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    Barbie, un film femminista che dimostra anche il fallimento del femminismo

    Barbie, un film femminista che dimostra anche il fallimento del femminismo
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7512

    BARBIE, UN FILM FEMMINISTA MA CHE DIMOSTRA ANCHE IL FALLIMENTO DEL FEMMINISMO di Federica Di Vito
    Molti sono andati al cinema a vedersi Barbie. Superati i 21 milioni di euro di incasso in Italia e più di 775 milioni di dollari a livello globale, sembra essere il miglior incasso italiano del 2023, secondo per ora solo ad Avatar (Fonte Cinetel). E se qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un semplice film è perché non ne ha colto la portata, a detta dei media mainstream. Se poi a capire che la fashion doll più famosa abbia segnato un'epoca possiamo arrivarci più o meno tutti, risulta invece difficile comprendere come una bionda perfettamente in linea con i canoni di bellezza che le nuove femministe vorrebbero vedere annientati possa elevarsi a paladina del pink power. Di pink in effetti ce n'è parecchio, ma qual è questo "power" che affascina le ragazze?
    La visione di Barbie sembra un'esperienza che lascia il segno, ci sarebbe un "prima" e un "dopo" a tal punto da spingere tante coppie a lasciarsi. Sarebbe nato così un vero e proprio fenomeno, l'hanno chiamato Barbie break up. «Grazie, Barbie, per avermi dato potere», scrive una ragazza su Twitter, «per avermi dato la fiducia necessaria, per avermi fatto capire che merito di meglio». E poi ancora, Theresa Arzate, ventisettenne di Dallas, ha raccontato su Twitter che sarebbe stata la reazione del suo ex fidanzato dopo la visione del film ad averla spinta a rompere con lui. I ragazzi mollati sembrano essere colpevoli di non empatizzare per esempio con la critica cinematografica Zoë Rose Bryant che si rilegge il monologo di Barbie «tutte le sere come se fosse la mia Bibbia». Intanto su TikTok qualcuno suggerisce di mettere alla prova il partner dopo i primi appuntamenti proprio con la visione del film. Il prototipo di "ragazzo perfetto" dovrebbe sentirsi a suo agio vestito di rosa a ridere degli stereotipi senza sminuire le sensazioni di disagio che la donna prova nella società odierna. E poi ci sono tutti gli altri, quelli che una ricerca del King's College di Londra ha rivelato avere affermato che il femminismo faccia più male che bene, e cioè un terzo degli intervistati. Se il ragazzo in questione non fa mea culpa sugli errori di Ken, allora meglio sbarazzarsene.
    Eccolo il potere che Barbie sembra conferire alle ragazze. Di scoprire se stesse, i propri bisogni e ciò che si meritano. Finalmente. «Greta Gerwig sta cercando di salvarci tutte, attraverso Barbie!», sostiene la Tiktoker Megan Gotham, e anche l'Huffpost riporta il pensiero di un'utente dell'app dating Hinge: «Penso che se un ragazzo ha una forte reazione negativa solo all'idea di vedere il film allora questa è un segnale d'allarme». Analizzare il fenomeno non è complicato, basti guardare quanta fiducia venga affidata oggi ai social. È frustrante però pensare alle tante ragazze che affidano a un singolo film la capacità di discernere se la persona che si frequenta sia quella giusta o meno. E che solo lasciando il proprio ragazzo pensano di combattere l'ingiustizia sociale che sentono. Tanto più se poi allo stesso tempo si guarda il mezzo milione di giovani della Gmg che tremanti e felici hanno affidato la loro vocazione all'unica Fonte che può saziare qualsiasi fame di fiducia, potere, affermazione, empowerment o dir si voglia. In fin dei conti, di amore.
    Allora Barbie potrà anche illuderti che «puoi essere tutto ciò che desideri», ma il segnale vero che l'uomo che hai accanto è il meglio per te - si tappino le orecchie le femministe - lo vedrai quando ti dirà la verità. Ovvero che no, non puoi essere tutto. Puoi scegliere in virtù del tuo essere donna e saranno quelle scelte definitive a dare ordine a tutti i tuoi desideri. Sarà la risposta a una vocazione a darti la possibilità di brillare, unica e irripetibile, come Dio ti ha pensata. Altrimenti puoi accontentarti dei tanti Ken prodotti in serie e del pink power che dura quanto una passata di lipgloss.
    Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Barbie, il fallimento dell'ideologia femminista" sostiene che Barbie non è un film femminista, ma una divertente disamina del femminismo passato e presente. E sul suo fallimento. Lo rilanciamo per avere una panoramica completa delle reazioni al film (suggeriamo inoltre la rilettura di un nostro precedente articolo sul film, clicca qui!).
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 19 agosto 2023:
    Passata la bufera mediatica e la mania promozionale del "tutti in rosa", anche la Nuova Bussola Quotidiana si è avvicinata, con estrema cautela e riluttanza, al successo dell'estate: Barbie. Le premesse non fanno ben sperare. Sarà il solito polpettone femminista e woke? La regista, d'altra parte, è Greta Gerwig, la stessa che sta dirigendo un remake di Biancaneve senza nani e soprattutto senza principe. Invece Barbie è, almeno nel finale, una piacevole sorpresa, una pellicola divertente, autoironica, con due grandi interpreti (Margot Robbie e Ryan Gosling, rispettivamente Barbie e Ken) che danno profondità e umanità a personaggi di plastica.
    Il film inizia come un qualunque pamphlet femminista. In una riedizione fedele delle scene iniziali di 2001 Odissea nello Spazio di Kubrick, le bambine del passato incontrano il loro monolite, una gigantesca Barbie e spaccano le loro bambole sulle pietre, un gesto di ribellione violenta contro il loro ruolo di madri. La Barbie rappresenta, così, l'utopia femminista. Vive in una terra di sogno, Barbieland, dove le bambole-donne possono diventare quel che vogliono, si premiano, si elogiano, lavorano nei cantieri e vanno nello spazio, sono felici e benvolute anche se sovrappeso, ballano anche se sulla sedia a rotelle, sono da Nobel e hanno una presidente nera. Ma se una resta incinta viene ritirata dal mercato, nascosta. I maschi ci sono, i Ken, ma sono solo accessori. Il Ken esiste nell'attesa di uno sguardo, di un'attenzione della Barbie, altrimenti non è. Sogno o incubo? La Barbie-stereotipo (la prima, bionda, che conosciamo tutti) a un certo punto inizia a pensare alla morte. È un problema. Per risolverlo deve entrare nel mondo reale, per mettersi in contatto con la sua bambina proprietaria e capire cosa la turbi. La segue Ken.
    Nel mondo reale, Barbie rischia di finire come Pinocchio. Scoprirà che i maschi sono ancora al comando, persino nella Mattel che l'ha creata. Ken, al contrario, inizia ad esaltarsi, se non altro perché viene rispettato come persona e non solo come accessorio. Barbie incontra la "sua" bambina che non è più cresciuta nell'epoca del femminismo utopistico, ma di quello moderno, fatto di odio e lotta di genere. Ed è un cozzo frontale, la bambola viene insultata e cacciata perché "fascista". I signori della Mattel, intanto, le danno la caccia perché nessuna Barbie viva deve entrare nel mondo reale. La povera bella bambola si salva solo perché incontra la vera proprietaria: la mamma della bambina, una donna matura che incarna il femminismo fallito e disilluso. Sogna ancora un mondo dove le donne comandano e decide di seguire la "sua" bambola a Barbieland. Nel frattempo, però, Ken ha preso il potere e l'ha trasformata nel patriarcato Kendom, tutto cavalli, muscoli, cappelli da cowboy e birra, la caricatura del machismo del West.
    In un crescendo di delirio pop e di umorismo surreale, come era prevedibile le Barbie riprendono il potere, anche con la benedizione della Mattel (che non vuole un prodotto per maschi: al suo vertice sono maschi "femministi" per marketing). E se il film finisse qui, potrebbe essere archiviato come divertente ma inutile. Invece no, perché il finale gli dà un colpo di reni che fa salire di livello. In un commovente dialogo fra Barbie e la sua creatrice, il fantasma di Ruth Handler, la bambola decide infine di diventare umana, accettando la realtà: prima o poi invecchierà e morirà. Diventa comunque umana perché vuole cessare di essere un'idea per diventare parte della creazione e creatrice a sua volta. E la regista la mostra, in versione umana, dalla ginecologa: si presenta con un cognome e un nome e aspetta un figlio. La rottura iniziale della donna con il ruolo di madre è infine sanata in un atto di maturità. E l'uomo? Ken matura nel momento in cui si accetta come persona e non solo come accessorio di una Barbie. La Gerwig ci ha così offerto, forse senza volerlo, una via d'uscita intelligente dal tunnel della lotta di genere.
    La pellicola è stata vietata in gran parte del mondo musulmano, perché, ad esempio, "va contro i valori della fede e della morale" (Libano), "promuove omosessualità e transessualità" (Algeria), diffonde "idee e convinzioni che sono estranee alla società e all'ordine pubblico kuwaitiani" (Kuwait). Accuse abbastanza strane, a dire il vero, considerando che nel film non compaiono neppure personaggi omosessuali, non ci sono scene di nudo e neppure di sesso. Si tratta di una produzione quasi pudica, rispetto agli standard attuali. Nel mondo islamico, tuttavia, è mal digerito un film diretto da una regista americana, su una bambola creata da un'imprenditrice ebrea e di

    Santa Chiara sfigurata e oltraggiata

    Santa Chiara sfigurata e oltraggiata
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7501

    SANTA CHIARA SFIGURATA E OLTRAGGIATA di Cristina Siccardi
    Lo stravolgimento della realtà dei fatti è diventato lo sport più praticato dei nostri tempi, anche nell'ambito religioso. «Non dire falsa testimonianza» recita l'ottavo comandamento, tuttavia menzogne ed inganni oggi si riconcorrono anche quando si tratta di narrare e divulgare frammenti della Storia della Chiesa, dunque fatti acclarati, ma che puntualmente vengono inzaccherati da menti che non amano la verità, bensì le interpretazioni che il mondo e i poteri forti, con le loro ideologie, propagandano.
    Alcuni giorni fa avevamo parlato su queste colonne del film anticristiano Rapito del regista Marco Bellocchio (clicca qui!), ed ora non possiamo neppure tacere lo scempio che è stato commesso ai danni della figura di santa Chiara d'Assisi, oggetto dell'interesse della regista Susanna Nicchiarelli. Il suo sacrilego film è stato presentato in anteprima mondiale il 9 settembre 2022 alla 79ª Mostra del cinema di Venezia, prima di debuttare nelle sale cinematografiche italiane il 7 dicembre dello stesso anno. Ça va sans dire che la critica laica l'abbia osannato per aver sfigurato l'immagine dell'autentica santa Chiara, trasformandola in una femminista, ma ciò ha fatto anche Famiglia Cristiana, che si è laicamente compiaciuta attraverso le parole di monsignor Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello spettacolo, il quale ha dichiarato: «Chiara restituisce alla vicenda della Santa la possibilità di interpretare le vicende di ogni tempo grazie allo sguardo radicale della regista che vuole scardinare la rappresentazione più canonica per offrire un ritratto ribelle e vivo, complesso e stratificato. Un'opera irregolare nello spirito benché compatta nella forma, laica per vocazione, ribelle come dev'essere ogni racconto giovanile di rottura», per farlo, allora, bastava prendere la biografia di una qualsiasi rivoluzionaria e femminista, non certo la Sposa di Cristo Chiara d'Assisi. Invece no, devono contaminare i protagonisti del Cristianesimo con le idee anticristiane e togliere la santità, tanto nemica sia dei mondani che dei protestanti.
    Non basta, il 14 novembre 2022 alla Filmoteca Vaticana si è svolta la cerimonia di assegnazione del Premio Fuoricampo per il film Chiara, in quanto da esso emerge «l'umanità e l'indipendenza di Chiara», come ha scritto Vatican News.
    FEMMINISTA ED EMANCIPATA
    Chiara, interpretata da Margherita Mazzucco, è ribelle alla famiglia non per seguire la volontà di Dio, incamminandosi sull'esempio di san Francesco, bensì per emanciparsi dallo strapotere dei maschi, permettendo alle donne di entrare «nel mondo iper-maschilista della Chiesa», come afferma Wikipedia.
    Ebbene, santa Chiara è stata una donna di Dio, senza nessuna velleità femminista, visto che tale ideologia è sorta nel tempo della Rivoluzione francese per poi crescere con il liberalismo e trovare nella rivoluzione culturale del ‘68 il suo culmine, infiltrandosi massivamente nelle maglie della civiltà occidentale anticristiana. Ella era determinata a difendere ciò che san Francesco aveva realizzato con la Regola dell'Ordo Fratrum Minorum, fondando a sua volta quello che diventerà l'Ordo Sanctæ Claræ nel 1212. La regola di vita dell'Ordine fu inizialmente costituita da alcune semplici istruzioni dettate da san Francesco, ma queste osservanze nel 1215, in base a quanto stabilito dal XIII canone del Concilio Lateranense IV, dovettero cedere il posto alla Regola benedettina. Santa Chiara si batté non per rivalsa contro gli uomini - una sciocchezza così assurda da potersi considerare ridicola -, ma per tutelare con tutte le sue forze i principi francescani della povertà assoluta (Madonna Povertà) che venivano posti in pericolo a causa delle direttive ecclesiastiche provenienti dallo stesso Concilio Laterananse. Da qui i contrasti di santa Chiara, vera discepola di san Francesco, con le autorità religiose, finanche con il Pontefice. Ella non si piegò mai a linee guida errate e infedeli alle promesse originarie.
    Per san Francesco, al fine di far accogliere alla Santa Sede la Regola dei Frati minori, era necessario non prendere in considerazione, temporaneamente, il ramo femminile, perché, a differenza del coevo san Domenico, che aveva adottato per i suoi Predicatori la Regola già esistente di sant'Agostino, egli ne voleva una riconducibile solo ed esclusivamente al suo Ordine. Per questo santa Chiara dovette pazientare, attendendo tempi migliori.
    Lei e le sue consorelle vennero chiamate Povere Dame di San Damiano, alle quali il Cardinale Ugolino inviò, nel 1218, un visitatore cistercense, per le quali redasse, un anno dopo, una Regola che le riuniva alla famiglia benedettina, imponendo loro clausura e proprietà. Da allora iniziò un gioco sottile fra Chiara e il Cardinale, protettore delle Damianite dal 1218 in poi, anche quando diventerà Pontefice nel 1227 con il nome di Gregorio IX. L'obiettivo di Ugolino era quello di servirsi del movimento francescano femminile per riformare l'intero mondo monacale in un periodo in cui il livello delle osservanze e della religiosità lasciavano molto a desiderare in parecchi monasteri; in più il IV Concilio Laterano aveva da poco proibito la fondazione di nuovi ordini religiosi.
    IL PRIVILEGIO DELLA POVERTÀ
    Ma santa Chiara non ebbe alcuna intenzione di porsi alla guida dell'Ordine che Ugolino cercava di costituire. Per un po' di tempo il Cardinale trattò con riguardo Madre Chiara, arrivando a rinnovare nel 1228 il privilegio della povertà per il monastero di San Damiano. Però, dopo il 1230, adottò una linea più dura e intransigente, vietando ai Frati minori di visitare i monasteri di santa Chiara e assimilando sempre di più il funzionamento di essi a quello delle numerose istituzioni monastiche preesistenti.
    Se ella aveva consigliato san Francesco, quando egli esitava fra vita eremitica e apostolato, per la scelta di quest'ultima, lui, prima di morire, le raccomandò di rifiutare ogni concessione su ciò che era essenziale. Così scrive nella sua volontà indirizzata a Santa Chiara: «Poiché, per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle dell'altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto, da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, cura e sollecitudine speciale. Io, frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell'altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima madre e perseverare in essa sino alla fine. E prego voi, mie signore, e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. E guardatevi attentamente dall'allontanarvi mai da essa in nessuna maniera per insegnamento o consiglio di alcuno» (Fonti Francescane, §§ 139-140). L'ideale di vita sia per san Francesco che per santa Chiara fu esclusivamente incentrato sul rigore evangelico nella povertà, nell'umiltà, nella penitenza.
    Nella prospettiva di unione e assimilazione allo Sposo divino, la mistica Chiara visse la rinuncia come via prediletta per accogliere in lei Cristo. Negli scritti che sono pervenuti fino a noi, lei stessa evidenzia con insistenza il suo attaccamento per la povertà e per l'umiltà, testimoni delle sue nozze mistiche.
    Principale sopravvissuta della primitiva epopea francescana, Chiara divenne un punto di riferimento nel momento in cui l'Ordine dei Frati minori, incoraggiato dal Papa, evolveva rapidamente verso forme nuove, iniziando a conoscere al suo interno delle tensioni fra coloro che volevano mantenersi fedeli alla Regola di san Francesco e i loro avversari, che reclamavano novità, accomodamenti e minor rigore, tradendo lo stesso fondatore che aveva categoricamente ordinato, nel suo celebre e straordinario Testamento, di non interpretare in alcun modo la Regola a proprio uso e consumo.
    LA REGOLA DELLE CLARISSE
    Ecco che, anche quando morì san Francesco, santa Chiara proseguì nel combattimento, come aveva fatto la sua guida spirituale, per mantenere viva la fiamma dell'ideale originario. Nel 1245 Innocenzo IV impose la defraudata Regola di Ugolino del 1218, chiamandola tuttavia Regola di san Francesco e non Regola di san Benedetto. Ma Chiara non poteva ritenersi soddisfatta da questo mutamento di nome, poiché il testo autorizzava le monache a possedere delle proprietà e dei redditi, cosa contraria alle sue ferme e salde convinzioni.
    Per cercare di uscire da ciò che giudicava un'ingiustizia, Chiara decise con determinazione di intraprendere, verso il 1247, la redazione della Regola delle clarisse, ispirandosi a quella del ramo maschile ed alle osservanze di San Damiano, prevedendo esplicitamente la rinuncia ad ogni proprietà. Approvata dal nuovo protettore dell'Ordine, il Cardinale Rainaldo, ebbe anche il consenso, il 9 agosto 1253, di Papa Innocenzo IV, due giorni prima la morte della Santa di Assisi.
    La prova del trionfo della tenacia di santa Chiara, che

    Barbie, un film zuccheroso e femminista

    Barbie, un film zuccheroso e femminista
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7499

    BARBIE, UN FILM ZUCCHEROSO E FEMMINISTA di Raffaella Frullone
    Possiamo ufficialmente dire che sia scoppiata la Barbie mania. In Italia il film che celebra la fashion doll più famosa del mondo ha incassato la bellezza di 7.7 milioni di euro in quattro giorni, guadagnandosi il record di miglior esordio dell'anno. Le sale sono letteralmente sold out e il fatto che a Milano, un lunedì sera di fine luglio, gli unici due posti disponibili fossero una terza fila alla proiezione delle 19.40 in lingua originale, la dice tutta. Soprattutto se si considera che gli italiani al cinema ormai, non vanno più da un pezzo.
    Eppure legioni di fanciulle più o meno giovani sono accorse da ogni dove, richiamate da quel rosa shocking che è un po' come la madleine di proustiana memoria, in un attimo ti riporta agli anni spensierati dell'infanzia quando si poteva giocare a Barbie certi che non arrivasse Laura Boldrini a controllare il grado di empowerment. L'euforia passa subito perché la prima scena è un cupo remake di Odissea nello Spazio di Kubrick con delle bambine al posto delle scimmie, e dei bambolotti al posto delle ossa.
    La voce fuori campo ci ricorda che in un oscuro passato, prima del femminismo faro di civiltà, le bambole esistevano solo per abituare le bambine all'unico ruolo che spettava loro nella società, quello di mamme, questo fino a quando, al posto del monolite, irrompe lei, una gigantesca Margot Robbie, Barbie appunto, in costume intero, tacco 12 e occhiale da sole. É a quel punto che, sulle note di Così parlò Zarathustra di Strauss, le bambine distruggono i loro bambolotti sbattendo violentemente i piccoli crani plastificati a terra mentre la voce narrante prosegue «Grazie a Barbie tutti i problemi del femminismo sono stati risolti».
    I MASCHI SONO SOSTANZIALMENTE INUTILI
    Poi si cambia scena, in un attimo siamo a Barbieland, la terra di Barbie. Un universo parallelo totalmente al femminile, con una presidente donna, un medico donna, una squadra di addette alla raccolta differenziata tutta al femminile, così come quella di operaie, in tuta rigorosamente rosa confetto. Barbie può essere tutto, insegnante, astronauta, infermiera, cantante, attrice, commessa, avvocato, psicologo, e ovviamente, come politicamente corretto insegna, oggi può anche essere di diverse etnie, taglie e anche in carrozzina. Ci sono tutte le opzioni possibili, tranne la mamma (l'unica "Barbie incinta" di Barbieland verrà prontamente mandata fuori produzione).
    «Tu puoi essere qualunque cosa bambina - dice sempre la voce - mentre lui è solo Ken». A Barbieland infatti i Ken sono sostanzialmente inutili, letteralmente spiaggiati a pochi passi da un oceano di plastica, esistono solo in relazione alle Barbie e anche in quel caso devono accontentarsi di un angolino. Senza spoilerare troppo ad un certo punto, Barbie è costretta - per uno strambo mix che mette insieme piedi piatti, cellulite, ansia e pensieri di morte - a lasciare la sua terra tutta glitter e tacchi a spillo per andare nel mondo reale, per quanto si possa considerare reale Los Angeles. Qui la bambola con lo stacco di coscia più invidiato di sempre scopre amaramente che il mondo reale non è quello che lei aveva sempre immaginato, accipicchia, perché ancora il femminismo non ha avuto la meglio e i maschi hanno ancora in mano le redini del mondo e scopre anche che i suoi canoni estetici perfetti non hanno fatto che acuire il senso di frustrazione delle donne.
    PER QUALE SCOPO SONO AL MONDO?
    La pellicola è il racconto andata e ritorno di questo viaggio rocambolesco dove si alternano sentimentalismo e pistolotti sull'autodeterminazione, sull'emancipazione, sulla lotta al patriarcato. D'altra parte la regista Greta Grewig è la stessa che ha lavorato per Disney nel remake di Biancaneve, in cui in nani sono sostituiti dalle più inclusive "creature magiche", Biancaneve si salva da sola e il principe non c'è. Non va certo meglio in Barbie dove tutte le figure maschili sono ridotte a invertebrati zerbini incapaci di qualunque cosa, in primis ovviamente il povero Ken che elemosina attenzioni vere in un mondo plastificato dove non c'è nemmeno il sesso, Barbie infatti, come ripeterà più volte, non ha la vagina. E' a questo punto della pellicola che potrebbe affacciarsi lui, l'abbiocco.
    Ma nel caso lo si superasse, in zona Cesarini il film potrebbe anche salvarsi, se non riscattarsi con una virata inaspettata verso la realtà, che fa capolino. Barbie come Pinocchio deve decidere se continuare a vivere a Barbieland o diventare una donna vera, qui si svolge un dialogo tra creatura e creatore, o meglio creatrice, ossia colei che ha inventato il giocattolo più famoso di Mattel, Ruth Handler, che rivela alla bambola di plastica che se sceglierà di diventare una donna vera dovrà fare i conti con cose difficili, tra cui la morte. Le due si prendono per mano e parte il brano What I was made for? (Per quale scopo sono al mondo?) e scorrono le immagini soffuse di una mamma che allatta, di momenti familiari, abbracci, scorci di vita quotidiana. Barbie abbandona le decolleté per una (inguardabile) Birkenstock Arizona rosa e si prepara per un incontro importante. Varca la soglia di un palazzo, respira ed è al suo primo appuntamento... con la ginecologa, ora d'altra parte, è dotata di tutto il corredo riproduttore.
    La prima cosa che fa da donna è prendere atto che potrà generare. E dunque diventare madre.
    Benvenuta sulla terra.

    S2 Ep.16 - Il diritto all'aborto in Italia: a che punto siamo? - Con Vittoria Loffi

    S2 Ep.16 - Il diritto all'aborto in Italia: a che punto siamo? - Con Vittoria Loffi
    Il papero è abbastanza preoccupato dalla scarsa tutela dei diritti riproduttivi in Italia. Ha quindi contattato un'attivista che si occupa proprio di queste tematiche: Vittoria Costanza Loffi, dell'associazione "Libera di Abortire".
    Vittoria ci ha spiegato di cosa si occupa LdA, qual è il punto della situazione per quanto riguarda l'accesso all'interruzione volontaria della gravidanza in Italia e come la percentuale sproporzionata di obiettori di coscienza nei consultori ed in altre strutture sanitarie impatta in negativo su questo diritto.
    Buon ascolto!

    3' grezzi Ep. 440 Inventrici

    3' grezzi Ep. 440 Inventrici
    Troppo spesso le invenzioni fatte dalle donne vengono brevettate da un uomo e le inventrici riconosciute ufficialmente sono ancora troppo poche. Persino l'edizione speciale del gioco Monopoli, dedicato alle inventrici, dimentica di riconoscere la vera maternità del gioco, inventato da una donna.
    Tutti i link alla fine della pagina, dopo la traduzione in inglese.

    TRASCRIZIONE [English translation below]
    Donne in ascolto, se avete mai inventato qualcosa, correte subito all'ufficio brevetti per brevettarla e fate attenzione che non arrivi un maschio a rubarvi l'invenzione.

    Questo è quello che succede molto spesso quando una donna inventa qualcosa, dai tempi dei tempi. Ho scoperto qualche giorno fa che il dispositivo per segnalare nelle auto, le frecce, quelle che si mettono quando si deve girare, si deve fare una curva, sono state inventate da una donna, un'attrice, Florence Lawrens, nel 1915, un'attrice che doveva essere anche molto di successo perché all'epoca si acquistò una macchina con i suoi soldi, quindi grande libertà, grande indipendenza, e poi era una a cui piaceva anche mettere le mani nel motore, ripararsi la macchina eccetera, e inventò un dispositivo per segnalare quando doveva girare a destra o a sinistra. Purtroppo però Florence dimenticò di brevettare questo dispositivo, per cui poi arrivò il solito maschio che nel 1929 brevettò la segnalazione delle auto. Il nome del tipo non ve lo dico, peggio per lui che ha rubato l'idea alla nostra Florence.

    Florence tra l'altro veniva da una famiglia molto interessante, anche la madre era un inventrice, aveva inventato, qualche anno dopo che la figlia inventò e le frecce, inventò il tergicristallo per tenere il vetro della macchina pulito, quindi una famiglia fantastica di inventrice.

    Un'altra inventrice che è stata dimenticata è Lizzie Magie che inventò i Monopoli. Lo inventò all'inizio del Novecento, nel 1904, come un gioco che avrebbe dovuto dimostrare come con il capitalismo non vinceva nessuno, ma tutti perdevano. Lo brevettò anche, and all'ufficio brevetti, solo che poi lo vendette per una miseria, e qualcun altro, diversi anni più tardi, lo brevetto a suo nome, un altro maschio di cui non vi dico il nome.

    Una cosa interessante è che qualche anno fa Monopoli ha pubblicato un'edizione speciale dedicata alle donne inventrice, dove in ogni casella, anziché il nome della strada, c'è il nome di una inventrice. Manca però Lizzie Magie che inventò appunto il gioco dei Monopoli.

    Come siamo messi a invenzioni oggi? In Italia siamo messi maluccio solo il 14% delle donne va all'ufficio brevetti a brevettare l'invenzione, anche se devo dire che in Sardegna le cose vanno piuttosto bene perché la Sardegna è la prima regione in Italia per inventrici: il 27,9% delle invenzioni viene registrato da una donna, e la Sardegna è 5ª in Europa, quindi donne sarde inventrici continuate a inventare ma soprattutto continuate ad andare all'ufficio brevetti e mettere il vostro nome. Fate attenzione che qualche maschio non vi freghi l'invenzione.



    TRANSLATION
    Women listening, if you have ever invented something, run immediately to the patent office to patent it and be careful that a male does not come and steal your invention.

    This is what happens very often when a woman invents something, since time immemorial. I discovered a few days ago that the device for signaling cars, the indicators, the ones you put on when you have to turn, you take a curve, were invented by a woman, an actress, Florence Lawrens, in 1915, an actress who must have also been very successful because at the time she bought a car with her own money, therefore great freedom, great independence, and then she was someone who also liked to put her hands in the engine, repair her car, etc., and she invented a device to signal when turning right or left.

    Unfortunately, however, Florence forgot to patent this device, so then the usual male arrived who in 1929 patented the car indicators. I won't tell you the name of the guy, too bad for him who stole the idea from our Florence. Among other things, Florence came from a very interesting family, her mother was also an inventor, she invented, a few years after her daughter invented the indicators, she invented the windshield wiper to keep the glass of the car clean, therefore a fantastic family of inventor.

    Another inventor who has been forgotten is Lizzie Magie who invented Monopoly. She invented it at the beginning of the twentieth century, in 1904, as a game that was supposed to demonstrate how with capitalism no one wins, but everyone loses. She patented it too, went to the patent office, but then she sold it for a pittance, and somebody else, several years later, patented it in his name, another male whose name I won't tell you.

    An interesting thing is that a few years ago Monopoly published a special edition dedicated to female inventors, where in each spot, instead of the street name, there is the name of a female inventor. Too bad that Lizzie Magie, who invented the Monopoly game, is missing.

    How are we at female inventors today? In Italy we are in a bad shape only 14% of women go to the patent office to patent the invention, even if I must say that in Sardinia things are going quite well because Sardinia is the first region in Italy for female inventors: 27.9 % of inventions are registered by a woman, and Sardinia is 5th in Europe, so Sardinian women inventors keep inventing but above all keep going to the patent office and putting your name. Be careful that some male does not steal the invention.

    LINKS:
    La donna che inventò Monopoli https://it.wikipedia.org/wiki/Elizabeth_Magie
    L'edizione speciale di Monopoli (senza il nome dell'inventrice del gioco) https://www.washingtonpost.com/nation/2019/09/11/ms-monopoly-female-inventor-lizzie-magie/
    La spettacolare Florence Lawrence, femminista, inventrice e attrice (ma ancora non ci avete fatto un film?) https://it.wikipedia.org/wiki/Florence_Lawrence
    Qualche numero sulle inventrici in Italia e in Sardegna https://www.lastampa.it/esteri/2022/11/08/news/quante_sono_le_inventrici_in_italia_tutti_i_numeri_dei_brevetti_nel_mondo-12226363/

    EP- 35 Donne e denaro con Azzurra Rinaldi

    EP- 35 Donne e denaro con Azzurra Rinaldi
    Se guardiamo i dati che raccontano il rapporto delle donne con il denaro viene fuori una situazione abbastanza allarmante. In Italia il 37% delle donne non ha un conto corrente. (Episteme 2017), ci sentiamo in imbarazzo quando parliamo di soldi e facciamo fatica a fare riconoscere il nostro valore, non chiediamo aumenti di stipendi e tante volte non chiediamo nemmeno un compenso per il lavoro che svolgiamo.

    Insieme a Azzurra Rinaldi, economista, autrice e Direttrice della School of Gender Economics alla Sapienza di Roma abbiamo parlato delle conseguenze di delegare la gestione dei soldi ad altri e di come l’emancipazione economica sia essenziale per garantire la nostra autonomia e libertà.

    Questa puntata è stata supportata da @taxfix la prima app per realizzare in autonomia la dichiarazione dei redditi con l’aiuto di un team di esperti fiscali che controlla tutte le informazioni e i documenti prima dell’invio all’Agenzia delle Entrate. Per provare questa esperienza Taxfix ha creato un codice speciale di 15% di sconto nella prima dichiarazione: TASSEISFEMALE: https://taxfix.it/tasseisfemale/

    Dove trovare Azzurra Rinaldi
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    Identità di genere e sessualità queer - Ne parliamo con Andrea Amato

    Identità di genere e sessualità queer - Ne parliamo con Andrea Amato
    Cosa significa non riconoscersi nel sesso assegnato alla nascita? Tutte le parole che usiamo per definire una persona (trans, enby, non med, transfemminista queer ecc.) aiutano a capire meglio la persona stessa o creano confusione?

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    Le DONNE STUDIANO peggio degli UOMINI?

    Le DONNE STUDIANO peggio degli UOMINI?
    Il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Ho pensato di fare un video proprio su questo, sugli stereotipi di genere nel campo dello studio e dell’apprendimento.

    📌 FONTI
    ► https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2017.00703/full
    ► https://www.researchgate.net/publication/329618463_Pygmalion_and_the_gender_gap_do_teacher_expectations_contribute_to_differences_in_achievement_between_boys_and_girls_at_the_beginning_of_schooling
    ► https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=97153#:~:text=Tra%20le%20regioni%20con%20maggiore%20abbandono%20spiccano%20Sardegna%2C%20Campania%20e,valori%20del%203%2C1%25
    ► https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28725187/
    ► https://elibrary.worldbank.org/doi/abs/10.1596/0-8018-4534-3
    ► https://core.ac.uk/download/pdf/236306634.pdf
    ► https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4634989/

    La nostra vita è politica con Marwa Mahmoud - EP 21

    La nostra vita è politica con Marwa Mahmoud - EP 21
    L’idea della politica come qualcosa di lontano dalle persone comuni è uno strumento utilizzato per tenerci fuori dalle stanze del potere, cittadini passivi davanti alle decisioni che impattano direttamente la nostra vita.
    In questa puntata del podcast Marwa Mahmoud, consigliera comunale di Reggio Emilia, ci racconta dell’importanza di occupare spazi all’interno delle istituzioni e al di fuori di esse, rendendo la politica uno specchio della società plurale in cui viviamo. Ogni nostra scelta quotidiana è una scelta politica e se non ci occupiamo noi di capire il mondo che ci circonda rischiamo di delegare il nostro futuro a chi è poco interessato a risolvere i nostri problemi o ignora completamente la nostra realtà.

    Marwa Mahmoud:
    @ marwamahmoud_re
    https://marwareggio.it/

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    Relazioni Familiari con Antonella Questa - Ep 19

    Relazioni Familiari con Antonella Questa - Ep 19
    Nella prima puntata della seconda stagione del Podcast di Cara, sei Maschilista! Riceviamo la regina della BIUTEZZA di Instagram Antonella Questa, attrice, autrice e regista per parlare di relazioni tra madre e figlia e di come la cultura patriarcale abbia reso tutto più complicato!

    Trovate Antonella Questa:
    Instagram: @antnqu
    https://www.antonellaquesta.it/

    Musica Originale e Sound Design: https://www.mainenti.net/

    Citazioni del quadro Cara, c'è speranza:

    Working Moms Netflix
    The Bold Type Netflix
    Festival Divercity: @festivaldivercity

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    Per acquistare i prodotti di Cara, sei Maschilista su https://buybuybirds.com/collections/cara-sei-maschilista

    Puntata 8: Dall'8 marzo a LOTTO tutti i mesi!

    Puntata 8: Dall'8 marzo a LOTTO tutti i mesi!
    In questa puntata vi raccontiamo cosa è successo prima e dopo lo sciopero transfemminista dell'8marzo 2021, per condividere con questo mezzo audio quello che è il lavoro che sta facendo Non Una di Meno Padova sul territorio che viviamo in vista dei prossimi mesi e della costruzione del nostro laboratorio di autodifesa transfemminista. Nella puntata anche lo "SCHWA CONTEST", una simpaticissima sfida che vi vogliamo proporre. Per partecipare però dovrete arrivare fino in fondo alla puntata…I risultati di questa piccola sfida saranno mandati in onda nella prossima puntata di Clitoradio, che sarà anche la puntata speciale per l'anniversario della nostra favolosa podcast!!

    Lotto ogni giorno. Chiacchiere sul femminismo (e sul perché fa bene a tutt*)

    Lotto ogni giorno. Chiacchiere sul femminismo (e sul perché fa bene a tutt*)
    8 marzo, giornata internazionale della donna: invece degli auguri e delle mimose c'è tanto lavoro da fare per cambiare una società dove gli esseri umani vengono continuamente divisi in categorie (basate su genere, razza, orientamento sessuale, classe, abilità) e classificati in gerarchie.
    Proviamo a iniziare questo lavoro parlando di femminismo: una parola spesso scomoda, che sembra riguardare solo le donne, e che invece parla a tutt*, perché fondamentalmente è una parola che parla di di giustizia.
    Ne parliamo con Benedetta La Penna, blogger, speaker radiofonica, libraria e attivista transfemminista. Buon ascolto!
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