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    El Concilio Vaticano II como Superdogma Absoluto. Diálogo con el Padre Gabriel Calvo (2ª parte).

    El Concilio Vaticano II como Superdogma Absoluto. Diálogo con el Padre Gabriel Calvo (2ª parte).
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    Episodio 747: El Velo ¿Costumbre o Mandamiento? FALTA DE MODESTIA En La Iglesia / Montse Castillo con Luis Roman

    Episodio 747: El Velo ¿Costumbre o Mandamiento? FALTA DE MODESTIA En La Iglesia / Montse Castillo con Luis Roman

    Montse Castillo nos habla del Velo y de la Modestia en la Iglesia. La Modestia aplica para hombres y mujeres sobre todo en estos tiempos de indecencia y de poca cordura.

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    176 Il Vaticano II e il fumo di Satana all’interno del tempio di Dio

    176 Il Vaticano II e il fumo di Satana all’interno del tempio di Dio
    L’11 ottobre, celebrando il sessantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, papa Francesco ha detto: “Quell’evento ci ricorda che la Chiesa, a immagine della Trinità, è comunione. Il diavolo, invece, vuole seminare la zizzania della divisione. Non cediamo alle sue lusinghe e alla tentazione della polarizzazione. Una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, per veleni e polemiche”. “Quante volte si è preferito essere “tifosi del proprio gruppo” anziché servi di tutti; progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, “di destra” o “di sinistra” più che di Gesù; ergersi a “custodi della verità” o a “solisti della novità”, anziché riconoscersi figli umili e grati della santa Madre Chiesa”.  ha detto il Papa, secondo il quale "sia il progressismo che si accoda al mondo, sia il tradizionalismo o 'indietrismo' che rimpiange un mondo passato, non sono prove d'amore, ma di infedeltà".  

    Come spesso fa, papa Francesco insinua, allude, ma non chiarisce le sue parole. Sarebbe stato meglio se il Papa avesse definito con chiarezza gli errori a cui si riferisce e chiamato per nome i responsabili degli errori che denuncia. Mantenendosi sul vago, alimenta quella cultura del sospetto, quei veleni e quelle polemiche che indica come mali nella Chiesa. Chi sono infatti i tradizionalisti e i progressisti a cui si riferisce?

    Il mondo che comunemente si definisce tradizionalista oggi si presenta altrettanto frammentato e complesso del mondo progressista, al quale poi lo stesso papa Francesco appartiene. E’ molto difficile sapere chi sono e cosa pensano oggi tradizionalisti e progressisti. E’ più facile sapere chi erano i progressisti e conservatori all’epoca del Concilio Vaticano II. I progressisti erano convinti che il Vaticano II avrebbe smantellato i bastioni liturgici, teologici, e morali della Chiesa costantiniana e inaugurato una nuova primavera della Chiesa. I conservatori mettevano in guardia contro queste illusioni, mostrando i pericoli di un’apertura indiscriminata al mondo. I conservatori chiedevano ad esempio la condanna del comunismo, mentre i progressisti, convinti che l’umanità andava in quella direzione, sostenevano la politica della mano tesa.

    Chi ha avuto ragione? La Chiesa è riuscita ad evangelizzare il mondo o c’è stata una contro-evangelizzazione da parte del mondo verso la Chiesa? La società è più evangelica o è più mondana di sessant’anni fa? Papa Francesco deplora spesso la “mondanizzazione” della Chiesa, ma questo processo non ha avuto inizio, o almeno un grande sviluppo, proprio a partire dal Vaticano II?

    La discussione per stabilire se i documenti del Concilio Vaticano II sono stati attuati o traditi è del tutto irrilevante. Ciò che conta sono i risultati e non si può negare che essi siano stati disastrosi per la Chiesa. Dopo sessant’anni, ci si ostina a ignorare i risultati del Concilio Vaticano II per parlare di un Concilio ideale, che non c’è mai stato, del Concilio non come fu, ma come avrebbe dovuto essere.

    Quali sono stati i risultati? Mi sia permesso citare un passo del mio libro Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (Lindau, Torino 2011, p. 575).  “Il crollo della sicurezza dogmatica; il relativismo della nuova morale permissiva; l’anarchia in campo disciplinare, l’abbandono del sacerdozio e della vita religiosa da parte di sacerdoti e di religiosi e l’allontanamento dalla pratica religiosa di milioni di fedeli, l’infiltrarsi dell’eresia attraverso i nuovi catechismi e i nuovi riti, le continue profanazioni dell’Eucarestia, la strage delle anime mentre le chiese si sbarazzavano di altari, balaustre, crocifissi, statue di santi, arredi sacri, quadri finiti nei magazzini di antiquari. La “primavera della fede”, che avrebbe dovuto seguire al Concilio Vaticano II, appariva piuttosto un rigido inverno, documentato soprattutto dal crollo delle vocazioni e dall’abbandono della vita religiosa”. 

    Il quadro naturalmente andrebbe aggiornato, fino al Pachamama e al Sinodo dei vescovi tedeschi. 

    Tutto questo non ha nulla a che fare con i documenti del Vaticano II? Ma se c’è stata un’interpretazione falsa e abusiva dei documenti del Concilio, di chi è la responsabilità? Solo dei cattivi ermeneuti o non anche dei documenti che, a causa di equivoci o di ambiguità, hanno permesso questa cattiva lettura? Solo dei cattivi ermeneuti o non anche delle autorità che hanno mancato di condannare con sufficiente fermezza le cattive interpretazioni?

    E se un’interpretazione falsa e abusiva dei documenti del Concilio ha prevalso nei media, di chi è la responsabilità? Solo dei media o non anche dell’evento storico che questi documenti ha prodotto. E’ estraneo il Concilio Vaticano II, come evento, alla crisi del nostro tempo?

    #10: Lord Acton, con Eugenio Capozzi - 25 Pensatori Liberali

    #10: Lord Acton, con Eugenio Capozzi - 25 Pensatori Liberali
    “Il nucleo centrale del pensiero di Acton sta nell’idea che la coscienza ha il diritto di giudicare l’autorità” – Dario Antiseri

    Lord Acton fu un intellettuale anticonformista e originale. Il suo cattolicesimo ne fece un corpo estraneo nell’establishment politico inglese. Nel contempo, le sue idee liberali si trovavano spesso in contrasto con l’ultramontanesimo della curia romana. Per lui, la libertà individuale era “il fine politico supremo”. Impegnato per anni in una monumentale “storia della libertà”, non la completò mai ma ci ha lasciato lezioni e saggi che possono consentirci di intuire uno sguardo straordinariamente originale su una visione complessa della libertà, come esito inaspettato e proprio per questo tanto più prezioso delle vicende umane.

    Protagonista:
    Lisa Kinspergher

    Ospite:
    Eugenio Capozzi, Professore di Storia Contemporanea presso l'Università degli Studi Napoli "Suor Orsola Benincasa"

    Consigli di Lettura:
    - “Libertà e Nazione” ([1862-1877] 2013) di Lord Acton, trad. di Eugenio Capozzi, IBL Libri.
    https://www.amazon.it/Libert%C3%A0-nazione-Classici-della-libert%C3%A0-ebook/dp/B00DGQ8TQ2
    - “Storia della libertà” ([1907] 1999), di Lord Acton, a cura di E. Capozzi, Ideazione.
    https://www.hoepli.it/libro/storia-della-liberta/9788886812580.html
    - “Lectures on Modern History” (1906) di Lord Acton, MacMillan
    https://archive.org/details/cu31924028040396/page/n5/mode/2up?view=theater
    - “Lectures on the French Revolution” (1910) di Lord John Acton, MacMillan
    https://archive.org/details/a544669300actouoft/page/n5/mode/2up?view=theater
    - “Storia e Libertà” ([1907] 2001) di Lord Acton, a cura di F. Ferraresi, Laterza
    https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788842064121

    Per Saperne di Più:
    - “Il Liberalismo Etico. Pensieri Liberali” (2006) di Lord Acton, a cura di M. Baldini, Armando Editore
    https://www.ibs.it/liberalismo-etico-pensieri-liberali-libro-john-e-acton/e/9788860810328
    - “Il Pensiero Politico di Lord Acton. I Cattolici Inglesi nell’Ottocento”, di R. Pezzimenti in “Le mura della libertà” (1992) di E. Capozzi, Studium
    https://www.ibs.it/pensiero-politico-di-lord-acton-libro-rocco-pezzimenti/e/9788838236563
    - Acton Institute
    https://www.acton.org/

    Il cardinale Josyf Slipyj e la sua Ucraina

    Il cardinale Josyf Slipyj e la sua Ucraina
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6921

    IL CARDINALE JOSYF SLIPYJ E LA SUA UCRAINA di Roberto de Mattei
    Vi sono uomini che incarnano le virtù e i valori più profondi di un popolo. Tale fu il cardinale Josyf Slipyj, arcivescovo maggiore di Halyč e di Leopoli degli Ucraini, di cui ricorre il 130esimo anniversario della nascita, proprio mentre la sua terra natale conosce una nuova immane tragedia.
    Nato 17 febbraio 1892 a Zazdrist, nell'Ucraina occidentale, a diciannove anni Josef Slipyj entrò nel Seminario di Leopoli, dove fu ordinato sacerdote il 30 settembre 1917 e poi inviato a Roma per completare i suoi studi presso l'Istituto Orientale e l'Università Gregoriana. Nel 1925 venne nominato Rettore del seminario di Leopoli e nel 1929 dell'Accademia teologica della stessa città. L'Ucraina intanto era caduta sotto il giogo sovietico e Stalin, tra il 1932 e il 1933, requisì tutta la produzione agricola per imporre la collettivizzazione forzata del paese attraverso la carestia, conosciuta come Holodomor [il miglior film che parla dell'Holodomor è senza dubbio Raccolto amaro del 2017; per approfondimenti e per vedere il trailer, clicca qui http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=80].
    Mentre si avvicinava la guerra, il metropolita greco-cattolico dell'Ucraina Andrej Szeptycki (1865-1944), che lo aveva avviato al sacerdozio, lo richiese a Pio XII come suo coadiutore con diritto di successione. Così, nel 1939, mons. Josef Slipyj venne nominato esarca dell'Ucraina orientale e alla morte del metropolita Szeptycki, il 1° novembre 1944, divenne Capo e padre della Chiesa cattolica ucraina. Era un momento terribile per il suo Paese, stretto tra la morsa dei nazisti e dei comunisti. L'11 aprile 1945 il metropolita Slipyj venne arrestato dai sovietici e condannato a otto anni di lavori forzati nei gulag, mentre veniva inscenato un Sinodo illegale che proclamava la "riunificazione" della Chiesa cattolica ucraina con il Patriarcato ortodosso di Mosca, dominato dal regime sovietico. Le chiese dei greco-cattolici, circa 3.000, vennero date agli ortodossi e quasi tutti i vescovi e i sacerdoti furono uccisi o incarcerati. Nel 1953 l'arcivescovo Slipyj subì una seconda condanna a cinque anni di Siberia e nel 1958 una terza a quattro anni di lavori forzati. Nel 1962, a settant'anni, patì la quarta condanna, consistente nella deportazione a vita nel durissimo campo di Mordovia. In tutto, l'eroico presule passò 18 anni nelle carceri e nei gulag.

    PIO XII E GIOVANNI XXIII
    Il padre gesuita Pietro Leoni (1909-1995), sopravvissuto ai lager sovietici, descrivendo gli orrori del campo di transito di Kivov, racconta che un giorno alcuni detenuti furono introdotti nella sua cella. "Sull'imbrunire mi sentii chiamare da una voce sconosciuta: un uomo anziano, con la barba, stava in piedi davanti al mio posto; mi porse la mano presentandosi: Giuseppe Slipyj. Fu allo stesso tempo una gioia e un dolore sapermi insieme al mio metropolita".
    Pio XII intervenne ripetutamente in favore degli ucraini e del loro metropolita incoraggiandoli a resistere alle persecuzioni, soprattutto con l'enciclica Orientales Omnes Ecclesias del 23 dicembre 1945. Tuttavia, nel 1958, dopo la morte di Pio XII, i rapporti tra la Russia e il Vaticano iniziarono a mutare. Quando Giovanni XXIII annunciò il Concilio Vaticano II, volle che ad esso partecipassero i rappresentanti del Patriarcato di Mosca. Le autorità del Cremlino imposero come condizione il silenzio del Concilio sul comunismo. Un accordo segreto fu siglato, nell'agosto del 1962, nella cittadina francese di Metz tra il cardinale Tisserant, rappresentante del Vaticano, e il vescovo ortodosso Nikodim da parte russa. La grande assemblea convocata per discutere sui problemi del proprio tempo avrebbe taciuto sulla maggiore catastrofe politica del Novecento.
    In quegli anni i gulag comunisti pullulavano di prigionieri per motivi religiosi, specialmente della Chiesa cattolica ucraina. Sarebbe stato uno scandalo se nell'aula del Concilio fossero stati assenti i vescovi vittime della persecuzione e presenti invece gli esponenti del Patriarcato di Mosca, che appoggiavano i carnefici. Fu svolta dunque una trattativa tra la Santa Sede e il Cremlino, per permettere al metropolita Slipyj di partecipare al Concilio. Il capo della Chiesa ucraina non voleva abbandonare il suo paese, ma ubbidì al Papa e prima di lasciare Mosca consacrò clandestinamente vescovo il sacerdote redentorista ucraino Wasyl Welyckowskyj.
    Giunse a Roma il 9 febbraio 1963, ma non tacque. L'11 ottobre 1963 Slipyj intervenne in Concilio parlando della testimonianza di sangue della Chiesa ucraina e proponendo di elevare la sede di Kiev-Halyč al rango patriarcale. Egli ricorda di aver rivolto questa richiesta numerose volte a Paolo VI ma di avere sempre ricevuto un diniego per ragioni politiche. Il riconoscimento del Patriarcato ucraino avrebbe infatti ostacolato l'Ostpolitik e il dialogo ecumenico con la chiesa ortodossa di Mosca. Però, il 25 gennaio 1965 fu creato cardinale da papa Paolo VI, che elevò la Chiesa greco-cattolica ucraina al rango di Arcivescovato maggiore di Leopoli degli Ucraini.

    IL FUTURO DELLA CHIESA UCRAINA
    Fra il 1968 e il 1976, malgrado l'età avanzata, il cardinale Slipyj intraprese lunghi e faticosi viaggi presso le comunità della diaspora ucraina nelle Americhe, in Australia e in Europa, continuando a svolgere il ruolo di Pastore del suo popolo. Nel 1976 lanciò un appello alle Nazione Unite in favore delle vittime del comunismo e nel 1977, in un drammatico intervento presso il Tribunale Sakharov, denunciò ancora una volta la persecuzione religiosa in Ucraina. Il mondo guardava a lui e al cardinale József Mindszenty (1892-1975) come a due grandi testimoni della fede cattolica nel Novecento.
    Per assicurare il futuro della Chiesa ucraina, il cardinale Slipyj non arretrò di fronte a gesti estremi. Peter Kwasniewski ha recentemente ricordato come il 2 aprile 1977 egli ordinò clandestinamente tre vescovi, senza l'autorizzazione di Paolo VI, incorrendo automaticamente nelle censure canoniche previste dal can. 953 del Codice allora vigente. Però, a differenza di quanto accadrà per mons. Marcel Lefebvre, scomunicato nel 1986 per la stessa infrazione della legge canonica, nessuna misura scattò ipso facto, nei confronti del cardinale Slipyj. Uno dei vescovi da lui ordinati era mons. Lubomyr Husar (1933-2017), che Giovanni Paolo II nominò, dopo Slipyj, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica e cardinale. A lui successe come primate Svjatoslav Ševčuk, che si trova in questo momento sotto le bombe nella città assediata di Kiev. Nel 2004 la sede dell'arcivescovato maggiore è stata trasferita a Kiev e ha mutato il proprio nome in quello attuale di Kiev-Halyč.
    Il cardinale Josef Slipyj morì in esilio a Roma a novantadue anni il 7 settembre 1984 ed è ora sepolto a Leopoli, nella cripta della cattedrale di San Giorgio, accanto al metropolita Andrej Szeptycki. Giovanni Paolo II lo definì «uomo di fede invitta, pastore di fermo coraggio, testimone di fedeltà eroica, eminente personalità della Chiesa» (L'Osservatore Romano, 19 ottobre 1984).
    Mentre l'identità religiosa e politica della sua terra è ancora una volta brutalmente calpestata, la memoria dell'eroica resistenza del cardinale Josyf Slipyj ci aiuta a confidare nel futuro dell'Ucraina. Kiev fu il luogo della conversione del popolo russo alla Chiesa cattolica, e da Kiev, non da Mosca, è destinata a partire la seconda grande conversione della Russia annunciata dalla Madonna a Fatima. Del messaggio di Fatima il cardinale Slipyj fu un grande zelatore. Nel 1980 egli presentò a Giovanni Paolo II due milioni di firme raccolte dall'Armata Azzurra, insistendo in un lungo colloquio con il Papa sulla necessità di consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Questa consacrazione non è ancora avvenuta secondo le modalità richieste dalla Beatissima Vergine, alla quale il cardinale Slipyj così si rivolse nel suo testamento: «Seduto sulla slitta e facendomi strada verso l'eternità... recito una preghiera alla nostra protettrice e Regina del Cielo, la sempre Vergine Madre di Dio. Prendi la nostra Chiesa ucraina e il nostro popolo ucraino sotto la tua efficace protezione!». Facendo nostre le sue parole in questo momento tragico della storia del mondo non possiamo che proclamare a voce alta: "Onore al cardinale Slipyj e al suo popolo martire".

    La chiesa non ha mai dubitato che la donna abbia l'anima

    La chiesa non ha mai dubitato che la donna abbia l'anima
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/edizioni.php?id=681

    LA CHIESA NON HA MAI DUBITATO CHE LA DONNA ABBIA L'ANIMA di Marco Di Matteo
    C'è chi dice che nel 585 fu convocato a Mâcon, in Borgogna, un concilio per discutere una questione spinosa: la donna ha un'anima? In realtà nel 585 a Mâcon non si svolse alcun concilio ecumenico, ma, per iniziativa del re dei Franchi san Gontrano e del vescovo Prisco di Lione, venne convocato soltanto un sinodo provinciale, dai cui atti (ripubblicati recentemente) risulta con chiarezza che in nessuna sessione si discusse del problema dell'anima della donna. Il sinodo si occupò di definire i rispettivi doveri dei fedeli e del clero.
    Qual è dunque l'origine di una leggenda così diffusa? Essa deriva da un semplice aneddoto riportato da Gregorio di Tours nella Historia Francorum, dove si racconta che durante il sinodo un vescovo pose la seguente questione: il termine latino homo può essere applicato sia alla donna che all'uomo? Si trattava quindi di una questione puramente linguistica, non teologica. Gli altri Padri sinodali, citando passi della traduzione latina delle Scritture che, conformemente al latino classico, utilizzava homo come termine riferibile all'essere umano di sesso sia maschile che femminile, conclusero che il termine designava la creatura umana, senza distinzione di sesso.
    Il primo a deformare i dati storici relativi al Sinodo di Mâcon è stato il pastore protestante Johannes Leyser, che nel 1676 nella Polygamia triumphatrix (Poligamia trionfatrice) affermò che durante i lavori dell'assise sinodale si discusse scandalosamente del problema dell'anima delle donne. L'accusa fu ripresa dal ben più famoso filosofo francese Pierre Bayle nel Dizionario storico-critico (1697), opera che, per l'impronta fortemente razionalistica e antireligiosa, influenzerà notevolmente i 'liberi pensatori' del XVIII secolo. L'accusa alla Chiesa fu rilanciata in Francia durante la Rivoluzione Francese e poi nel 1848, allorché si discusse del diritto di voto alle donne. Così le poche righe di Gregorio di Tours, completamente deformate, erano entrate definitivamente nel patrimonio della credulità popolare e non solo (persino storici qualificati come J. Le Goff e P. Brezzi diedero credito a tale menzogna).

    LA DONNA NEL MEDIOEVO
    Sull'infondatezza di tale notizia, avrebbe dovuto far riflettere, come rileva la storica francese Régine Pernoud, il fatto che nei secoli delle persecuzioni anticristiane «i primi martiri che sono onorati come santi, siano delle donne e non degli uomini: sant'Agnese, santa Cecilia, sant'Agata e tante altre». Nel Medioevo in Francia le regine venivano incoronate con lo stesso rituale dei re, segno della stessa dignità regale (si pensi al prestigio di Bianca di Castiglia, madre di san Luigi IX). Quanto alle donne laiche non aristocratiche, esse sono state sia umili lavoratrici (spesso riunite in corporazioni femminili), sia protagoniste della vita civile e persino militare (si pensi alla straordinaria figura di santa Giovanna d'Arco, che nel XIV secolo condusse la Francia alla vittoria sugli Inglesi). L'elemento femminile era rappresentato anche nelle assemblee municipali e nei movimenti che diedero impulso all'istituzione delle "tregue di Dio" per limitare le guerre. In ambito monastico, è significativo che alcune badesse agissero come autentici signori feudali, indossassero la croce come i vescovi e spesso amministrassero vasti territori: basti pensare alle badesse di Las Huelgas in Spagna e di Fontevrault in Francia, che governavano le comunità miste (maschili e femminili) fondate da Roberto d'Arbrissel (m. 1117). In età carolingia il primo trattato sull'educazione fu scritto nel IX secolo da una madre di famiglia, Dhouoda. Una donna, Rosvita di Gandersheim (935-967), compose commedie ispirate al poeta latino Terenzio. La prima enciclopedia non fu compilata degli illuministi, ma nel XII secolo dalla badessa Herrada di Landsberg, (è una summa dei progressi tecnici del XII secolo, comprendente persino informazioni economiche). Diverse religiose frequentavano le università per conseguire il grado di teologhe, come ad esempio Gertrude di Helfta nel XIII secolo.
    Tutto questo rende comprensibile quanto scrisse san Bernardino da Siena (1380-1444): «È una grande grazia essere donna: le donne si salvano più degli uomini».

    CONSIDERAZIONI FILOSOFICO-TEOLOGICHE
    Oltre alle suddette precisazioni storico-filologiche, è facile smontare l'accusa anche ricorrendo a considerazioni filosofico-teologiche.
    Dal punto di vista filosofico, porre una questione di questo tipo non avrebbe avuto alcun senso: infatti il termine latino anima indica semplicemente il principio primo (animatore, appunto) dell'attività di tutti gli esseri viventi, tant'è che anche gli animali (animalia in latino) posseggono un'anima, sebbene solo vegetativa e sensitiva. L'essere umano, rispetto agli altri animali, possiede anche l'anima razionale. Quindi, si sarebbe mai potuto mettere in dubbio ragionevolmente che la donna, la cui appartenenza alla specie umana risultava incontrovertibile, avesse un'anima? È vero che nel Medioevo la tesi di una qualche inferiorità di natura della donna rispetto all'uomo fu sostenuta da diversi teologi (condizionati dai filosofi antichi), ma nessuno avrebbe potuto negarle la natura di essere animato.
    Da un punto di vista teologico, risulta chiaro dal racconto della Genesi che l'uomo e la donna sono entrambi a immagine e somiglianza di Dio e quindi dotati della stessa dignità. Unica è anche la radice dei loro nomi (ish e isshah sono chiamati l'uomo e la donna in aramaico antico), e ciò sta ad indicare il possesso di un'unica natura. Eva, nonostante la caduta, diventa la progenitrice del popolo eletto e madre della stirpe da cui uscirà il Redentore. La storia della salvezza si compie attraverso una donna, Maria, Sposa dello Spirito Santo e Madre del Figlio di Dio, Regina del Cielo e della Terra, nonché Mediatrice di tutte le grazie. Le donne, inoltre, appaiono accanto a Cristo nella sua vita pubblica, partecipando alla sua missione, e sono le prime testimoni della Risurrezione. Anche san Paolo, polemizzando con la cultura pagana, che spesso considerava schiavi e donne esseri inferiori, ribadisce la pari dignità della donna rispetto all'uomo:«non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna» (Gal 3,28).
    Un manoscritto medievale anonimo della Cambridge University Library [...] individua cinque motivi di superiorità della donna rispetto all'uomo nella Rivelazione: «La donna è stata preferita all'uomo, quanto al materiale: Adamo tratto dal fango, Eva dalla costola di Adamo; quanto al luogo: Adamo fuori dal paradiso ed Eva al suo interno; nella concezione: una donna e non un uomo ha concepito Dio; nell'apparizione: dopo la resurrezione Cristo è apparso a una donna, a Maria Maddalena; nell'esaltazione: Maria è stata esaltata sopra i cori degli angeli».

    ESPECIAL Verano 05_2018 Ágora Historia: DIVS - Concilio de Elvira - Califato Omeya

    ESPECIAL Verano 05_2018 Ágora Historia: DIVS - Concilio de Elvira - Califato Omeya
    En Ágora Historia ESPECIAL Verano 05_2018 tenemos lo siguiente: - La primera entrevista nos lleva hasta oriente. Recibimos a Laura Castro, Historiadora del arte, que nos habla de demonios “divs” y el libro Shabrang Nameh. Nos vamos hasta la Edad Media en Oriente. - En segundo lugar conocemos en profundidad en qué consitió el Concilio de Elvira, primer concilio que se celebró en la Hispania Bætica por la iglesia cristiana. Conoceremos este asunto con el historiador Jesus Galisteo Leiva. - Y en tercer lugar, junto al director de Desperta Ferro Historia Antigua y Medieval, Eduardo Kavanagh, ahondaremos en el Califato Omeya. Para entender el presente es necesario entender al pasado y más aún en este caso. www.agorahistoria.com http://www.facebook.com/agorahistoriaprograma Twitter: @agorahistoria

    Francesco Cusa - Manituana Drums

    Francesco Cusa - Manituana Drums
    Ia parte - Il concilio di Oswego
    Francesco Cusa (aka Frank U.S.A.), batterista e compositore, è nato a Catania nel 1966. Ha suonato con alcuni tra i più importanti esponenti del jazz-e-dintorni europeo, della musica improvvisata, del pop più eterodosso, addirittura del cantautorato. Tra i suoi album solisti citiamo Skrunch (Improvvisatore Involontario, 2005). E' membro di diverse band che si raggrumano a cadenza irregolare intorno a specifici progetti, come gli Switters (insieme al sassofonista Gianni Gebbia e al bassista/vociferatore Vincenzo Vasi). Gli Switters hanno collaborato con Wu Ming 1 sonorizzando lacerti del suo "oggetto narrativo solista" New Thing (Einaudi, 2004). Folgorato da un riassunto orale della storia narrata in Manituana, e in seguito aggredito da reminiscenze di film come Sentieri selvaggi e Soldato blu, Cusa ha inciso e ci ha regalato questi tre brani, che compongono una mini-suite, Manituana Drums. 1. Il concilio di Oswego 2. Mohock Club 3. La battaglia di Oriskany