Disinteresse per il conflitto nel Kivu?
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Unâaltra delle guerre private dellâattenzione delle coscienze coloniali â sviate da minacce nucleari zariste, un genocidio perpetrato dallâunica democrazia mediorientale, rotte commerciali in mano a pirati alieni â si sta nuovamente svolgendo in Congo, alla sua periferia più ricca: nella zona dei Grandi Laghi, e in particolare si va estendendo nel Kivu e Ituri. E poi anche nel resto del corpaccione congolese? Non avendo superato dopo trentâanni il dramma delle stragi contro i tutsi, ma, accorpandola e incancrenendola, si ripropone.
Giovanni Marco Carbone ci ha aiutato a sbrogliare lâintreccio della matassa dei rapporti tra Ruanda e Congo sullo sfondo della predazione delle risorse congolesi da parte dei tutsi del Ruanda a trentâanni dal genocidio; e questo va collocato in unâarea dove la presenza di decine di milizie armate nasce dal senso di minaccia avvertito dal regime di Kagame per le presenze nella provincia di Goma di profughi e responsabili delle stragi del 1994 e contemporaneamente dei focolai di resistenza dal basso di villaggi, abbandonati dal potere centrale di Kinshasa a migliaia di chilometri e messi sotto dallâM23, la milizia filoruandese, potentissima.
Il tutto nellâassoluta inefficienza e disinteresse del resto del mondo, con Minusco che sta ammainando bandiere e abbandona il campo, portando via i suoi 15.000 uomini. Anche lâespressione del dissenso è conculcata dal potere centrale di Tsishekedi (che si sforza di reintegrare la regione nel paese) e dalla guerra, che vede la partecipazione di molti protagonisti continentali⦠e alla finestra gli altri. Si rischia di assistere a una Terza guerra mondiale africana? Carbone ritiene che guerre tra nazioni africane sono sporadiche, più spesso lâescalation stessa risucchia gli stati a farsi guerra su uno stesso territorio e sempre congolese.
Le multinazionali fanno comunque affari con chiunque, ma è complesso e tutti i protagonisti in qualche modo mettono le mani sulle risorse, ma prediligono sicurezza e stabilità e quindi non sguazzano nelle situazioni di conflitto, perché rendono difficili procurarsi forza lavoro, assicurare sicurezza alle maestranze, poter usufruire di infrastrutture funzionanti, dunque difficilmente proviene dal capitalismo e dallo sfruttamento predatorio la necessità di accendere il conflitto.
Carbone ci richiama anche a guardare sì allo spostamento verso i porti dellâAtlantico lâattenzione, ma senza dimenticare che Kinshasa è entrata negli organismi che regolano lâAfrica orientale, guardando alla regione dellâEast African Community, che vede scambi proprio con lâarea del Kivu (ottenendo supporto per la sicurezza, che poi è risultato irrisorio e perciò sono entrati in campo i sudafricani).