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    Explore "missionari" with insightful episodes like "Martedì 12 settembre 2023 - Chiamati per nome!", "Ep.5 - La casa delle mamme - Per la famiglia", "Ep.5 - Un Natale di tanti anni fa - Per te che sei amico dei missionari", "Ep.4 - Benvenuti alla Porta del Cielo - Per te che sei amico dei missionari" and "Ep.3 - Noi cerchiamo padre Barba. È lei? - Per te che sei amico dei missionari" from podcasts like ""CHEWING GUM - masticare la Parola di Dio", "Avvento di fraternità", "Avvento di fraternità", "Avvento di fraternità" and "Avvento di fraternità"" and more!

    Episodes (16)

    Martedì 12 settembre 2023 - Chiamati per nome!

    Martedì 12 settembre 2023 - Chiamati per nome!
    VANGELO
    Dal Vangelo secondo Luca

    In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
    Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

    COMMENTO

    Prendiamoci un poco di tempo per valutare e allenare la nostra preghiera personale. È una pratica preziosa, essenziale per crescere nell’ascolto e nella conversione. La meditazione aiuta anche a trasformare la Parola in scelta concreta.

    CITAZIONE
    La preghiera è la voce di un “io” che brancola, che procede a tentoni, in cerca di un “Tu”. (Papa Francesco)

    Ep.5 - Un Natale di tanti anni fa - Per te che sei amico dei missionari

    Ep.5 - Un Natale di tanti anni fa - Per te che sei amico dei missionari
    Per chi è nato Gesù? A noi piace rispondere che è nato per tutti gli uomini. E il Natale di Gesù è un giorno di festa per tutti. Anche quando, come ci racconta padre Pasquale Simone, il pranzo è a base di… riso e fagioli.

    Questo podcast è parte della proposta in cinque puntate per l'Avvento realizzata dal Centro Pime.
    www.pimemilano.com

    Ep.4 - Benvenuti alla Porta del Cielo - Per te che sei amico dei missionari

    Ep.4 - Benvenuti alla Porta del Cielo - Per te che sei amico dei missionari
    Padre Carlo Torriani ha vissuto a lungo tra lebbrosi ed ex-lebbrosi emarginati in India e per loro, appena fuori Mumbai, ha fondato la missione Swarga Dwar, che in lingua Hindi significa “Porta del cielo”. Qui convivono persone che arrivano da storie e tradizioni diverse. Ma come si fa a pregare insieme? Padre Carlo una soluzione l’ha trovata.


    Questo podcast è parte della proposta in cinque puntate per l'Avvento realizzata dal Centro Pime.
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    Ep.3 - Noi cerchiamo padre Barba. È lei? - Per te che sei amico dei missionari

    Ep.3 - Noi cerchiamo padre Barba. È lei? - Per te che sei amico dei missionari
    La guerra, dice papa Francesco, è «un fallimento della politica e dell’umanità… Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni...». Ecco, è proprio quello che, nel 1943, fece il giovane padre Aristide Pirovano, a costo di essere arrestato e finire per tre mesi nel carcere di San Vittore, a Milano.

    Questo podcast è parte della proposta in cinque puntate per l'Avvento realizzata dal Centro Pime.
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    Ep.2 - Meraviglie di un viaggio in canoa - Per te che sei amico dei missionari

    Ep.2 - Meraviglie di un viaggio in canoa - Per te che sei amico dei missionari
    Il viaggiare sulla stessa barca, anche al di fuori della metafora, è una costante nella vita dei missionari. Per raggiungere le comunità sparse su isole e isolette della Papua Nuova Guinea o delle Filippine, o lungo le coste dei Paesi africani, molti di loro devono inevitabilmente viaggiare in barca. O in canoa... Padre Enrico Uggè è un missionario del Pime che vive in Brasile dal 1971, insieme agli indios sateré mawé della diocesi di Parintins, in piena Amazzonia. Al suo arrivo, cinquant’anni fa, il popolo dei sateré mawé rischiava di scomparire, dimenticato – si fa per dire – dalle autorità e minacciato dai latifondisti che cercavano di impadronirsi delle loro terre.
    Quello che vi proponiamo è di seguirlo sulla sua canoa di lasciarvi cullare dalla corrente del Rio delle Amazzoni...

    Questo podcast è parte della proposta in cinque puntate per l'Avvento realizzata dal Centro Pime.
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    Ep.2 - Distanze d'acqua, legami di conchiglia - Per la famiglia

    Ep.2 - Distanze d'acqua, legami di conchiglia - Per la famiglia
    Interessarci all'altro è il primo passo per prenderci cura del mondo, ma come fare quando l'altro è lontano e ciò che gli accade sembra non riguardarci?

    In questo podcast raccontiamo ai bambini una tradizione singolare praticata dagli abitanti delle isole della Papua Nuova Guinea, tra le onde dell'oceano Pacifico. Una tradizione che unisce e che anche noi, nel nostro piccolo, possiamo provare a mettere in pratica...

    Questo podcast è parte della proposta in cinque puntate per l'Avvento realizzata dal Centro Pime.
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    Ep.1 - Il buon samaritano - Per la famiglia

    Ep.1 - Il buon samaritano - Per la famiglia
    Un tempo chiesero a Gesù cosa si dovesse fare per vivere felici per sempre, anche dopo la morte. Gesù rispose che il segreto sta nell’amore, per Dio e per il prossimo. Ma chi è questo “prossimo”?

    In questo podcast racconteremo la parabola del buon samaritano ai bambini, per iniziare a camminare insieme, come fratelli, verso il Natale.

    Questo podcast è parte della proposta in cinque puntate per l'Avvento realizzata dal Centro Pime.
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    Ep.1 - L'importuno ero io, non loro - Per te che sei amico dei missionari

    Ep.1 - L'importuno ero io, non loro - Per te che sei amico dei missionari
    Il sentirsi stranieri è una sensazione che ogni missionario prova quando arriva in una terra dove tutto è diverso e, soprattutto, lui stesso è il diverso. Lo racconta bene, in una lettera del 1970, il beato padre Clemente Vismara. Con la sua inconfondibile ironia, la sua chiarezza e la sua profondità, un padre Clemente ormai ultra-settantenne traccia un bilancio della sua vita in Myanmar. Dai primi giorni, quando era un "importuno", fino alla fine quando poteva finalmente contare i "felici" intorno a sé.

    In questo podcast, curato dalla nostra Biblioteca, padre Clemente torna a parlarci per insegnarci che l'essenza della fraternità è tutta qui: «Se stanno bene loro, sto bene anch'io».

    Questo podcast è parte della proposta in cinque puntate per l'Avvento realizzata dal Centro Pime.
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    Ep.0 - Padre Maccalli: «Fratelli rapitori»

    Ep.0 - Padre Maccalli: «Fratelli rapitori»
    Padre Maccalli è stato rapito e tenuto prigioniero in Niger, per due anni, da un gruppo armato di musulmani. Eppure, alla sua liberazione, ha chiamato "fratelli" i suoi rapitori. Il breve racconto del missionario della Società delle Missioni Africane apre il nostro cammino di Avvento con l'invito che rivolge al suo carceriere: scoprirci fratelli.

    Tratto dall'intervista realizzata da Anna Pozzi per Mondo e Missione. Leggi a questo link il testo integrale: https://www.mondoemissione.it/africa/maccalli-un-giorno-saremo-tutti-fratelli/

    La povertà dei poveri non è colpa dei ricchi

    La povertà dei poveri non è colpa dei ricchi
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=845

    LA POVERTA' DEI POVERI NON E' COLPA DEI RICCHI di Piero Gheddo

    La cause radicali della povertà non sono né la colonizzazione, né le multinazionali né l'egoismo dei Paesi ricchi.
    I ricchi del mondo hanno tante responsabilità e colpe, ma non quelle di essere stati la radice della povertà dei popoli poveri.
    Mi fa pena quando leggo su libri e riviste non "popoli poveri" ma "popoli impoveriti". E spiegano che, prima dell'incontro con la colonizzazione occidentale, ad esempio, i popoli africani o gli indios amazzonici, vivevano una vita naturale, felice, pacifica, solidale.
    E' la visione dell'Illuminismo, che non ammetteva il peccato originale: l'uomo nasce buono, la società lo rende cattivo. Ma è una visione ideologica del tutto contraria alla realtà storica.
    Basta leggere le biografie dei primi missionari che sono venuti a contatto con popoli anche prima dell'intervento coloniale. Ad esempio i missionari del Pime sono andati nella Birmania orientale nel 1868, quando la colonizzazione inglese, in quelle regioni abitate da popolazioni tribali che vivevano all'età della pietra (non conoscevano il ferro), è iniziata verso la fine del secolo XIX.
    Ebbene, i missionari scrivevano che le tribù erano continuamente in guerra fra di loro e descrivono la loro vita grama dicendo che era una vita disumana, poco al di sopra di quella degli animali. Altro che "impoveriti"! Anzi i tribali della Birmania si sono evoluti proprio con l'azione dei missionari, che hanno portato la pace, insegnato a fare e coltivare le risaie (prima erano nomadi), aperto le strade e le scuole, portato la medicina moderna, studiato le loro lingue e fatto vocabolari e raccolte di loro proverbi e racconti e via dicendo.
    I "no global" avevano coniato, nel 2001 al G8 di Genova, uno slogan efficace "noi siamo ricchi perché loro sono poveri e loro sono poveri perché noi siamo ricchi". Dico sempre che non si aiutano i poveri raccontando bugie. Come l'altro slogan: "Il 10% della popolazione mondiale consuma il 90% delle risorse ed il 90% degli uomini consumano solo il 10% delle risorse disponibili". Io dico che bisogna correggere così: "il 10% degli uomini producono e consumano il 90% delle risorse, il 90% degli uomini producono e consumano il 10% delle risorse".
    Il problema in radice è che prima bisogna produrre e poi consumare: si consuma se si produce e nei Paesi poveri non si produce abbastanza per mantenere il ritmo di crescita della popolazione.
    L'Africa è passata da 300 milioni di abitanti nel 1960 a più di 800 di oggi, ma l'agricoltura di base è ancora in buona parte ferma all'epoca coloniale. Alcuni "catastrofisti" dicono che ci sono troppi uomini per poter vincere la fame. Non è vero, il Giappone che ha 342 abitanti per chilometro quadrato (l'Italia 194), una delle densità più alte del mondo e in un Paese tutto montagnoso (è coltivabile solo il 19% del territorio) e dal clima infelice, è autosufficiente nel cibo di base che consuma, cioè il riso.
    La fame non deriva dai troppi uomini e donne, ma dal fatto che non sono istruiti, educati a produrre di più, oltre al livello della pura sussistenza.
    Ma questo in Occidente non si vuol sentire perché chiama in causa la nostra vera responsabilità, che non è di non aiutare maggiormente e finanziariamente i Paesi poveri e di non pagare con giustizia le loro materie prime (anche questo, ma non anzitutto questo), bensì di non contribuire ad educarli per diventare autosufficienti, prima di tutto nella produzione di cibo e poi di tutto il resto.
    Il distacco fra ricchi e poveri nel mondo non è anzitutto un fatto economico, ma culturale-politico. Mentre in Europa, dopo secoli di lento cammino verso l'industria e l'agricoltura moderna, siamo giunti ad avere le tecniche, le capacità, la mentalità imprenditoriale e lavorativa (oltre alla democrazia e al libero mercato), molti popoli del Sud del mondo sono passati, alla fine dell'Ottocento o inizio del Novecento, dalla preistoria (cioè assenza di lingue scritte) alla modernità in un secolo, con due guerre mondiali in mezzo!
    In situazioni come questa è superfluo dire che loro hanno grandi valori umani, che sono giovani e intelligenti e simpatici, pieni di buona volontà. Queste cose le so benissimo anch'io, ma il balzo culturale dalla preistoria al computer e all'aereo si può assorbire da parte di alcuni in senso tecnico, non in senso culturale.
    Le masse popolari usano bene il telefonino e la televisione, ma la testa, le abitudini, i costumi di vita, la mentalità di fondo sono rimasti più o meno al tempo passato. Le fedi religiose e le culture non si cambiano rapidamente, ci vuole tempo. Questo è il ritornello che più sento ripetere dai missionari che vivono una vita con i popoli poveri, ma che in Occidente ancora non si capisce o non si vuol ammettere.
    Nel dicembre 2007 sono stato in Camerun, uno dei Paesi modello dell'Africa a sud del Sahara: esteso una volta e mezzo l'Italia, con 18 milioni di abitanti, politicamente stabile, senza guerre o guerre intestine, con una passabile forma di democrazia e libertà di stampa. Crescita economica annuale dal 2 al3% del Pil. Reddito medio pro-capite: 800 dollari l'anno, quando in molti Paesi africani è dai 100 ai 300 dollari (l'Italia è poco sotto i 30.000 dollari). Debito estero quasi inesistente, poche decine di milioni.
    Tutto bene, ma il fatto è che il Camerun produce poco o nulla in campo industriale. Non ha una vera industria, ma solo cementifici, produzione tessile e dello zucchero, di birra e di sigarette, sgranatura del cotone, poco altro. Importa quasi tutti i beni moderni, comprese lampadine e frigoriferi, esportando ricchezze naturali (petrolio, minerali vari, legno) e prodotti agricoli. E una crescita economica senza industria non è possibile.
    Il secondo cancro del Camerun è la corruzione a livello politico e amministrativo, statale. Nella lista dei Paesi più corrotti del mondo stilata dall'Onu, il Camerun è sempre nei primi posti; nel 2007 era addirittura il primo. Non è colpa specifica di questo o quel capo di Stato o amministratore, è un costume che deriva dalla mentalità: quando uno ha il potere deve pensare anzitutto alla sua etnia, tribù, villaggio, famiglia. E' un cancro diffusissimo in tutta l'Africa - e non solo in essa, naturalmente - che laggiù frena moltissimo lo sviluppo, perché i sussidi e i doni che si ricevono dall'Onu o da altri Stati finiscono quasi tutti nelle tasche appunto di chi detiene il potere.
    E, ripeto, questo vale per i governanti ad alto livello e per gli amministratori, i militari, eccetera, ma anche per chi ha qualsiasi potere sugli altri. Ci sono eccezioni certo, ma il malcostume di cui tutti parlano è questo. Queste sono le vere radici del sottosviluppo.
    Lo sviluppo è un fatto non solo tecnico ed economico, ma parte anzitutto dalla cultura, dall'istruzione: è opera dell'uomo e non dei soldi, parte dall'uomo e non dalle macchine, nasce in un popolo attraverso l'educazione, la quale però è un processo lungo, paziente, che non si fa con interventi d'emergenza, ma vivendo assieme ad un popolo. Noi occidentali facciamo pochissimo per l'educazione dei popoli poveri, anche perché non si parla mai di valori culturali e religiosi che portano allo sviluppo: è un tema ignorato dai mass media e dagli 'esperti' occidentali, che privilegiano gli aiuti economici e tecnici.
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