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    hemeti

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    Episodes (4)

    Contenziosi non ripianabili: Mar Rosso libicizzato

    Contenziosi non ripianabili: Mar Rosso libicizzato
    https://ogzero.org/tag/sudan/

    “Sudan Tribune”, 27 novembre 2023: «Circa 7600 bambini in Sudan fuggono ogni giorno dalle loro case, sette mesi dopo lo scoppio del conflitto nel paese, secondo un’analisi di un’agenzia umanitaria. Il conflitto, ha affermato Save the Children, ha causato lo sfollamento di un ottavo dei bambini nel Sudan devastato dalla guerra. Secondo l’agenzia, dozzine di bambini sfollati hanno cercato cure urgenti a causa delle orribili violenze sessuali, delle ferite che hanno cambiato la loro vita e del grave disagio psicologico dovuto alla guerra». Questo l’incipit di un articolo che Eric Salerno ha pubblicato su “La Voce di New York”; Eric prosegue poi ricordando il suo primo viaggio in Sudan nel 1971, già devastato da una guerra civile che divideva animisti-cristiani del Sud con pulsioni secessioniste dal Nord arabofono musulmano: il suo reportage si incentrava attorno a Juba, attuale capitale del Sud Sudan, dove gli istruttori militari del Mossad che spiegavano ai giovani neri del Sud (divenuto Sud Sudan esattamente 40 anni dopo) come dovevano essere usate le armi appena consegnate per colpire gli arabi del Nord e indebolire il mondo musulmano all’epoca abbastanza coeso nella sua lotta contro Israele. Ora Israele ha stipulato gli Abrahams Accord con il Sudan e quindi è alleato di al Burhan in questa proxy war che vede contrapposto il mondo sul terreno sudanese, che va producendo una nuova libicizzazione tra un esercito che ha l’aviazione e una potenza di fuoco unica e un esercito che ha il potere sul terreno che conosce meglio.
    Il contributo di Matteo Palamidesse risulta indispensabile per dirimere la matassa delle strategie e delle spinte e alleanze che danno forma al disastro bellico in corso. La militarizzazione della società sudanese sta rendendo sempre più evidente la frammentazione tra etnie che compongono il paese: uno scenario libico dove le Forze di supporto rapido di Hemmedti controllano il Sudovest del Sudan e buona parte della capitale (il Darfur era già un territorio pieno di risorse minerarie da loro controllato, con l’appoggio di emiratini e russi, oltre alle triangolazioni di armi attraverso il confine poroso con il Ciad), l’esercito regolare controlla il Mar Rosso da Port Sudan e la parte orientale del paese.
    Lo sbocco al Mar Rosso è al centro anche di rivendicazioni etiopi (di nuovo sostenuti da Mosca) che rischiano di nuovo di innescare tensioni con l’Eritrea e le Somalie.
    Come se tutte le proxy war possibili ritrovino inneschi dispersi nei decenni tutte contemporaneamente, a costituire quella Guerra mondiale a rate, che trova i singoli pretesti in contenziosi mai sopiti: micce da accendere per creare un conflitto permanente e via via globalizzato.

    Stragi e golpe: governi forti e delegittimati in Sahel

    Stragi e golpe: governi forti e delegittimati in Sahel
    https://ogzero.org/regione/sahel/
    Dove prospera lo strapotere economico-militare pur delegittimato.
    Su questa base abbiamo chiesto a Edoardo Baldaro di aggiornarci nel groviglio di massacri jihadisti incontenibili da qualsiasi “esercito”, golpe sovrapposti, nuove colonizzazioni e poteri forti locali.
    Poteri tutti, anche militari e non solo coloniali, delegittimati in Sahel: crisi securitaria per l’insorgenza jihadista che ha la meglio sui regimi che si presentano come securitari, fondandosi su eserciti che hanno dinamiche interne rispondenti a sociologie particolarmente complesse (Traoré è un capitano come Sankara quando fu ucciso); e questi fenomeni, emersi nella contingenza e in parte di lungo periodo, sono un po’ comuni in Burkina, in Mali e con sfumature diverse anche in Ciad (e stanno per attecchire anche nei paesi limitrofi), dove la delegittimazione del potere sostenuto dalla invadente presenza francese proviene proprio dal fatto che la potenza coloniale – da 40 anni (La Baule mitterandiana) legata al Ciad per la posizione militarmente strategica – e l’Unione africana hanno permesso la transizione dinastica del potere dei Déby avvenuta in concomitanza con gli altri golpe dell’area saheliana, invece maltollerati per l’intrusività russa.
    Infatti il Ciad è sempre stato centrale in ogni crisi regionale: quelle libiche; confina con il Sudan ,e dunque è stato coinvolto con il problema del Darfur; e anche nei rivolgimenti del Centrafrica e quelli jihadisti e climatici del lago Ciad; N’djamena è interessata pure dal Niger con i suoi traffici, fino alla Nigeria e all’esportazione di Boko Haram… sempre importante gendarme sia di Parigi che dell’Unione Africana, che non possono più fare a meno dell’esercito dei Déby, che può così impunemente massacrare i dimostranti esasperati per il mancato compimento della transizione promessa e invece sistematicamente procrastinata.
    E non si tratta solo di possesso di armi, ma anche di sostanze economiche e i gruppi di potere connessi con le forze armate hanno potuto in questi decenni di connivenza coloniale – e con le istituzioni internazionali (Numisma in testa) – occupare tutti i gangli del potere; chi ci guadagna? Edoardo Baldaro prova (con successo) ad analizzare come funzionano ora i rapporti di forza e sfruttamento.
    Divisioni e frammentazioni impediscono poi un’opposizione efficace: sono 52 i gruppi armati ribelli in Sudan e poi ci sono le contrapposizioni interne al gruppo di potere militare con Hemeti che costituisce un deep state parallelo, che svolge anche funzioni di politica estera e accordi con i peggiori ceffi internazionali: legami con Egitto, Sauditi – in Yemen – e Wagner (rapporti opachi documentati da “AgenziaNova” il 3 novembre dove pass, intelligence, oro… armi e basi navali s’intrecciano pericolosamente: https://www.agenzianova.com/news/un-rapporto-denuncia-affari-opachi-tra-il-gruppo-wagner-e-lintelligence-militare-del-sudan/).

    Sudan di nuovo in piazza contro la restaurazione

    Sudan di nuovo in piazza contro la restaurazione
    Un golpe anomalo dove il deposto primo ministro vive i primi giorni di cattività a casa del generale che lo ha defenestrato; molti aspetti sono ambigui, compreso il ruolo e la posizione attendista delle potenze straniere. Ciò che sembra evidente è che forse la comunità africana più attenta e ribelle, la nazione più politicizzata è di nuovo costretta a scendere in piazza a difendere quello che sembrava un diritto acquisito con la cacciata di al-Bashir, di cui sono stati scarcerati alcuni fedelissimi, espandendo un odore di restaurazione sull'intera operazione. La repressione è pesantissima e le attività sospese, i servizi non sono erogati per la disubbidienza civile generale. Oltre ai consueti sbarramenti in strada ripresi anche nell'immagine in copertina, il 10 novembre si prevede una One million march.
    Abbiamo quindi chiesto ad Adam, portavoce della comunità sudanese a Roma di esporci il punto di vista di chi sta richiedendo ai militari il rispetto degli accordi e dunque che venga restituito alla società civile il potere. Il colpo di mano era nell'aria da mesi e anzi si erano verificate già delle prove generali: abbiamo chiamato Antonella Napoli (@AntonellaNapoli) per aiutarci a comprendere meglio strategie internazionali e politica interna agli stati dell'area di cui fa parte il Sudan che forse non a caso vede contemporaneamente andare in scena una sanguinosa guerra civile tra tigrini, alleati degli oromo, e ahmara, con il supporto dell'Eritrea di Afewerki, divenuto sostenitore del governo di Ahmed, il premio Nobel per la pace presidente etiope. Ci sono probabilmente molti elementi in comune tra ciò che avviene a Khartoum e ciò che sta avvenendo alle porte di Addis Abeba, e ci sono anche molte differenze, ma come ci dice Adam per gli abitanti di quelle zone sudanesi, etiopi, egiziani, eritrei sono fratelli, il resto – Diga della Rinascita compresa – sono beghe tra potenti e stati... come la spartizione del potere (si parla di un governo di tecnici, come il coniglio dal cilindro dei colloqui tra il generale golpista al-Buhran e il primo ministro deposto Hamdok) che si sta sostituendo ora dopo il colpo di stato al dettato costituzionale voluto dalla piazza insorta due ani fa, paventato dalla base del Movimento che richiedeva di non operare alcuna trattativa con i militari genocidi.
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