitol Hill, è apparso sul palco del Senato come un vichingo che impugna una lancia con una bandiera americana mentre gridava "dove sta Pence?". Ha attirato i media posando per le foto.
    Ma il grosso problema con Q Shaman è la sua pratica oscura. Ovunque spuntano società primitive, lo sciamanesimo non manca all'appello. Si tratta di una forma di magia o scienza selvaggia, in cui lo sciamano cerca di tenere sotto controllo gli spiriti e i demoni presumibilmente presenti ovunque in natura.
    Lo sciamano usa i suoi poteri per rendere inefficaci o favorevoli le attività degli spiriti con parole e cerimonie appropriate. Lo sciamano lo fa comunicando a volontà con gli spiriti, spesso tramite estasi indotte o addirittura possessione da parte di uno spirito che gli conferisce intensi stati mentali, forza sovrumana o conoscenza infusa.
    Infatti, in un'intervista con la National Review, Q Shaman ha confermato il suo ruolo e il suo abbigliamento primitivo come un modo "per scacciare gli spiriti maligni, scacciare stregoni e streghe malvagie".

    NIENTE DI CONSERVATORE, OCCIDENTALE O TRADIZIONALE
    Negli ultimi due anni, streghe e satanisti sono stati coinvolti in modo allarmante nel sostenere sia i disordini civili che le campagne politiche. Una ricca letteratura insegna alle aspiranti streghe come lanciare incantesimi e malocchi su candidati conservatori o agenti di polizia. Compaiono libri che insegnano alle persone come mescolare la politica con il demoniaco. In una società in gran parte laica, l'occulto sta ora emergendo come forza politica.
    Il più delle volte, gli occultisti sono apparsi a eventi di sinistra. La filosofia politica della sinistra e la sua rivolta contro l'Occidente cristiano rendono logico che i satanisti abbraccino il loro programma radicale.
    Tuttavia, Q Shaman rappresenta l'occultismo primitivo di destra. Questo si trova in un angolo buio del pensiero neopagano, penetra nelle correnti intellettuali principali e include settori conservatori. È arduo sapere con quanta serietà Q Shaman pratichi la sua scienza primitiva. Tuttavia, indicare il suo aspetto bizzarro come simbolo dei valori tradizionali è completamente sbagliato.
    Da sciamano, egli non rappresenta nulla di conservatore, occidentale, cristiano o tradizionale nelle sue credenze o pratiche. Lo sciamano vichingo sembra cercare un ritorno alla barbarie, la quale ha significato nel mondo schiavitù, nudità, infanticidio, eutanasia, cannibalismo, tirannia e povertà. È stata la Chiesa a liberare il mondo dalle pratiche selvagge degli sciamani e dalla loro soffocante superstizione.
    In effetti, Q Shaman rappresenta più facilmente la sinistra con il suo fascino per le culture pagane indigene e il suo rifiuto della morale cristiana. Le sue posizioni si adattano bene anche alle filosofie postmoderne che enfatizzano la fantasia e la creatività di realtà soggettive. Se deve essere un simbolo, lasciate che la sinistra lo rivendichi; alla destra non appartiene.

    Nota di BastaBugie: per approfondire cosa è successo a Capitol Hill e perché è successo, clicca nei seguenti link per leggere gli articoli relativi.

    COSA E' SUCCESSO DAVVERO IL 6 GENNAIO A WASHINGTON
    Mentre i BLM hanno causato nei mesi 19 morti e danni miliardari (ma per i media erano ''manifestazioni pacifiche''), a Capitol Hill è stata uccisa una sostenitrice di Trump disarmata, una veterana dell'Esercito (VIDEO: Addetto alla sicurezza spara e uccide una manifestante)
    di Aldo Maria Valli
    http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6433

    TUTTI CONTRO TRUMP, MA GLI ELETTORI SONO ANCORA CON LUI
    Trump è accusato di essere colpevole per i disordini del 6 gennaio a Washington ed è stato cancellato da Twitter e Facebook (VIDEO: L'assalto al Campidoglio)
    di Stefano Magni
    http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6432

    Titolo originale: Che faceva quello sciamano vichingo a rappresentare i valori conservatori?
    Fonte: Fatima Oggi, 14 gennaio 2021
    Pubblicato su BastaBugie n. 700

    Twitter e Facebook cancellano Trump e così limitano la libertà di milioni di utenti

    Twitter e Facebook cancellano Trump e così limitano la libertà di milioni di utenti
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6436

    TWITTER E FACEBOOK CANCELLANO TRUMP E COSI' LIMITANO LA LIBERTA' DI MILIONI DI UTENTI
    Google, Apple e Amazon uccidono il social network alternativo (Parler) che lasciava parlare Trump (intanto i ''democratici'' iniziano la procedura di impeachment con l'obiettivo di distruggere il futuro politico di Trump)
    di Stefano Magni
    Il tipico argomento di chi difende le censure di Twitter e Facebook, nei confronti di Trump, ma anche di milioni di altri ordinari utenti e ieri anche del quotidiano Libero: sono compagnie private, hanno il diritto di bandire chi vogliono dal sito di loro proprietà, se non accetti le loro condizioni vai pure su un altro social network. Bene, almeno l'ultima parte di questo argomento è stata smentita in questo fine settimana: un "altro social network", nello specifico Parler, è stato letteralmente cancellato dal Web. Non è stata necessaria una legge che istituisse la censura e neppure si è dovuta attendere la sentenza di un magistrato. È stato cancellato con cinque click da cinque delle maggiori compagnie che operano nella rete. Adesso è letteralmente impossibile iscriversi a Parler, gli account personali sono irraggiungibili e la strada per tornare online si presenta lunga e difficile. L'accusa che ha scatenato questo linciaggio online è la più grave del momento: aver ospitato sostenitori di Trump anche nel giorno dell'assalto al Campidoglio. Ma i ben informati sapevano che l'eliminazione fisica di Parler dal Web era nell'aria da mesi, almeno da novembre, dopo la sua improvvisa crescita a seguito delle elezioni americane, con tutti i numerosi interventi a gamba tesa dei grandi social network.
    Parler venne fondato nel 2018 da due ingegneri del Nevada, John Matze e Jared Thomson. Parler non rivela i nomi di tutti i suoi proprietari, a parte John Matze che tuttora è amministratore delegato. Rebekah Mercer, investitrice e Dan Bongino, commentatore politico, entrambi di area conservatrice, hanno affermato di essere fra i proprietari. L'ispirazione conservatrice all'inizio del progetto era abbastanza chiara, Parler si proponeva come alternativa a Twitter, nel momento in cui quest'ultimo aveva fatto chiaramente una scelta di campo ed era sempre più invadente sui contenuti. Il conservatorismo era però più nel metodo che nel merito. Su Parler non si censuravano i liberal e non li si tormentava con messaggini di precisazioni dei "fact-checkers indipendenti", semplicemente ognuno poteva dire quel che voleva, bastava che non fossero reati come minacce, spam, attività criminali. I moderatori c'erano, ma erano giudici più che "costruttori di un mondo migliore" come spesso si atteggiano i social network rivali. L'ingresso era comunque aperto a tutti, ma negli ultimi due anni Parler ha attratto, da Nigel Farage in avanti, soprattutto il mondo conservatore anglosassone, stanco di vedere i propri profili bannati da Twitter.

    DISTRUTTO ALL'APICE DEL SUO SUCCESSO
    L'avventura è praticamente conclusa all'alba del 2021, non perché Parler sia fallito, ma proprio all'apice del suo successo. Dopo le elezioni americane, quando Facebook e Twitter hanno iniziato ad oscurare il profilo di Donald Trump, a censurare o ad aggiungre commenti alle notizie sui sospetti di brogli, a cancellare tutte le notizie che avrebbero messo in difficoltà Biden (a partire dallo scoop del New York Post su Hunter Biden), centinaia di migliaia di persone hanno iniziato a trasmigrare su Parler. In novembre ha raggiunto il picco di 10 milioni di utenti, di cui 4 milioni attivi. E le voci su una "punizione" a Parler da parte dei giganti del Web è iniziata proprio a novembre.
    Il linciaggio online è puntualmente arrivato, con una rapidità sorprendente. Venerdì 8 gennaio Google ha escluso Parler dal suo sistema e dal suo catalogo, rendendolo incompatibile anche con i cellulari che usano il sistema operativo Android. Il giorno dopo, il social network è stato escluso da Apple e infine domenica 10 Amazon (che ne ospitava il sito Web) ha informato Matze che avrebbe cessato il servizio unilateralmente. Nel giro di un fine settimana, un social network promettente e in espansione ha di fatto cessato di esistere. Come se non bastasse anche altre compagnie lo hanno tagliato fuori: Okta Inc ha chiuso fuori Parler rendendolo incompatibile con i software delle maggiori compagnie e Twilio Inc ha chiuso il suo servizio di autenticazione a due fattori usato da Parler. "Ogni venditore, dai servizi di messaggistica ai provider della posta elettronica, fino ai nostri avvocati, tutti ci hanno buttato via nello stesso giorno", ha dichiarato l'amministratore delegato John Matze a Fox News, affermando anche di non voler più tornare a casa perché sta ricevendo concrete minacce di morte.

    L'INTOLLERANZA DEI ''TOLLERANTI''
    I motivi di questa esclusione dal Web citati dai protagonisti sono abbastanza impressionanti. Viene citato soprattutto l'assalto al Campidoglio, che sarebbe stato organizzato su Parler, poi minacce di morte nei confronti del vicepresidente Mike Pence, l'organizzazione di una nuova rivolta il prossimo 19 gennaio, alla vigilia dell'insediamento di Biden. La portavoce di Parler, Amy Peikoff, si difende affermando: "Abbiamo puntualmente affrontato questo tipo di contenuti e abbiamo lavorato attivamente per settimane con le forze dell'ordine". Lo aveva riferito anche ad Amazon ricevendo una risposta incoraggiante. La notizia dell'esclusione dai suoi servizi, che a detta di Matze è arrivata come un fulmine a ciel sereno, è stata a maggior ragione incomprensibile. Attualmente Parler (con gli avvocati che restano) sta facendo causa ad Amazon, accusando il gigante di Seattle di aver agito per motivi politici contro i termini contrattuali. Ma la battaglia si preannuncia difficile, così come è ardua la strada di un eventuale ritorno online del social network "conservatore", che dovrebbe costruire da zero un'infrastruttura tutta sua. Sempre che gliela lascino costruire.
    Le difficoltà di moderazione e la presenza di contenuti violenti, segnalata come un problema di Parler, sono tipiche di ogni social network e diventano insormontabili a fronte di un aumento improvviso di utenti. Sui social network Twitter e Facebook si sono fatte le Primavere Arabe, sono stati reclutati jihadisti, sono tuttora presenti scafisti del Mediterraneo, dittatori hanno i loro profili istituzionali sulle loro piattaforme. Gli "standard della community" erano compatibili con le rivolte di Black Lives Matter (19 morti e centinaia di feriti), anzi i colossi del Web si sono fatti promotori della loro causa. Così come sugli stessi social network Twitter e Facebook sono circolate le minacce rivolte al professor Samuel Paty, conclusesi con la sua decapitazione a Parigi. Non si spiega come mai sia stato applicato tanto rigore proprio per Parler. La sua unica vera differenza era l'ostentata tolleranza politica. Quel modo di porsi come rifugio sicuro per i bannati da Twitter, a cui offriva una filosofia opposta: "sii libero di parlare e pensa come vuoi". Nell'era della tolleranza liberal questo atteggiamento è inammissibile.

    MA C'È DI PEGGIO ED È LA PROSPETTIVA FUTURA
    La distruzione di un social network rivale può essere un inquietante segnale: non puoi sfuggire al controllo di chi sta attualmente occupando una posizione dominante. Non solo devi seguire le loro regole, ma non puoi neppure emigrare credendo di farla franca. Twitter e Facebook sono privati, anche se flirtano visibilmente con una parte politica che, dal 20 gennaio, sarà al governo della prima potenza mondiale. Gli Stati imparano molto in fretta ad applicare i metodi che ora sono stati usati da privati contro un social network rivale. Ricordiamoli ancora: nessuna legge, nessun processo, solo un click e la tua attività è distrutta. Più la nostra identità sarà digitalizzata (non solo l'attività ludica e lavorativa, ma anche il denaro e i documenti di identità), più le conseguenze personali saranno gravi. In Cina già lo fanno, non solo con i social o con i profili degli utenti, ma con le persone in carne ed ossa: una parola di troppo e assieme al profilo di WeChat (social pressoché unico per gli utenti cinesi) viene cancellato anche l'accesso al conto corrente dell'utente e la sua identità digitale, diventa un pariah ridotto alla miseria e all'immobilità. Quindi, sì: abbiamo diritto di avere timore di questi sviluppi.

    Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Stefano Magni, nell'articolo seguente dal titolo "Impeachment per Trump. Ostracizzato il presidente" sottolinea che la Camera del Congresso ha battuto due record: la procedura di impeachment più rapida della storia e la prima volta di un presidente che viene "impeachato" due volte.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 gennaio 2021:
    Con un voto di 232 a 197, la Camera del Congresso statunitense ha approvato il secondo impeachment per Donald Trump. E ha battuto due record in uno: la procedura di impeachment più rapida della storia e la prima volta di un presidente che viene "impeachato" due volte nel corso del suo mandato. Nancy Pelosi, simbolicamente, ha indossato lo stesso vestito che portava durante il voto del primo impeachment, risalente ad appena 13 mesi fa. Ma è conforme alla Costituzione quel che è successo?
    I Democratici hanno subito giocato la carta dell'impeachment non appena hanno consolidato la loro maggioranza alla Camera nel 2019, dopo le elezioni di medio termine. Avevano colto la palla al balzo per una telefonata di Trump al presidente ucraino Zelensky in cui pareva ricattarlo perché investigasse sugli affari di Hunter Biden, figlio di Joe Biden, attuale presidente eletto. Già allora la procedura di impeachment era apparsa molto fragile, basata su testimonianze e pareri più che su solide prove (nulla a che vedere con l'impeachment a Nixon nel 1974 che fu l'esito di un'indagine molto più complessa).