Logo

    ragione

    Explore "ragione" with insightful episodes like "Episodio 36 - La Ragione Non Sempre Serve", "La ragione e la felicità - DN prendila con filosofia", "Molestie in Pizzeria - Il Cliente NON HA Sempre Ragione", "Conversavano tra loro #SmartPray" and "La parola della settimana: ragione / 2 (di Massimo Sebastiani)" from podcasts like ""Connettere i punti", "Dai nonna", "“Ci Metto La Voce” PLOG Station", "don Enzo Arborea's podcast" and "ANSA La parola della settimana"" and more!

    Episodes (24)

    La ragione e la felicità - DN prendila con filosofia

    La ragione e la felicità - DN prendila con filosofia
    Ragione e Felicità si mettono spesso in competizione, ma non sarebbe meglio trovare il modo per collaborare? Scopri cosa hanno combinato ascoltando questa storia che è stata raccontata a Maria Angela Cerutti, che poi l'ha riscritta, da Oliana, una signora dell'Ucraina.

    Voce, suoni e editing Valeria Battaini
    Tema musicale BELGA
    Illustrazione Noemi Vola
    Musica per questo episodio Chocolate Cookie Jam - An Jone

    La parola della settimana: Ragione (di Massimo Sebastiani)

    La parola della settimana: Ragione (di Massimo Sebastiani)
    Usiamo continuamente le espressioni razionale e ragionevole: derivano dalla parola ragione che è stata introdotto da Cicerone e che ha marcato, e tuttora caratterizza, la storia della nostra cultura, anche quando per contrasto si usa 'irrazionale'. Un viaggio in più puntate dal mondo latino (e prima ancora dai Greci) al Financial Times passando per Max Gazzè e un film su una coppia scoppiata.

    La parola della settimana: Ragione (di Massimo Sebastiani)

    La parola della settimana: Ragione (di Massimo Sebastiani)
    Usiamo continuamente le espressioni razionale e ragionevole: derivano dalla parola ragione che è stata introdotto da Cicerone e che ha marcato, e tuttora caratterizza, la storia della nostra cultura, anche quando per contrasto si usa 'irrazionale'. Un viaggio in più puntate dal mondo latino (e prima ancora dai Greci) al Financial Times passando per Max Gazzè e un film su una coppia scoppiata.

    Dare ragione è giusto o sbagliato?

    Dare ragione è giusto o sbagliato?
    Ciao 😊,
    in questo podcast spiego quando dare ragione è corretto o sbagliato…

    Facendo un po’ di judo psicologico, ti parlo:

    - di schemi mentali sull’estetica,
    - di perché io non do importanza all'aspetto fisico,
    - della correlazione erronea che diamo tra competenza e fama.

    Da qui inizierai a riconoscere il punto di vista degli altri, a capire il punto di vista degli altri e molto altro:
    https://bit.ly/37VQYNP

    Il mio podcast ti è piaciuto?

    Condividi il podcast per aiutare altre persone che cercano di capire il punto di vista degli altri😉.

    Mirco

    #mircobosi
    #egoinfantile
    #softskills
    #competenzetrasversali
    #coltivalacrescita
    #cambiamarcia
    #blast

    Come sopravvivere all’amico che ha sempre ragione | Con Andrea Nuzzo - Sii come Bill

    Come sopravvivere all’amico che ha sempre ragione | Con Andrea Nuzzo - Sii come Bill
    Podcast
    Radioimmaginaria
    Bentornati su Adolescemi | idee per sopravvivere!
    Oggi si parla di come sopravvivere all’amico che ha sempre ragione. Ognuno di voi ne ha sicuramente uno. Gli amici che hanno sempre ragione danno proprio fastidio, e la roba che li rende insopportabili non è tanto quell’aria da prof arrabbiata che li caratterizza ma il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi hanno ragione per davvero… Sarà con noi Andrea Nuzzo, lui ha 25 anni e nel 2015 ha disegnato per la prima volta Bill, lo stickman più intelligente di Internet. Bill potrebbe essere preso a tutti gli effetti come lo stereotipo dell’amico che ha sempre ragione: tutto quello che dice è giusto, non fa mai cavolate e come se non bastasse è anche simpatico! insomma, come sarebbe il mondo se fossimo tutti come Bill?
    #OkkinSu www.radioimmaginaria.it

    Dio esiste: non serve la fede per saperlo, basta la ragione

    Dio esiste: non serve la fede per saperlo, basta la ragione
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6503

    DIO ESISTE: NON SERVE LA FEDE PER SAPERLO, BASTA LA RAGIONE
    È un dogma di fede, dichiarato dal Concilio Vaticano I, quindi chi dice il contrario è scomunicato (VIDEO: L'esistenza di Dio secondo ragione)
    di Padre Angelo Bellon
    Buongiorno Padre Angelo,
    mi scusi se la disturbo avrei bisogno di sapere una cosa.
    Cosa dice la Chiesa a coloro che negano che con la sola ragione si possa conoscere l'esistenza di Dio?
    È possibile dire che Dio esiste senza scomodare la fede?
    Possiamo dire che l'esistenza di Dio a prescindere dalla fede può essere dimostrato razionalmente? Per "razionalmente" intendo dire che è chiaro perché è ovvio.
    Che c'è un progetto nella creazione lo si vede chiaramente dal movimento di tutte le cose. Noi chiamiamo Dio la causa di questo progetto.
    Grazie Padre Angelo mi scusi per la banalità ma a scuola e anche un teologo fuori dalla scuola mi dicono che non si può dire che esiste Dio se non con la fede. Secondo loro al massimo lo puoi intuire però allora non ho capito cosa vuol dire "intuire".
    Buona giornata. La saluto affettuosamente.

    RISPOSTA DEL SACERDOTE

    Carissimo,
    la conoscenza dell'esistenza di Dio con le sole risorse della ragione è fondamentale per chi crede.
    Per aderire alla Divina Rivelazione è necessario essere certi dell'esistenza di Dio perché diversamente tale Rivelazione rimarrebbe sempre campata per aria, senza fondamento sicuro. Come qualcuno ha detto sarebbe un salto nel buio o nel vuoto.
    Inoltre anche da un punto di vista sociale come potrebbe uno stato dare legittimità a richieste che non hanno fondamento reale se non nel sentimento di alcuni?
    Tanti filosofi non cristiani, e di primo calibro come Platone e Aristotele, sono giunti alla certezza razionale dell'esistenza di Dio.
    Come non rimanere stupiti dinanzi alla grande affermazione di Aristotele che definiva Dio come Motore immobile, che muove ma senza muoversi, senza passare dalla potenza all'atto?
    E che Dio è atto puro, senza potenzialità alcuna perché è pienezza di essere?
    Per i cristiani poi Dio stesso nella sua Rivelazione divina e soprannaturale ha garantito che l'uomo con le sole risorse della sua ragione può conoscere la sua esistenza.
    Questo già nell'Antico Testamento quando nel libro della Sapienza vien detto: "Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell'ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l'artefice. Ma o il fuoco o il vento o l'aria veloce, la volta stellata o l'acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dèi, reggitori del mondo. Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore" (Sap 13,1-5).
    Pertanto Dio stesso ha detto che per analogia dalla grandezza e bellezza delle creature si contempla il loro autore.
    Ugualmente un'altra grande affermazione si trova nel Nuovo Testamento quando nella lettera ai Romani si legge: "Infatti l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa" (Rm 1,18-20).
    Per questo il Concilio Vaticano I ha dichiarato: "La Santa Madre Chiesa ritiene e insegna che Dio, principio e fine di ogni cosa, può essere conosciuto con certezza mediante la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create; «infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute» (Rm 1,20)" (DS 3004).
    E poi sentenzia: "Se qualcuno dice che il Dio unico e vero, nostro Creatore e Signore, non può essere conosciuto con certezza, grazie al lume naturale dell'umana ragione, attraverso le cose create: sia anatema" (DS 3026), e cioè scomunicato.
    L'energia con cui si pronuncia il Magistero della Chiesa è dovuta al fatto che questa dottrina è contenuta esplicitamente nella Divina Rivelazione.
    Prosegue il Concilio Vaticano I: "La Chiesa Cattolica ha sempre unanimemente creduto e ancora crede che esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto: per il loro principio, perché nell'uno conosciamo con la ragione naturale, nell'altro con la fede divina; per l'oggetto, perché oltre la verità che la ragione naturale può capire, ci è proposto di vedere i misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono rivelati dall'alto. È questo il motivo per cui l'apostolo, che pure testimonia che Dio è stato conosciuto dai pagani «attraverso le cose create» (Rm 1,20), quando parla della grazia e della verità venuteci da Cristo (cf. Gv 1,17), dichiara: «Parliamo di una sapienza divina misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio» (l Cor 2,7s.10). E lo stesso Unigenito benedice il Padre perché ha nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli (cf. Mt 11,25)" (DS 3015).
    Va detto anche che il Concilio Vaticano I afferma che con certezza che con la sola ragione si può giungere alla conclusione dell'esistenza di Dio. Si astiene però dal dire attraverso quali vie. Qui lascia campo libero ai teologi. Tuttavia ricorda che San Paolo dice che dalle creature si risale al Creatore.
    Mi chiedi infine che cosa intenda quel teologo quando dice che di Dio ne possiamo avere l'intuizione. Forse vuol riferirsi al sentimento religioso che esiste naturalmente nel cuore degli uomini secondo cui Dio non si conosce, ma si sente.
    A questo concludono erroneamente alcuni protestanti, partendo dal presupposto che dopo il peccato originale l'uomo si è totalmente corrotto e avrebbe perso anche la capacità di conoscere la verità. Per cui solo per fede si conoscerebbe l'esistenza di Dio.
    Tuttavia va detto che l'uomo col peccato originale ha perso i doni soprannaturali della grazia, ma non ha perso l'uso della ragione, come dimostra ampiamente lo sviluppo tecnico e scientifico.
    Ti ringrazio per la fiducia, ti ricordo al Signore e ti benedico.

    Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 53 minuti) dal titolo "L'esistenza di Dio secondo ragione" Don Stefano Bimbi, parroco a Staggia Senese, leggendo il Catechismo della Chiesa Cattolica, spiega come non sia necessaria la fede per arrivare alla certezza dell'esistenza di Dio. Il video è tratto dal corso "Il Credo parola per parola" con decine di interessanti lezioni.
    https://www.youtube.com/watch?v=GF0OkxpEMVM


    Per vedere il video di Don Stefano Bimbi vai sul canale YouTube di BastaBugie.

    Titolo originale: È dogma di fede che l'uomo possa conoscere l'esistenza di Dio con le sole risorse della ragione
    Fonte: Amici Domenicani, 27 luglio 2020
    Pubblicato su BastaBugie n. 707

    Coronavirus: stiamo perdendo la libertà... anche di pensare

    Coronavirus: stiamo perdendo la libertà... anche di pensare
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6340

    CORONAVIRUS: STIAMO PERDENDO LA LIBERTA'... ANCHE DI PENSARE di Aldo Maria Valli
    Un dispotismo statalista, condiviso e terapeutico. Questo il tipo di regime nel quale ci troviamo immersi, come scrivo nel mio ultimo libro, il breve saggio Virus e Leviatano (Liberilibri), da quando siamo alle prese con il coronavirus.
    Perché parlo di dispotismo statalista, condiviso e terapeutico?
    Con la pandemia sono state sospese le abituali procedure costituzionali e abbiamo smesso di essere una Repubblica parlamentare. Lo strumento dei decreti della presidenza del Consiglio ha assunto una centralità e una preminenza assolute.
    È come se tutti (politica e cittadini) a fronte di uno stress test avessimo proclamato che diritti costituzionali di libertà e parlamentarismo sono lussi che ci possiamo permettere quando tutto va bene, ma non di fronte a una grave difficoltà.
    Poiché accanto alla disinvoltura del governo nella sospensione dei diritti di libertà c'è stata la naturalezza dell'opinione pubblica nell'accettare il tutto, un nemico della libertà può averne tratto utili insegnamenti: è stato dimostrato che è molto facile sospendere le garanzie costituzionali e imprimere al sistema una svolta in senso autoritario.
    Se la situazione di emergenza si dilatasse, sino a essere presentata e percepita come la normalità, che cosa succederebbe? Chi può assicurarci che in futuro un pericolo non potrebbe essere creato di proposito? C'è il rischio che lo stato di emergenza sia istituzionalizzato?
    Di certo al nostro sistema democratico liberale è stata inferta una ferita profonda, ma pochi reagiscono.

    TIPO DI DISPOTISMO
    Parlo di dispotismo perché il governo ha assunto una centralità senza precedenti. Ma che tipo di dispotismo è?
    È un dispotismo condiviso, perché opinione pubblica e mass media l'hanno giustificato, assunto e fatto proprio. Così in un certo senso ha ripreso vita il Leviatano di Hobbes, il colosso autoritario che tutto controlla in cambio della sicurezza che gli individui ritengono di non essere in grado di darsi.
    È anche un dispotismo statalista perché tutto è stato demandato all'iniziativa statale: l'iniziativa privata e dei corpi intermedi non è stata nemmeno presa in considerazione. Lo Stato è percepito come istituzione non solo e non tanto gestionale, ma salvifica.
    È poi un dispotismo terapeutico, perché la Salute è divenuta un assoluto, il politico ha preso le sembianze del medico, il cittadino è diventato un paziente e la nazione un ospedale. Di qui un rapporto asimmetrico che favorisce il dispotismo stesso: non più il rapporto tra politico e cittadino, tra rappresentante e rappresentato, ma appunto il rapporto medico-paziente (che mette il paziente nelle condizioni di non discutere).
    Sullo sfondo ecco il dogmatismo scientista, per cui "l'ha detto la scienza!" diviene sinonimo di verità assoluta. Ma non si tiene conto del fatto che la scienza, in realtà, non ha mai risposte certe. La scienza può solo studiare, mettere a confronto, analizzare dati. Quella di ottenere dalla scienza risposte certe è un'illusione.
    Questo dispotismo statalista, condiviso e terapeutico rivela, paradossalmente, tante debolezze. Debolezza della politica, che si è messa nelle mani della tecnoscienza riconoscendosi incapace di affrontare i problemi. Debolezza dell'esecutivo che si è fatto cogliere impreparato ed è diventato autoritario nel tentativo di recuperare. Debolezza dello Stato, che ha risposto con la solita farraginosità e si è lasciato comandare dagli organismi sovranazionali. Debolezza della cosiddetta società civile, del tutto passiva. Debolezza della Chiesa, che si è prontamente allineata al dispotismo e alla narrazione dominante. In generale, debolezza antropologica dell'uomo contemporaneo, che pretende di essere messo al riparo da ogni tipo di contagio ed è spinto a chiedere protezione ignorando di avere in sé le risposte per reagire.

    DISPOTISMO PATERNALISTA
    Aggiungo che è un dispotismo paternalista, perché ripete che lo fa per il nostro bene (si pensi al provvedimento denominato Cura Italia), ma nei fatti si comporta in modo autoritario.
    Decisivo è il ruolo dell'informazione. Questo dispotismo, per sussistere e affermarsi, ha bisogno del sostegno attivo dei mass media, chiamati ad alimentare una narrativa fondata sul terrore. È la paura che giustifica il ricorso al dispotismo, e la paura va nutrita, diffusa. Il collegamento tra dispotismo condiviso e informazione è strettissimo e necessario.
    Grazie alla paura, il cittadino (divenuto paziente) può solo lasciarsi guidare. La nascita, in piena pandemia, di una task force governativa contro le fake news è significativa. In una democrazia liberale sono i cittadini che si fanno un'idea del problema attraverso il libero confronto delle fonti e delle opinioni. In questo caso invece il governo ha preteso di stabilire esso stesso che cosa è verità e che cosa è menzogna, che cosa è vera informazione e che cosa non lo è, quali notizie e interpretazioni sono degne di essere diffuse e quali vanno stoppate.
    Biopolitica e bioinformazione vanno a braccetto sul terreno del dispotismo paternalistico.
    Aldous Huxley nel suo romanzo distopico Il mondo nuovo immaginò che il condizionamento avvenisse di notte, mentre i soggetti dormivano, attraverso la somministrazione di un certo tipo di messaggi. Oggi il condizionamento avviene davanti alla tv all'ora del telegiornale.
    Una narrativa adeguata può spingere un intero popolo a suicidarsi per la paura di morire. È ciò che stiamo vedendo.
    Non conta la reale portata del pericolo, ma la portata percepita. Non conta ciò che è, ma ciò che la gente pensa che sia, sulla base della narrativa che le viene imposta.
    Renaud Girard, su Le Figaro, ha scritto: "I sociologi dovranno analizzare attentamente il ruolo svolto dai media nel far sorgere una psicosi mondiale di fronte a una malattia poco letale". Nella speranza che saremo ancora liberi di condurre queste analisi.

    IL CONTAGIO DEL PANICO
    Un altro contagio si è sviluppato accanto a quello del coronavirus, ed è ben più pericoloso: il contagio del panico.
    Sotto molti aspetti è come se avessimo vissuto una classica rivoluzione di stampo socialista. Abbiamo avuto l'ideale supremo (la Salute), trasformato in un assoluto rispetto al quale tutto è sacrificabile. Abbiamo avuto il terrore come arma. Abbiamo avuto la narrativa adeguata allo scopo. Abbiamo i guardiani della rivoluzione, tutti i cittadini "responsabili", soldati pronti anche alla delazione. Abbiamo avuto l'attacco alla Chiesa. Con la novità che la Chiesa, anziché opporre resistenza, si è adeguata, dimostrandosi persino più realista del re. Prevedibile, visto che la Chiesa non mette più al centro Dio ma l'uomo, non la salvezza dell'anima ma la salute psicofisica.
    La parola Responsabilità è diventata la bandiera dell'esercito combattente per la liberazione dal virus. Chi non si adegua è irresponsabile, è il nemico. I drappi sui balconi ("Andrà tutto bene") assomigliano agli slogan sui muri dell'Avana: "Venceremos, Hasta la victoria siempre.
    Ogni rivoluzione ha le sue parole d'ordine. Nel nostro caso, oltre alla parola Responsabilità, ecco Salute, Sicurezza, Collaborazione. [...]
    Abbiamo vissuto nel conformismo assoluto, che si realizza quando colui che perde la libertà non se ne rende nemmeno conto, perché è auto-asservito. Così il potere non ha nemmeno più bisogno di alzare la voce. Quanto più totale è il suo potere, tanto più muto è il suo comando. Basta un cenno. Noi non pensiamo. Noi siamo ciò che ci vien detto di essere. Siamo indotti ormai a ritenere che abbiamo bisogno solo di ciò che ci viene imposto. Il sospetto di aver perso la libertà non ci sfiora nemmeno, perché il conformismo non è più avvertito come tale ma passa come grande senso di responsabilità.
    Curioso: nel momento stesso in cui la Chiesa ha disertato, ecco che ci vengono imposti modelli di stampo religioso. Abbiamo una Trinità (Scienza, Salute, Sicurezza), abbiamo il peccato (non collaborare, non dimostrarsi responsabili), abbiamo il castigo (essere letteralmente scomunicati, messi fuori dalla comunità in quanto indegni, se non si accetta la narrativa dominante), abbiamo le sacre scritture (i mass media allineati), abbiamo l'impellente richiesta di convertirci (alla tecnoscienza), abbiamo l'identificazione del credere con la salvezza, abbiamo i nuovi bacchettoni che giudicano tutto e tutti e mettono fuori dal consesso civile i pochi non disposti ad allinearsi, visti come miscredenti.

    PERDERE LA RAGIONE E DI CONSEGUENZA LA LIBERTÀ
    La nostra cultura secolarizzata, abbandonata la ratio, è caduta nel fideismo. Per non dire nella superstizione.
    Su tutto, occorre ripeterlo, domina la paura. La paura che fa perdere il senno. Che fa accettare il sacrificio della libertà. Che fa vivere il conformismo assoluto come azione catartica.
    Il Leviatano ci ha soggiogati utilizzando il terrore. Abbiamo dimenticato che l'esercizio del potere in un sistema democratico liberale è soggetto alla legge e che più di una dittatura è salita al potere dopo aver ottenuto il consenso in base a quelle che erano state spacciate come buone intenzioni.
    Il nostro sistema possiede già gli strumenti per contemperare il rispetto della riserva di legge con l'urgenza (il decreto legge ne è un esempio), ma si è seguita un'altra strada.
    La riserva di legge si chiama così perché riserva alla legge primaria, escludendo fonti di tipo secondario, la regolazione di una determinata materia. È una funzione di garanzia: vuole assicurare che in materie particolarmente delicate, come nel caso dei diritti fondamentali del cittadino, le decisioni vengano prese dall'organo più rappresentativo del potere sovrano, ovvero dal Parlamento, come previsto dall'articolo 70 della Costituzione, secondo cui la funzione l

    Con il coronavirus l'Italia ha fatto da cavia per un clamoroso esperimento sociale

    Con il coronavirus l'Italia ha fatto da cavia per un clamoroso esperimento sociale
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6211

    CON IL CORONAVIRUS L'ITALIA HA FATTO DA CAVIA PER UN CLAMOROSO ESPERIMENTO SOCIALE di Antonio Socci
    È uscito il libro di Giorgio Agamben, "A che punto siamo?"(Quodlibet) dove il filosofo raccoglie i suoi interventi, così controversi, scritti durante e contro il lockdown, e dove aveva previsto che lo stato d'eccezione sarebbe stato prolungato.
    Agamben è uno dei filosofi italiani più tradotti e stimati all'estero. Infatti è stato intervistato da diversi giornali stranieri e (sebbene sia, da sempre, culturalmente "di sinistra") è stato ignorato dai nostri media che non sopportano pensieri difformi.
    Quello che vorrebbe farci vedere è "la trasformazione di cui siamo testimoni" nella vita politica e sociale, che "opera attraverso l'istaurazione di un puro e semplice terrore sanitario e di una sorta di religione della salute".
    Il pensatore denuncia la trasformazione dello stato d'eccezione in una prassi che diventerà sempre più normale, finendo per liquidare la democrazia borghese parlamentare così come l'abbiamo finora conosciuta, trasformandola in un'altra cosa che non è ancora definita.
    Certo, si può obiettare che la situazione per il Covid, a febbraio-marzo, era allarmante. Secondo i suoi critici, non si poteva fare diversamente: il filosofo dimentica il grave pericolo da cui eravamo minacciati. Ma la risposta di Agamben a questa obiezione, fa riflettere. Anzitutto - spiega - si è limitato senza motivo il primo dei diritti umani: "il diritto alla verità". Egli parla di "una gigantesca operazione di falsificazione della verità".
    Si può obiettare che forse è stata più superficialità e dilettantismo che falsificazione. O almeno si spera. Però quando Agamben scrive che "i dati sull'epidemia sono forniti in modo generico e senza alcun criterio di scientificità", che "dare una cifra di decessi senza metterla in relazione con la mortalità annua nello stesso periodo e senza specificare la causa effettiva della morte non ha alcun significato", bisogna riconoscere che solleva un problema vero.
    Dice: "non si tiene alcun conto del fatto, pur dichiarato, che viene contato come deceduto per Covid-19 anche il paziente positivo che è morto per infarto e per un'altra causa qualsiasi" (e non si ricordano mai le cifre annuali dei morti per le diverse cause e patologie, effettivamente superiori a quelle per Covid).
    Bisognerebbe aggiungere la mancanza di verità sulle origini del virus e sui tempi della sua diffusione (di cui ha colpa il regime cinese), poi le indicazioni delle autorità date e poi capovolte (per esempio sulle mascherine), infine il grande punto interrogativo sulle terapie e i farmaci. È mancata perfino la verità su ciò che ha portato ai tagli alla sanità degli anni scorsi.

    DIRE LA VERITA'
    Per decidere una così drastica sospensione dei diritti fondamentali - dice in sostanza Agamben - le autorità potevano e dovevano prima spiegare esattamente, con estrema precisione e accuratezza, tutti i termini del problema al popolo e ai suoi rappresentanti e solo valutando l'autentica realtà dei fatti si potevano poi assumere certe misure di protezione, con tempi e modalità democraticamente deliberate e controllate (magari anche informando giorno per giorno sull'efficacia delle diverse terapie in corso).
    In effetti così non è stato. E non si dica che non se n'è avuto il tempo, perché lo stato d'emergenza è stato decretato dal governo a fine gennaio e per più di un mese non è stato fatto praticamente nulla, passando da una sostanziale sottovalutazione a un improvviso allarme apocalittico.
    Nella genericità dell'allarme si è poi prodotto un panico collettivo che ha reso accettabile tutto ("la diffusione del terrore sanitario ha avuto bisogno di un apparato mediatico concorde e senza faglie").
    Così - spiega Agamben - si è potuto verificare che per la paura della morte "gli uomini sembrano disposti ad accettare limitazioni della libertà che non si erano mai sognati di poter tollerare, né durante le due guerre mondiali né sotto le dittature totalitarie".
    Questo stato di eccezione, secondo il filosofo, "sarà ricordato come la più lunga sospensione della legalità nella storia del Paese, attuata senza che né i cittadini né, soprattutto, le istituzioni deputate abbiano avuto nulla da obiettare".
    Agamben dà un giudizio durissimo su ciò che è accaduto (agli storici futuri "questo periodo apparirà come uno dei momenti più vergognosi della storia italiana") ed è ancora più duro su "coloro che lo hanno guidato e governato come degli irresponsabili privi di ogni scrupolo etico". Forse eccede, si può pensare che vi sia stata semmai improvvisazione e carenza di sensibilità democratica e di senso delle istituzioni, ma ai posteri l'ardua sentenza: l'aspetto più importante della riflessione di Agamben è un altro.
    Egli sostiene che "dopo l'esempio cinese, proprio l'Italia è stata per l'Occidente il laboratorio in cui la nuova tecnica di governo è stata sperimentata nella sua forma più estrema".

    LIQUIDAZIONE DELLA DEMOCRAZIA
    Il fatto stesso che un totalitarismo sia stato il modello è emblematico, secondo Agamben, che poi scrive: "Se i poteri che governano il mondo hanno deciso di cogliere il pretesto di una pandemia - a questo punto non importa se vera o simulata - per trasformare da cima a fondo i paradigmi del loro governo degli uomini e delle cose, ciò significa che quei modelli erano ai loro occhi in progressivo, inesorabile declino e non erano ormai più adeguati alle nuove esigenze".
    Possiamo dissentire, ma è chiaro da anni che il liberismo non è più sinonimo di liberaldemocrazia, che il mercatismo e il grande potere finanziario che domina sugli stati hanno devastato l'economia reale, il tessuto produttivo industriale dell'occidente e la borghesia, quel ceto medio che era sempre stato il pilastro delle democrazie.
    Ed è chiaro da anni che il mercatismo (propagandato da gran parte dei media in tutte le sue forme: non ultima quella dell'Europa maastrichtiana) ha sempre più in odio le democrazie, i parlamenti, le sovranità popolari e gli stati nazionali che rappresentano tanti ostacoli a un suo incontrastato dominio.
    In Italia è lampante da anni che il Parlamento e gli elettori contano sempre meno e sempre più si cerca di commissariarci, di comandarci per interposta persona e che in nome del vincolo esterno finiranno per governarci totalmente da Berlino e Bruxelles (o dalle Borse). C'è dunque di che riflettere.
    Infine si segnalano due pensieri di Agamben. Il primo: "la biosicurezza si è dimostrata capace di presentare l'assoluta cessazione di ogni attività politica e di ogni rapporto sociale come la massima forma di partecipazione civica. Si è così potuto assistere al paradosso di organizzazioni di sinistra, tradizionalmente abituate a rivendicare diritti e denunciare violazioni della costituzione, accettare senza riserve limitazioni delle libertà decise con decreti ministeriali privi di ogni legalità e che nemmeno il fascismo aveva mai sognato di poter imporre".
    Viene da chiedersi: che avrebbero fatto se a decidere quelle misure fosse stato il centrodestra?
    Il secondo pensiero: "La pandemia ha mostrato senza possibili dubbi che il cittadino si riduce alla sua nuda esistenza biologica. In questo modo egli si avvicina alla figura del rifugiato fin quasi a confondersi con essa".
    È stato chiesto al filosofo di sinistra se è imbarazzato dal fatto che sono stati leader di destra come Trump e Bolsonaro i più critici del lockdown alla maniera cinese.
    Risposta: "Anche in questo caso si può misurare il grado di confusione in cui la situazione di emergenza ha gettato le menti di coloro che dovrebbero restare lucidi, come anche a che punto l'opposizione fra destra e sinistra si sia completamente svuotata di ogni contenuto politico reale. Una verità resta tale sia che sia detta a sinistra che se viene enunciata a destra".