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    Episodes (9)

    3' grezzi Ep. 389 Taglio fatto con la carta

    3' grezzi Ep. 389 Taglio fatto con la carta
    Volete sapere perché un minuscolo taglio nel dito fatto conun foglio di carta fa così tanto male per così tanto tempo? Allora ascoltate i tre minuti di oggi.

    TRASCRIZIONE [ENG translation below]

    Ouch! Avete presente quando vi tagliate con un pezzetto di carta un taglio fatto nel polpastrello oppure nella piega tra i polpastrelli? Fa un male indicibile, soprattutto se si considera il fatto che poi il taglio è veramente minuscolo.

    Se ci pensate, non c'è nessun'altra parte del corpo dove fare un taglio così minimo, così proprio quasi invisibile, però da un tale senso di dolore che poi non passa nemmeno subito. Spesso quando ci facciamo un taglio, un graffio, fa un po' male poi però, dopo un'ora ci siamo già dimenticati di averlo. Invece il taglio fatto con la carta dura un sacco di tempo.

    A questo proposito mi ricordo che da bambina avevo visto un film, un film ambientato durante la seconda guerra mondiale, dove ai tedeschi era venuto in mente di rapire un boh, un ufficiale inglese o forse era americano, comunque uno degli alleati, metterlo in una stanza e fargli credere che la guerra era finita, che i tedeschi avevano vinto e che volevano solo farsi raccontare - decine di anni dopo la fine della guerra - come erano andati i fatti.

    E in effetti invece la guerra era ancora in corso, erano passati solo pochi giorni, forse poche ore da quando l'avevano catturato, l'avevano addormentato, eccetera. Comunque, mettono su una vera e propria pantomima, gli fanno credere che la guerra è finita, tutto quanto è passato tanto tempo e lui è un po' scioccato, non ci crede all'inizio e alla fine comincia a crederci perché ci sono un sacco di attori che recitano. Però cosa lo salva? Lo salva che mentre prende un pizzico di sale a tavola, ahi! gli pizzica il dito e si ricorda, si rende conto che è quel taglio di con la carta che si era fatto - si ricordava di essersi fatto poche ore prima - c'era ancora quindi era impossibile che fossero passati dei decenni e quindi poi vincono come sempre gli alleati (che poi non capisco perché non ho capito perché i tedeschi erano gli alleati degli italiani però nei film sono sempre cattivi).

    Comunque vabbè, allora perché vi sto parlando dei tagli di carta? Perché ho scoperto il motivo per cui fanno tanto male. Fanno tanto male perché le dita, i polpastrelli, sono la nostra parte più sensibile del corpo, quindi sono strapieni di terminazioni nervose e quando facciamo un tagliettino di carta il taglio lede le terminazioni nervose, ma non abbastanza da non farci sentire il dolore. Quindi abbiamo ancora abbastanza sensibilità da avvertire il dolore - e lo avvertiamo tutto, tutto, tutto - e poi ci sono tantissime di queste terminazioni, per cui impiega un sacco di tempo a ripararsi, perché appunto il taglio non è abbastanza profondo e ce la fa sentire tutta. Quindi la prossima volta che vi fate un taglietto con un pezzetto di carta, pensate a tutte queste cose che vi ho raccontato.

    Eh vabbè, non vi farà sentire meglio, però almeno vi distoglierà un po l'attenzione, no?

    TRANSLATION
    Ouch! You know when you get a papercut in your fingertip or in the crease between the fingertips? It hurts unspeakably, especially if you consider the fact that the cut is really tiny.

    If you think about it, there's no other part of the body where you can make such a minimal cut, so almost invisible, but it gives such a sense of pain that it doesn't even go away right away. Often when we get a cut, a scratch, it hurts a bit but then, after an hour we've already forgotten we have it. Instead, papercuts take a long time.

    In this regard, I remember ta movie I saw as a child, a film set during the Second World War, where the Germans had the idea of kidnapping a boh, an English officer or maybe he was American, in any case one of the allies, put him in a room and make him believe that the war was over, that the Germans had won and that they just wanted to be told - tens of years after the end of the war - how the facts had gone. But actually the war was still going on, it had only been a few days, perhaps a few hours since they had captured him, put him to sleep, etcetera.

    Anyway, they put on a real pantomime, they make him believe that the war is over, it's all been a long time and he's a bit shocked, he doesn't believe it at first and at the end he starts to believe it because there are so many actors performing. But what saves him? What saves him is that while he takes a pinch of salt at the table, ouch! he pinches his finger and remembers, he realizes that it is that paper cut he had made - he remembered having made a few hours before - it was still there so it was impossible that decades had passed and therefore the allies win as they always do (which I don't completely understand - why were the Germans the allies of the Italians but in the movies they are always bad).

    Anyway oh well, so why am I telling you about papercuts? Because I discovered why they hurt so much. They hurt so much because the fingers, the fingertips, are our most sensitive part of the body, so they are full of nerve endings and when we make a papercut, the cut damages the nerve endings, but not enough so that we don't feel the pain. So we still have enough sensitivity to feel the pain - and we feel it all, all, all - and then there are a lot of these terminations, so it takes a lot of time to repair itself, because the cut is not deep enough and we feel it all. So next time you nick yourself with a piece of paper, think about all these things I've been telling you about.

    Oh well, it won't make you feel better, but at least it will divert your attention a bit, right?

    La moglie del soldato

    La moglie del soldato
    Gemma e Nikolaij si incontrano nella primavera del 1944 e si innamorano. Lui non parla italiano, lei non parla russo. Lui è un soldato dell'Armata Rossa, lei una ragazza di Vezzano sul Crostolo. Il loro amore sarà osteggiato dai cattolici e dai comunisti, ma alla fine si sposeranno. Questa è la loro storia e quella di un amore in guerra.

    IL 1° PASSO NELLA TRASFORMAZIONE DIGITALE-ASSESSMENT

    IL 1° PASSO NELLA TRASFORMAZIONE DIGITALE-ASSESSMENT
    Per poter iniziare un processo di Trasformazione digitale la prima cosa da fare è mappare le competenze digitali in azienda.
    Mappare le competenze di tutta la popolazione aziendale è necessario per:
    1)Comprendere il livello generale della struttura, a quale livello di competenze, e capacità, digitali siamo?
    2)Decidere la struttura formativa, di team e individuale, da mettere in capo sia in termini tecnici, sia in termini di predisposizione al cambiamento.
    3)Comprendere l’apertura al digitale da parte delle persone, sono favorevoli? Quali resistenze, opportunità e problemi ci sono?
    4)Individuare i digital champion, cioè quei collaboratori che hanno le migliori competenze digitali e apertura al cambiamento, che, formati, trascineranno il resto della realtà aziendale.
    In primis bisogna definire cosa mappare.
    Le due dimensioni da tenere presente sono le competenze digitali e la predisposizione al cambiamento.
    Le competenze digitali vanno analizzate a livello base, quindi competenze nel web, con l’on-line, con i tools o il pc, e a livello specialistico, quindi chi sa fare cosa da un punto di vista digitale.
    L’apertura al cambiamento, anche in questo caso, mostra la predisposizione in senso generale al processo di trasformazione e più nello specifico su determinati progetti che si vogliono sviluppare; quindi chi sono gli eventuali ambassador o detratori.
    Bisogna sempre tenere ben presenti entrambe le dimensioni perché una influisce l’altra.
    L’assessment per Adecco Group è “una metodologia di valutazione del personale per individuare l’insieme delle caratteristiche comportamentali, delle attitudini, delle capacità e competenze individuali proprie di ogni risorsa."
    I principali strumenti di assessment digitale sono da individuarsi in tre gruppi:
    1)Strumenti on-line, con l’utilizzo di tools, con funzioni free e premium, che grazie all’uso di quiz interattivi premette di definire il livello della popolazione estesa, i diversi target omogenei e il livello base di apertura al cambiamento, competenze e capacità digitali della popolazione interessata.
    2)Prove individuali, come test cognitivi, case study, simulazioni finalizzate a verificare le capacità della persona di comprendere i diversi elementi di una situazione/problema e target interview.
    3)Prove di gruppo, come role play, prove di collaborazione, di comprensione dei processi e di relazioni di team.

    Tutti i dati raccolti vanno inseriti in un grafico a due dimensioni, l’apertura al cambiamento e le competenze digitali, e si delineeranno diversi profili; quelli che hanno una forte predisposizione al cambiamento e ottime capacità digitali saranno da coinvolgere e dovranno diventare i digital champion, o digital ambassador, che traghetteranno, con la leadership, l’azienda alla trasformazione.
    Coloro che hanno, specularmente, poca predisposizione al cambiamento e poche competenze digitali sono da considerare resistenti, che devono essere inizialmente isolati per poi reintegrarli con formazione individuale e dedicata.
    E poi coloro che hanno buona apertura al cambiamento e poche competenze digitali e sono da considerare alleati, ma da formare tecnicamente e specificatamente.
    In ultimo ci sono coloro che hanno discrete, o ottime, competenze digitali ma poca apertura al cambiamento che dovranno essere coinvolti, formati e seguiti.
    Quindi terminato il processo di assessment, che è da considerarsi sempre in divenire, si avranno una serie di dati che permetteranno di avere una visione generale, gli eventuali gap da colmare con processi formativi, di coinvolgimento e miglioramento, avere anche una clusterizzazione per fasce d’età utile per organizzare formazione di reverse mentoring, cioè di scambio e crescita tra fasce generazionali, individuare i digital champion, da valorizzare e formare, e i resistenti da inserire in una fase avanzata del processo, quando è già avviato, in modo da non incidere come detrattori.
    La mappatura va condivisa con il management che deve essere la prima a prendere coscienza della situazione attuale e da quella base iniziare a prendere decisioni conseguenti.

    Successivamente bisogna dare avvio alle azioni formative sviluppandole in due direzioni, la prima tecnica ed estesa a tutta la popolazione aziendale (es. academy, workshop o digital day), la seconda più con azioni di engagement con l’intendo di coinvolgere le persone, soprattutto quelle resistenti, con la partecipazione a progetti innovativi o progetti pilota.

    Il passo successivo e di predisporre un piano formativo speciale per il digital champion che dovrà partecipare attivamente a tutto il processo di trasformazione digitale e che sarà necessario per la contaminazione interna che supporterà la scalata del processo a tutta l’azienda.

    Cher Ami

    Cher Ami
    Le storie dei tempi di guerra sono spesso piene di racconti di improbabili eroi. Outsiders che svettano quando i loro battaglioni ne hanno più bisogno, o il gruppo eterogeneo che si raccoglie insieme per affrontare le avversità e che finisce per compiere alcune delle gesta più entusiasmanti. E poi, ci sono le storie dei tempi di guerra che sono così straordinarie che non possono che sembrare false. Come la storia di Cher Ami, la piccola messaggera che salvò quasi 200 uomini dal fuoco amico, semplicemente consegnando un messaggio. La storia non è straordinaria perché Cher Ami era una donna, anche se è noto che durante la Prima Guerra Mondiale c'era un numero estremamente limitato di donne in combattimento attivo. No, la sua, è una storia straordinaria perché la nostra lei non era neanche umana. Cher Ami era un piccione viaggiatore.

    Gli ostacoli nel non riuscire a chiedere aiuto

    Gli ostacoli nel non riuscire a chiedere aiuto
    Quando nel tuo percorso ti trovi di fronte a un ostacolo che ti blocca, senza energie né idee per superarlo, cosa fai? Potrebbe davvero fare la differenza imparare a chiedere aiuto!

    Farsi aiutare è spesso concepito come un segno di fragilità e debolezza. In realtà, il limite di non riuscire a chiedere aiuto risiede proprio nel fissarsi a non farsi sostenere, rimanendo prigionieri delle difficoltà.

    Chiedere aiuto non è segno di debolezza quindi, ma un vero e proprio atto di coraggio che può sbloccarti e salvarti.

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